Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6359 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.10/03/2017),  n. 6359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24791/2015 proposto da:

COSTRUZIONI STRADALI SRL – UNIPERSONALE (P.I. (OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

ANTONELLI 3, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GIANNUZZI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO BRUNO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

PREFETTURA DI COSENZA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 398/2015, emessa il 12/03/2015, del TRIBUNALE

ORDINARIO di COSENZA, depositata il 13/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA

PICARONI.

Fatto

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Cosenza, con sentenza depositata il 13 marzo 2015, ha rigettato l’appello proposto da Costruzioni Stradali s.r.l. avverso la sentenza del Giudice di pace di Spezzano della Sila n. 7 del 2013 e nei confronti della prefettura di Cosenza, confermando così il rigetto dell’opposizione a sanzione amministrazione irrogata alla società in qualità di coobbligato in solido con il proprio dipendente, resosi responsabile della violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 21.

2. Per la cassazione della sentenza Costruzioni Stradali s.r.l. ha proposto ricorso sulla base di un motivo. Non ha svolto difese l’intimata Prefettura di Cosenza, contumace nel giudizio di appello.

3. Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel senso della infondatezza del ricorso, e il Collegio condivide la proposta.

3.1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 78, comma 2 e L. n. 689 del 1981, art. 6, nonchè vizio di motivazione.

3.1.1. Non sussiste violazione nè falsa applicazione delle norme richiamate. La sanzione non è stata irrogata per fatto proprio della società, ma per fatto commesso dal dipendente, sicchè non è pertinente il richiamo al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 78, comma 2, che, in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, prevede “2. In ottemperanza a quanto previsto dall’art. 20, comma 2, lett. d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato ed espletato”. Non è in discussione, infatti, se la società avesse dotato il lavoratore delle attrezzature e dell’abbigliamento prescritti dalla legge, necessari a rendersi visibile. Rileva, invece, la sussistenza del rapporto di lavoro al momento della violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 21, che non è mai stata contestata, come evidenziato dal Tribunale, dalla quale discende la solidarietà prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 6.

3.1.2. Non sussiste vizio di motivazione, denunciato sub specie di travisamento dei fatti ovvero carenza di motivazione. La nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile al presente giudizio catione temporis, ha circoscritto la deducibilità del vizio di motivazione alle ipotesi di omesso esame di fatto decisivo, da intendere per accadimento o circostanza in senso storico, non assimilabile a questione o argomentazione (ex plurimis, Cass. 08/10/2014, n. 21152). Nella specie, il Tribunale ha esaminato ogni elemento allegato dalla ricorrente, ed ha escluso, condivisibilmente, che fosse stata allegata e poi provata la circostanza che l’attività lavorativa fosse stata svolta nell’interesse di soggetto diverso dalla ricorrente ovvero nell’interesse dello stesso prestatore dell’attività.

4. Il ricorso è rigettato e non si fa luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata, mentre sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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