Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6358 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. III, 21/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 21/03/2011), n.6358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.P. (OMISSIS), in qualità di tutore del Sig.

E.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE MEDAGLIE

D’ORO 20, presso lo studio dell’avvocato LAURO SERGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BALLARINO TITO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato CAVASOLA PIETRO, che

lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4002/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA –

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 4/7/2005, depositata il 26/09/2005,

R.G.N. 10564/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’ALESSANDRO;

udito l’Avvocato STEFANO SUTTI (per delega dell’Avv. TITO BALLARINO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.P., quale tutore di E.P., propone ricorso per cassazione, fondato su sei motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che ha rigettato l’appello del P. contro la pronuncia di primo grado, che aveva rigettato la sua domanda al risarcimento dei danni e alla riparazione pecuniaria nei confronti del giornalista F.I. per averlo questi apostrofato, in articoli apparsi sul (OMISSIS), come ” (OMISSIS)”.

I.F. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 – 115 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata in quanto la Corte di appello avrebbe escluso la portata diffamatoria degli articoli di I.F. “sulla base di documenti successivi alla pubblicazione degli stessi e comunque mai prodotti dall’ I. medesimo”, mentre, con il secondo motivo, si duole della violazione dell’art. 2697 cod. civ., in quanto la sentenza avrebbe rigettato la domanda “sulla base di un quid che al momento della pubblicazione degli articoli non esisteva”.

2.1.- I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili in ragione della loro genericità, non essendo specificato quali siano i “documenti successivi alla pubblicazione” degli articoli” o il “quid che al momento della pubblicazione degli articoli non esisteva”, sulla cui base la decisione – secondo la prospettazione del ricorrente – sarebbe stata adottata.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, “in particolare dell’art. 595 cod. pen.”, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto irrilevante la circostanza, tale viceversa da escludere la veridicità della notizia,che la sentenza di condanna definitiva del P. sia successiva alla pubblicazione degli articoli.

3.1.- Il terzo motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi. Il giudice di appello ha infatti ritenuto irrilevante la circostanza sul rilievo (non censurato) che “l’oggetto della domanda è riferito solo agli epiteti “(OMISSIS)”.

4.- Con il quarto motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata quanto alla esclusione della portata diffamatoria del termine “boia”, rilevando che i giudici di primo e secondo grado hanno fornito, al riguardo, due motivazioni diverse e che, in ogni caso, non risulterebbe “agli atti di nessun procedimento nè di nessuna indagine, giudiziaria o storica che sia, che il suo lavoro avesse in qualche modo a che fare con le esecuzioni capitali”.

4.1.- Il quarto motivo è infondato.

Non sussiste alcun vizio di motivazione nel mero fatto che i giudici di primo e di secondo grado interpretino diversamente una determinata circostanza di fatto. La sentenza di appello, d’altro canto, si fonda – con congrua motivazione – su quanto dichiarato in conclusionale dallo stesso attore.

5.- Con il quinto motivo, ancora sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente assume che il termine “boia”, anche ipotizzando che sia stato utilizzato in senso letterale, avrebbe comunque portata diffamatoria, come emergerebbe, in particolare, “dalla lettera degli articoli” oltre che “in sè e per sè dall’utilizzo del visto sostantivo”.

5.1.- Il quinto motivo è inammissibile, sia per difetto di autosufficienza, non essendo riportato il contenuto degli articoli asseritamente diffamatori, sia perchè comunque si chiede il riesame, da parte del giudice di legittimità, della portata diffamatoria del termine “boia”, portata diffamatoria già esclusa, con congrua motivazione, dal giudice di merito, cui competeva la questione, sulla base del significato letterale del termine, quale risultante dal Lessico Universale Treccani.

6.- Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 596 bis c.p. (recte: art. 596) cod. pen., che preclude all’autore della diffamazione di provare la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.

6.1.- Il sesto motivo è infondato, atteso che la decisione si fonda non sulle prove addotte dall’ I., ma sulle dichiarazioni dello stesso P..

7.- Il ricorso va dunque rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.700, di cui Euro 3.500 per onorati, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.700, di cui Euro 3.500 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 7 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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