Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6359 del 08/03/2021
Cassazione civile sez. II, 08/03/2021, (ud. 23/07/2020, dep. 08/03/2021), n.6359
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24416-2019 proposto da:
R.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CHISIMAIO, 29, presso lo studio dell’avvocato MARILENA CARDONE, che
lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
e contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO PROTEZIONE
INTERNAZIONALE CROTONE;
– intimata –
avverso il decreto di rigetto n. 1892/2019 del TRIBUNALE di
CATANZARO, depositata il 09/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/07/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. R.M.M., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), ricorre per la cassazione del decreto del Tribunale di Catanzaro n. 1892/2019, pubblicato il 9 luglio 2019, che ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale ed umanitaria.
2. Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente, ha escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha evidenziato l’assenza di rischio per l’incolumità del richiedente in caso di rimpatrio, attesa la situazione del Paese d’origine; ha, infine, escluso la condizione di vulnerabilità in capo al richiedente, necessaria ai fini del riconoscimento della protezione per ragioni umanitarie.
3. Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi, ai quali resiste il Ministero dell’interno con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4, e art. 7 e si contesta il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente, che il Tribunale avrebbe motivato tautologicamente, senza avere considerato il rischio di persecuzioni allegato dal richiedente.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e si lamenta la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, che avrebbe compromesso anche il giudizio di comparazione tra la situazione di vita attuale del richiedente e quella che egli avrebbe nel Paese d’origine.
3. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e si contesta il rigetto della protezione umanitaria, che il Tribunale avrebbe assunto senza considerare la situazione di grave disagio esistente in (OMISSIS), e senza effettuare la necessaria comparazione tra la condizione di vita attuale del richiedente e quella in cui sarebbe reimmesso in caso di rimpatrio.
4. I motivi sono inammissibili in quanto, benchè formulati con riferimento a pretesi errori di diritto, contestano l’apprezzamento delle risultanze del processo che il Tribunale ha svolto, invece, nel rispetto dei criteri legali.
4.1. Il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente – ascoltato anche nella fase giudiziaria – è solidamente ancorato al riscontro di lacune e contraddizioni rilevanti già segnalate dalla Commissione e non superate nella successiva audizione (pagg. 10-11 del decreto).
La situazione del Paese di provenienza è stata accertata correttamente, consultando fonti ufficiali aggiornate al 2018 (pag. 15-16 del decreto).
La valutazione della richiesta di protezione umanitaria, che il richiedente ha fondato sul rispetto della vita privata e familiare invocando l’art. 8 CEDU (così a pag. 16 del decreto), è stata svolta conformemente ai principi enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte. Il Tribunale ha prima escluso il radicamento del richiedente nel territorio italiano, evidenziando l’assenza di indici in tal senso (conoscenza della lingua, alloggio stabile, reddito sufficiente al sostentamento, rete familiare e/o sociale), e quindi ha rilevato che lo svolgimento di attività lavorativa non è comunque di per sè sufficiente ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria (per tutte, Cass. 23/02/2018, n. 4455).
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.100,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021