Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6361 del 08/03/2021

Cassazione civile sez. II, 08/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 08/03/2021), n.6361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23204-2019 proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato EGIDI

FRANCESCO, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

MILANO, VIA CARLO PISACANE 10;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 5893/2019 del TRIBUNALE di MILANO del

6/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 depositato in data 4.8.2018, A.A. adiva il Tribunale di Milano proponendo opposizione avverso il provvedimento di diniego della domanda di protezione internazionale, emesso dalla competente Commissione Territoriale il 31.5.2018 e notificato in data 6.7.2018, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato politico o la protezione sussidiaria, ovvero la protezione umanitaria.

Sentito dalla Commissione Territoriale, il ricorrente dichiarava di essere nato nel villaggio di (OMISSIS), vicino a (OMISSIS), nel (OMISSIS), in (OMISSIS); di essersi trasferito ad (OMISSIS), a partire dal 2005, di avere la cittadinanza (OMISSIS), di appartenere al gruppo etnico (OMISSIS) e di essere di religione (OMISSIS). Il suo nucleo familiare è composto dai genitori e da nove fratelli; è sposato e ha due figli che vivono con la madre ad (OMISSIS); ha studiato per nove anni e ha poi lavorato come meccanico di generatori elettrici. Quanto ai motivi che lo avevano indotto ad espatriare, dichiarava di temere, in caso di rientro nel paese d’origine, di essere ucciso dai familiari della donna che lui stesso aveva investito e ucciso mentre guidava senza patente, dal momento che stava imparando a guidare; quando aveva saputo dalla moglie che la famiglia della donna che aveva investito lo stava cercando e che la polizia aveva un mandato di arresto a suo nome, aveva deciso di lasciare la (OMISSIS).

A seguito dell’impugnazione, si era ritenuto opportuno procedere a una nuova audizione dell’interessato, per consentirgli di superare alcune contraddizioni rilevabili dal verbale redatto avanti alla Commissione Territoriale.

Con decreto n. 5893/2019, depositato in data 6.7.2019, il Tribunale di Milano rigettava il ricorso. Riteneva che il racconto del richiedente non potesse considerarsi attendibile per la genericità delle dichiarazioni. Il Tribunale riteneva che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato. Quanto alla protezione sussidiaria, il Tribunale riteneva che non ricorresse nella fattispecie alcuna delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Anche la richiesta protezione umanitaria non poteva essere concessa in quanto, per dimostrare il livello di integrazione raggiunto, il ricorrente aveva depositato attestati di corsi d’italiano, di corsi di sicurezza sul lavoro e di corsi di formazione professionale imbianchino e muratore, che tuttavia non potevano condurre, da soli considerati, a un positivo accertamento dell’esistenza di una vita privata e familiare che potesse legittimare la concessione della protezione umanitaria.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione Anthony A. sulla base di due motivi. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta testualmente la “Nullità per insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’onere probatorio”, là dove il Giudice di merito riteneva il racconto del ricorrente lacunoso senza prendere in considerazione la condizione psicologica del richiedente che era dovuto, suo malgrado, fuggire dal suo paese e si trovava in un paese ospitante che doveva valutare la sua condizione sulla base del solo racconto fornito, senza possibilità di allegare prove a supporto.

1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la “Mancata applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5”, poichè il provvedimento impugnato sarebbe risultato carente di motivazione relativamente all’insussistenza delle esigenze di carattere umanitario.

2. – In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica e formulazione, i motivi primo e secondo, vanno esaminati e decisi congiuntamente.

2.1. – I motivi sono inammissibili.

2.2. – Secondo l’insegnamento di questa Corte, nel ricorso per cassazione è essenziale la sussistenza del requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente (seppure in modo sintetico). Con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. n. 10072 del 2018; conf. Cass., sez. un., n. 11308 del 2014; Cass. n. 4029 del 2020).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha ritenuto di far precedere ai motivi di ricorso, una necessaria parte espositiva, che è completamente mancante anche nella formulazione dei motivi stessi, con riguardo alla specificità della situazione sottesa al decisum; circostanza che non consente a questa Corte la esatta comprensione dei medesimi motivi e la verifica della loro ammissibilità e/o fondatezza.

2.3. – Va, altresì, rammentato che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso deve contenere i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata. Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione (Cass. sez. un. 17931 del 2013). Peraltro, se è vero che l’indicazione dei motivi non necessita dell’impiego di formule particolari, essa tuttavia deve essere proposta in modo altrettanto specifico, vista la sua funzione di determinare e limitare l’oggetto del giudizio della Corte (Cass. n. 10914 del 2015; Cass. n. 3887 del 2014).

Ciò richiede che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 13377 del 2015; Cass. n. 22607 del 2014). E comporta, tra l’altro, l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto (Cass. n. 23804 del 2016; Cass. n. 22254 del 2015).

2.4. – Nella specie, è assorbente rilevare che manca qualsiasi indicatore idoneo a riferire le ragioni di impugnazione ad una delle censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (laddove, nel primo motivo si fa richiamo al suparato paradigma della insufficiente e contraddittoria motivazione, non più evocabile ratione temporis, e manca l’individuazione della norma o delle norme asseritamente violate; mentre nel secondo motivo il presunto vizio non viene neppure indicato).

Pertanto, altrettanto inammissibilmente, appare evidente come il ricorrente miri ad ottenere dal giudice di legittimità una pronucia di accoglimento dei propri assunti difensivi, non formalmente nè sostanzialmente proposti e/o spiegati.

3. – Il ricorso è dunque inammissibile. Nulla per le spese nei riguardi del Ministero dell’Interno, che non ha svolto attività difensiva. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021

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