Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6359 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 22/11/2021, dep. 25/02/2022), n.6359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G&G Gestione Turismo s.r.l., con sede in (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante sig. S.G., e Roma Hotel

s.r.l., con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

sig. N.F., rappresentate e difese per procura alle liti in

calce al ricorso dagli Avvocati Domenico Porraro, e Caterina

Principato, elettivamente domiciliate presso il loro studio in Roma,

via Crescenzio n. 82;

– ricorrenti –

contro

Gioconda s.r.l., con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante sig.ra F.R., e R.C.J.,

R.M., e R.G., rappresentati e difesi per procura alle liti

in calce al controricorso dall’Avvocato Ulisse Corea, elettivamente

domiciliati presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti n.

9;

– controricorrenti –

e

M.S.M., rappresentata e difesa per procura alle

liti in calce al controricorso dall’Avvocato Giovanni Salonia,

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Giuseppe

Pisanelli n. 2;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7008 della Corte di appello di Roma,

depositata il 17.12.2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22. 11. 2021 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 7008 del 17. 12. 2015 la Corte di appello di Roma rigettò gli appelli proposti da s.r.l. G.&G. Gestione Turismo e s.r.l. Roma Hotel e da S.A. e M.S.M. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 1918 del 2006, che aveva accolto la domanda di rivendica avanzata dalla s.r.l. Gioconda di un locale cantinato sito in (OMISSIS), condannando le convenute al rilascio del locale ed al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, anche in favore di R.J.C. e R.M., succeduti quali eredi di R.F.P., che aveva proposto la relativa domanda di risarcimento dei danni come conduttore della porzione immobiliare rivendicata. La Corte romana motivò la conclusione accolta rilevando che dai titoli di acquisto prodotti dalle parti e dagli accertamenti svolti dal consulente tecnico d’ufficio risultava che il locale in questione, di cui era pacifica tra i litiganti l’originaria appartenenza a B.L., proprietario dell’intero complesso immobiliare, era di proprietà della società Gioconda, risultando la prova che, nel 1957, a seguito di divisione ereditaria, era stata assegnata a B.G., figlio di B.L., una porzione immobiliare comprensiva anche del locale in questione, come da planimetria allegata all’atto di divisione, e che in tale consistenza il bene era stato quindi trasferito ed acquistato, nel 1981, dalla società Gioconda; che tale ricostruzione dei passaggi di proprietà trovava conferma nella circostanza T.L. nel 1934, prima della morte dell’originario proprietario, non comprendeva il suddetto locale; che l’erroneo accatastamento del bene nella planimetria del 1939 non era dato idoneo a superare le evidenze probatorie rappresentate dai titoli di acquisto; che la domanda di condanna generica al risarcimento dei danni era fondata, risultando pacifico che il bene era stato occupato senza titolo dalle convenute Spacocci e dovendo il danno per il mancato godimento del bene ritenersi in re ipsa.

Con atto notificato il 10.1.2017, le società G.&G. Gestione Turismo e Roma Hotel ricorrono per la cassazione di questa sentenza, sulla base di due motivi, a cui hanno resistito con un unico controricorso la s.r.l. Gioconda e R.J.C., R.M. e R.G..

M.S.M. ha notificato controricorso adesivo al ricorso, concludendo per il suo integrale accoglimento.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Tutte le parti hanno depositato memoria.

Preliminarmente va esaminata l’eccezione sollevata dai controricorrenti Gioconda e R. di inesistenza della notifica del controricorso proposto da M.S., in quanto inviato a un indirizzo digitale diverso ((OMISSIS) in luogo che (OMISSIS)) da quello del difensore, che non ha avuto pertanto modo di riceverlo e ne ha avuto conoscenza solo a seguito della comunicazione della data di trattazione del ricorso.

L’eccezione è fondata atteso che il ricorso risulta notificato ai procuratori della società Gioconda e R. all’indirizzo di posta elettronica non corrispondente a quello del destinatario e non risulta prodotta la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata, prevista ai fini del perfezionamento della notifica dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 7, (Cass. n. 4712 del 2020; Cass. n. 26773 del 2016). Il controricorso proposto dalla parte suddetta va pertanto dichiarato inammissibile.

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 2697 c.c. e ss. e dell’art. 116 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Le società ricorrenti, in particolare, lamentano che la Corte distrettuale abbia fondato il proprio convincimento sulla base di una valutazione delle risultanze istruttorie del tutto erronea e lacunosa, richiamando in modo generico l’atto di divisione del 1957, intercorso tra gli eredi di B.L., senza sottoporlo ad una approfondita disamina, così impedendo qualsiasi controllo sulla esattezza e logicità del ragionamento compiuto e senza tenere conto che nei vari passaggi di proprietà dell’immobile e, nella specie nell’atto del 1981 con cui la società Gioconda aveva acquistato una porzione immobiliare da Ma.Re. e Ma.Pi., il bene conteso non risultava compreso nella planimetria catastale depositata.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 61 c.p.c. e ss. e art. 191 c.p.c. e ss., dell’art. 116 cit. codice, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnata per non avere fornito risposta alle puntuali osservazioni critiche sollevate dagli appellanti alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e per avere attribuito rilievo decisivo alla planimetria prodotta nel giudizio di primo grado dalla stessa società Gioconda, di cui non v’e’ traccia dei pubblici uffici, omettendo di considerare che quella risultante dagli archivi informatici del N. C.E.U. del comune di Roma, datata 10.12.1939, sulla base della quale la controparte aveva perfezionato l’acquisto, non includeva il locale conteso. Si assume, infine, che è stato altresì trascurato il fatto che nelle tabelle del condominio dell’edificio la suddetta porzione immobiliare non risultava inclusa nella quota di proprietà della Gioconda.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili. Tale conclusione si impone alla luce della natura e consistenza delle censure sollevate, che, da un lato, appaiono generiche e, dall’altro, investono l’apprezzamento delle risultanze probatorie compiuto dal giudice di merito. Generiche appaiono in particolare le doglianze che attengono alla insufficiente motivazione dell’esame dell’atto di divisione del 1957 e delle osservazioni svolte dagli appellanti alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che non appaiono corredate dall’indicazione né dei dati che, rispetto al primo sarebbero stati trascurati, né della sostanza delle critiche rivolte al consulente tecnico, in disparte la considerazione che la sentenza impugnata appare fondare il proprio accertamento in ordine alla titolarità del bene sulla base dei diversi titoli di proprietà e non in forza di giudizi o apprezzamenti del perito.

E’ noto per contro che la valutazione degli elementi di prova su cui il giudice fonda il proprio libero convincimento non è sindacabile dinanzi a questa Corte, che è giudice di legittimità e non del fatto, e non può pertanto procedere ad una nuova valutazione delle risultanze dell’istruzione probatoria. In tale contesto non può trovare ingresso in questa sede nemmeno la censura che investe l’esatta individuazione della planimetria allegata all’atto di acquisto del bene da parte della società Gioconda nel 1981, richiedendo essa, al fine del suo scrutinio, un esame diretto degli atti.

Inammissibili appaiono infine anche le censure di violazione degli artt. 948 e 2697 c.c., che non solo non appaiono veicolate in forma autonoma, ma sono alimentate esclusivamente in forza di una diversa ricostruzione ed interpretazione degli atti di provenienza.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 278 c.p.c., lamentando che la Corte abbia confermato la statuizione di condanna generica di risarcimento dei danni, reputando in re ipsa il danno lamentato dal R., quale conduttore, per il mancato godimento del bene, quando invece avrebbe dovuto essere provato in concreto, nonché in assenza della prova della sua titolarità del rapporto di locazione.

Il mezzo è infondato e in parte inammissibile.

Infondato in quanto la pronuncia di condanna generica non richiede l’accertamento in concreto del danno, ma solo la possibilità che il comportamento denunziato sia fonte di pregiudizio per la parte che ne fa istanza. In ogni caso l’affermazione della Corte di appello circa la sussistenza del danno in re ipsa nel caso in cui l’uso di un bene venga sottratto illegittimamente all’avente diritto appare conforme all’orientamento di questa Corte (Cass. n. 39 del 2021; Cass. n. 21239 del 2018; Cass. n. 20545 del 2018) e il ricorso non offre alcun argomento di critica volto a contestare tale indirizzo.

La censura relativa alla mancata prova del rapporto di locazione in capo a R.F.P., che aveva agito a tale titolo in giudizio, appare invece inammissibile, in quanto, a quanto consta dalla lettura della sentenza impugnata e dello stesso ricorso, sollevata per la prima volta in questo grado di giudizio.

Merita comunque aggiungere che la proposizione delle difese di merito in ordine a tale richiesta da parte delle odierne ricorrenti, convenute in primo grado, si risolvono in un comportamento incompatibile con la contestazione in discorso, con conseguente esonero dell’onere a carico dell’attore di provare il titolo della sua legittimazione ad avanzare la domanda proposta Cass. S.U. n. 2951 del 2016).

In conclusione il ricorso è respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, sono poste, sulla base del criterio della soccombenza, in solido a carico delle società ricorrenti e della controricorrente M.S., tenuto altresì conto che il suo controricorso, essendo adesivo al ricorso, di cui ha chiesto l’integrale accoglimento, va qualificato come ricorso incidentale (Cass. n. 24155 del 2017; Cass. n. 26505 del 2009).

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle società ricorrenti e, per la ragione sopra esposta, della controricorrente M.S., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso.

Dichiara inammissibile il controricorso proposto da M.S.M.. Condanna le società ricorrenti e la controricorrente M.S. in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti e della controricorrente M.S., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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