Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6361 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21151-2018 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI

4, presso lo studio dell’avvocato CHRISTIAN ARTALE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIERFRANCESCO ZAMPIERI;

– ricorrente –

Contro

ISPETTORATO DEL LAVORO DI PADOVA, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 767/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO

ROBERTO.

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

la Corte d’appello di Venezia, seconda sezione civile, con la sentenza n. 767/2018, rigettava l’appello proposto da D.C. avverso la sentenza che aveva rigettato la sua opposizione all’ordinanza ingiunzione n. 15/2013-2014 con la quale la Direzione provinciale del lavoro di Padova ingiungeva allo stesso D.C. e alla ditta Trend S.r.l., quale coobbligato in solido, di pagare la somma complessiva di Euro 55.443,70 per avere impiegato irregolarmente alcuni lavoratori indicati nella stessa ordinanza presso il ristorante “Ea Caneva” di Teolo.

La Corte riteneva in base alle prove in atti (dichiarazioni rilasciate da più persone, compreso il gestore nel corso dell’accesso ispettivo; prove testimoniali; esame della visura camerale storica) che l’appellante D.C. fosse responsabile delle violazioni in quanto legale rappresentante ed autore delle stesse violazioni all’epoca dei fatti fino al giorno 14/1/2013, data in cui veniva trasmesso il pagamento effettuato da parte del medesimo D..

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.C. al quale ha resistito l’Ispettorato del lavoro di Padova.

E’ stata comunicata la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.- col primo motivo il ricorso deduce la violazione dell’art. 2700 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c. Errata valutazione delle prove (dichiarazione di terzi verbale ispettivo) per ritenere la sussistenza delle violazioni e omessa/errata/illogica valutazione delle prove testimoniali per la identificazione del trasgressore. Errata contraddittoria valutazione delle dichiarazioni testimoniali di De.Gi. e di De.Si. e sulla sussistenza di un rapporto di affitto di azienda e non di rapporto dipendente di De.Gi. e valutazione sul suo reale interesse alla violazione amministrativa quale datore di lavoro.

2.- Col secondo motivo viene dedotta violazione della L. n. 689 del 1981, artt. 3,5,6 e 22. Errata/omessa/illogica individuazione del soggetto direttamente responsabile quale trasgressore. Distinzione e autonoma posizione giuridica tra trasgressore e coobbligato in solido. Violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, u.c. – estinzione per mancata tempestiva notificazione al coobligato in solido.

3.- Col terzo motivo si deduce l’errata applicazione interpretazione delle norme di legge in relazione all’art. 2193 c.c. ed erronea/omessa valutazione fatti e delle dichiarazioni testimoniali in ordine all’origine, conclusione ed esecuzione dei rapporti di lavoro presso il ristorante “Ea Caneva”

4.- Col quarto motivo si deduce errata/omessa/errata omessa valutazione circa la esistenza di direttive, deleghe e sulla responsabilità diretta del delegato De.Gi. o di altri soggetti come il C. o la B.

5.- I motivi, da esaminare unitariamente per il contenuto delle censure, sono inammissibili. Essi sono invero intesi al riesame del merito dei fatti accertati nel giudizio d’appello e propongono, in una ipotesi di doppia conforme, censure di errata e contraddittoria valutazione di prove, inammissibili in questa sede di legittimità.

6.- La Corte d’appello ha correttamente proceduto all’individuazione del ricorrente quale legale rappresentante e responsabile delle violazioni commesse concernenti l’irregolare assunzione di personale presso il ristorante ” Ea Caneva” di Teolo e per non aver consegnato agli stessi una copia dell’assunzione, oltre ai prescritti prospetti paga. Tanto in base alla valutazione delle prove in atti (dichiarazioni rilasciate da più persone, compreso il gestore nel corso dell’accesso ispettivo; prove testimoniali; esame della visura camerale storica) dalle quali è risultato che l’appellante D.C. fosse responsabile delle violazioni in quanto legale rappresentante ed autore delle stesse violazioni all’epoca dei fatti fino al giorno 14/1/2013, data in cui veniva trasmesso il pagamento effettuato da parte del medesimo D..

7.- Sul punto il ricorso propone mere doglianze di carattere probatorio relative alla logicità e ragionevolezza dell’accertamento effettuato nella pronuncia o all’esistenza di direttive, mentre non deduce omissioni di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. S.U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).

8.- Anche in relazione all’esistenza dei presupposti della responsabilità sotto il profilo dell’elemento soggettivo le conclusioni assunte dalla Corte d’appello di Venezia risultano conformi alla disciplina di legge atteso che il legale rappresentante ha l’obbligo di vigilare, di rispettare e far rispettare le norme di legge in materia di lavoro. La Corte non ha escluso la necessità dell’elemento soggettivo ma ha bensì individuato l’esistenza dei presupposti relativi al dolo e alla colpa.

9.- Inammissibili ed irrilevanti sono anche le questioni introdotte con il ricorso per cassazione relative alla distinzione ed autonoma posizione giuridica tra trasgressore e coobbligato in solido, nonchè quella relativa alla violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, u.c., o all’estinzione per mancata tempestiva notificazione al coobbligato in solido.

10.- Nessuna valutazione erronea è stata commessa dalla Corte d’appello in relazione all’art. 2193 c.c. il quale prevede l’inopponibilità ai terzi soggetti degli atti per i quali la legge prevede l’iscrizione, inopponibilità affermata dalla Corte attraverso una valutazione delle prove in atti e fatta oggetto di censure inammissibili in sede di legittimità.

11.- Correttamente la Corte ha rilevato che non potesse essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui la responsabilità della gestione dell’attività della Trend S.r.l. dovesse ricadere su altri soggetti in quanto, trattandosi di illeciti amministrativi che derivano da un’omissione, essi originano dalla violazione di un dovere di provvedere che grava direttamente sui soggetti aventi poteri rappresentativi della società a prescindere da qualsiasi accordo interno che possa sussistere tra l’opponente e altri soci per la gestione dell’attività sociali (Cass. 5443/2001, 10668/1996).

12.- Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

13.- Sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 4200, di cui Euro 4000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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