Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6356 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. III, 21/03/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SALZBURGER GEBIETSKRANKENKASSE (OMISSIS),

PENSIONSVERSICHERUNGSAMSTALT DER ARBEITER, in persona del direttore

generale Dott. E.W., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato PACIFICI PAOLO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato HANNS EGGER giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A., in persona dei legali rappresentanti –

procuratori speciali Dott. G.M. e Dott. S.

R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49, presso

lo studio dell’avvocato BERNARDINI SVEVA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato NAIS GIUSEPPE giusta delega a margine

del controricorso;

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PRISCIANO 28, presso lo studio dell’avvocato SERRANI

DANILO, rappresentato e difeso dagli avvocati TROTTA PIETRO MARCELLO,

SIMONETTI UGO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n.. 661/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 05/10/2005, depositata il

08/11/2005 R.G.N. 447/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato PACIFICI PAOLO;

udito l’Avvocato SERRANI DANILO (per delega dell’Avv. SIMONETTI UGO);

udito l’Avvocato PRASTARO ERMANNO (per delega dell’Avv. NAIS

GIUSEPPE);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Pensionsversicherunsanstalt der Arbeiter (PVA), istituto austriaco di assicurazione sociale, ha proposto al Tribunale di Udine domanda di condanna di G.G. e della sua assicuratrice, s.p.a.

Assicurazioni generali, al rimborso delle spese e delle prestazioni erogate al suo assistito, J.S., per l’importo complessivo di Euro 328.612,34, a seguito delle gravi lesioni da questo riportate in un incidente stradale ascrivibile alla responsabilità del G..

I convenuti hanno resistito alle domande.

Nel giudizio è intervenuta la cassa malattie Salzburger Gebietskrankenkasse (SGK), chiedendo anch’essa il rimborso di erogazioni effettuate all’infortunato.

Nelle more del processo la s.p.a. Assicurazioni generali ha risarcito i danni all’infortunato nell’importo di L. 580 milioni, in aggiunta alle L. 50.000.000 corrisposte in via provvisoria, oltre a L. 20.400.000 in rimborso delle spese, con atto nel quale le parti hanno fatto salvi gli eventuali diritti degli enti mutualistici.

Esperita l’istruttoria anche tramite CTU, che ha accertato la congruità delle somme chieste dagli enti in rimborso delle spese mediche e assistenziali, il Tribunale di Udine ha condannato le Assicurazioni generali a pagare alla PVA Euro 14.331,69, corrispondenti alla differenza fra il massimale di polizza e la somma pagata al danneggiato. Ha dichiarato prescritto il diritto al rimborso della SBK ed ha interamente compensato le spese di causa.

Proposto appello dalle attrici, a cui hanno resistito gli appellati, con sentenza n. 661/2005 la Corte di appello di Trieste ha respinto la domanda di condanna del G.; ha confermato la sentenza di primo grado, quanto alla somma dovuta alla PVA e – previo rigetto dell’eccezione di prescrizione del diritto di SGK – ha disposto che la somma dovuta dalla compagnia assicuratrice si dovesse ripartire fra le due appellanti in proporzione dei rispettivi esborsi, cioè per il 95,91% in favore di PVA e per il 4,09% in favore di SGK, compensando interamente anche le spese di appello.

PVA ed SGK propongono quattro motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria.

Resistono Assicurazioni generali e G., con separati controricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Debbono essere preliminarmente rigettate le eccezioni di inammissibilità del ricorso, per l’omessa indicazione della sede dei ricorrenti e per nullità della procura speciale alle liti, per il fatto che l’atto non specifica quanto a PVA, se colui che ha sottoscritto la procura quale direttore generale, Dott. E. W., sia effettivamente legittimato a rappresentare l’ente, nè da quale atto abbia tratto i propri poteri; quanto ad SGK, quale carica rivesta il sig. H.T., che ha sottoscritto la procura designandosi genericamente rappresentante legale.

Ed invero, la procura sottoscritta da chi si qualifichi come rappresentante legale di una persona giuridica si presume legittimamente rilasciata e spetta alla controparte contestare la circostanza, con valide e specifiche ragioni e prove (Cass. civ. Sez. 3, 2 aprile 2004 n. 6521; Cass. civ. Sez. 2, 15 novembre 2007 n. 23724).

Nella specie non sono state mai sollevate eccezioni, nel corso dei giudizi di merito, nè sull’identità dei ricorrenti, nè sul fatto che coloro che hanno sottoscritto la procura a proporre ricorso per (Ndr: testo originale non comprensibile), cassazione abbiano- effettivamente il potere di rappresentarli.

I resistenti avrebbero dovuto quanto meno richiamare, nelle loro difese, gli atti da cui risulterebbero le ipotetiche contestazioni;

le ragioni per cui la mancata specificazione della sede giustificherebbe il dubbio sull’identità di coloro che hanno agito in giudizio (esistendo in ipotesi altri soggetti simili, rispetto ai quali si possa creare confusione); le ragioni per cui v’è ragione di dubitare che i soggetti indicati come rappresentanti legali siano privi dei relativi poteri. Al contrario, non hanno contestato le affermazioni delle ricorrenti secondo cui PVA è un ente di diritto pubblico analogo, in Austria, ai nostri INPS od INAIL, mentre la SBK è la cassa malattie territoriale di Salisburgo: enti entrambi ben noti e non confondibili con altri.

2.- Quanto al merito, la Corte di appello ha respinto le domande di condanna della compagnia assicuratrice per mala gestio, per avere essa risarcito il danneggiato pur essendo a conoscenza delle domande di rivalsa degli enti di assicurazione sociale, con la motivazione che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 319/1989, ha ritenuto illegittima la norma che autorizza detti enti all’esercizio dell’azione di rivalsa in pregiudizio delle somme spettanti al danneggiato in risarcimento dei danni alla persona; che nella specie l’infortunato ha subito danni gravissimi, restando paraplegico, e che la compagnia è tenuta a pagare solo la somma disponibile entro 1 limiti del massimale, detratto quanto corrisposto al danneggiato.

Ha respinto la domanda di risarcimento oltre il massimale, proposta contro il G., quale responsabile dell’incidente, sul rilievo che le appellanti non hanno impugnato la sentenza di primo grado, nel capo in cui ha ritenuto che la loro domanda sia stata proposta solo ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 28. La Corte di appello ha poi condiviso la decisione del primo giudice, secondo cui l’azione prevista dall’art. 28 cit. è inapplicabile al privato danneggiante, ma può essere proposta solo contro l’assicuratore e contro il danneggiato, qualora abbiano agito in pregiudizio degli enti previdenziali.

3.- Con il primo e il secondo motivo – che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi – le ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (primo motivo), e della L. n. 990 del 1969, art. 18, 23 e 28 (secondo motivo), sul rilievo che la Corte di appello ha omesso di prendere in esame la loro domanda iniziale di rivalsa nei confronti di G.G. in proprio, quale responsabile del sinistro. Assumono di avere proposto in primo grado le loro domande nei confronti di entrambi i convenuti, e di avere dedotto in appello l’omesso esame della domanda di condanna del G. sicchè, interpretando correttamente l’atto di impugnazione, la Corte di appello avrebbe dovuto accogliere la domanda stessa.

2.1.- Le censure non sono fondate.

La Corte di appello si è esplicitamente pronunciata sulla domanda di condanna del G. ed ha rilevato che PVA e SGK non hanno svolto specifici motivi di appello contro il capo della sentenza del Tribunale che ha rigettato la domanda stessa, perchè proposta solo ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 28 ed ha condiviso la decisione del primo giudice secondo cui la responsabilità ex art. 28 è configurabile solo nei confronti dell’assicuratore che paghi il danneggiato senza salvaguardare i diritti degli enti previdenziali, o nei confronti del danneggiato, che riceva i suddetti pagamenti.

Le ricorrenti non hanno specificamente censurato la suddetta interpretazione dell’art. 28, nè hanno dedotto e dimostrato sotto quali profili l’interpretazione della sentenza di primo grado e dell’atto di appello ad opera della Corte di merito sarebbe da ritenere errata.

Il responsabile del sinistro ha indubbiamente l’obbligo di risarcire tutti i danni che ne siano derivati, ivi inclusi gli oneri inerenti alle spese di cura e di riabilitazione. Ma la domanda di condanna deve essere correttamente formulata, sulla base delle norme e dei principi generali in tema di responsabilità civile (art. 2043 e ss., 2054 e ss. cod. civ.); soprattutto quando venga proposta non dal diretto danneggiato, ma da terzi che si ritengano anch’essi lesi dall’illecito, come nella specie gli istituti ricorrenti. In tal caso è necessario che l’attore specifichi a quale titolo ritiene di poter agire: se direttamente, od in surroga del diretto interessato, o ad altro titolo; che specifichi altresì di quali somme il privato danneggiante dovrebbe essere chiamato rispondere, non potendogli essere addebitate (Ndr: testo originale non comprensibile) già corrisposte al danneggiato (direttamente o tramite il proprio assicuratore) per il medesimo titolo.

Nessuno di questi presupposti risulta essere stato richiamato e dimostrato dai ricorrenti nel loro atto di appello. Essi hanno fondato le loro pretese, come si è detto, solo sulla L. n. 990 del 1969, art. 28, norma che nulla ha a che fare con il problema della responsabilità personale del danneggiato nei confronti degli enti previdenziali.

Correttamente, quindi, la sentenza impugnata ha ritenuto non proposta la domanda di condanna del G..

3.- Con il terzo e il quarto motivo i ricorrenti denunciano ancora violazione della L. n. 990 del 1969, art. 28 e dell’art. 112 cod. proc. civ., nonchè vizi di motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto congrua e giustificata la somma di L. 630 milioni, corrisposta da Assicurazioni generali al danneggiato, ed ha quantificato in soli Euro 14.331,69 la somma loro spettante. Assumono che le domande risarcitorie inizialmente proposte dalla S. comprendevano non solo danni biologici e morali, ma anche danni patrimoniali, e che questi erano stati quantificati dall’infortunato in misura non inferiore al 48% dei danni alla persona. Analoga percentuale avrebbe dovuto essere riservala dalla compagnia assicuratrice al soddisfacimento dei diritti delle ricorrenti, pur nel rispetto dei principi enunciati dalla Certe costituzionale. Il mancato accantonamento dovrebbe essere ascritto a responsabilità della compagnia assicuratrice e avrebbe dovuto comportarne la condanna al pagamento, anche oltre i limiti del massimale.

4.- I motivi sono inammissibili, trattandosi di eccezione che non risulta essere stata sollevata nei gradi di merito e la cui delibazione richiede dettagliati accertamenti in fatto, non consentiti in questa sede di legittimità.

La sentenza impugnata ha ritenuto che la somma versata al danneggiato fosse destinata a risarcire soli danni alla persona e che si debba ritenere congrua, a fronte della gravità delle lesioni conseguite all’incidente.

Le ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare di avere prospettato ai giudici di merito le circostanze di fatto che indurrebbero a ritenere il contrario e di averne fornito gli elementi di prova, elementi che la sentenza impugnata avrebbe omesso di prendere in esame o avrebbe disatteso, con motivazione insufficiente o contraddittoria.

Esse per contro svolgono apoditticamente ed in astratto le loro censure, quasi che se ne potesse e dovesse accertare la fondatezza in questa sede.

5.- Il ricorso deve essere rigettato.

6.- Considerata la natura della controversia e dei diritti fatti valere dalle ricorrenti, e l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità sollevate dai resistenti, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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