Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6355 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. III, 21/03/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P., titolare della ditta Arredamenti Cucciniello,

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA

LABICANA 43, presso lo studio dell’avvocato TESORIO ARMANDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CECERE ANTONIO giusta mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SANT’AGATONE PAPA 50, presso lo studio dell’avvocato MELE

CATERINA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROTONDI LUIGI giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1264/2005 del GIUDICE DI PACE di AVELLINO,

emessa il 05/07/2005, depositata il 12/07/2005; R.G.N. 307/2000.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per la inammissibilità o il

rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La controversia ha ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso a richiesta di C.P., titolare della ditta Arredamenti Cucciniello, nei confronti di L.C. per il pagamento del residuo prezzo di una fornitura di mobili.

Il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione, ritenendola fondata su documenti ritualmente depositati: buono di consegna e scontrino fiscale emessi in pari data e per lo stesso importo, attestanti sia il valore dell’intera operazione, sia l’avvenuto pagamento della stessa.

Propone ricorso per cassazione la C., deducendo: omessa o insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) sul fatto decisivo del pagamento del residuo prezzo, per non avere il Giudice tenuto conto dell’assegno in atti, per un importo parziale della fornitura, nè della prova testimoniale ammessa sul mancato versamento del residuo; violazione degli artt. 1199 e 2697 c.c. L. n. 181 del 1983 e D.M. 23 marzo 1983 (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere erroneamente il Giudica di pace equiparato lo scontrino fiscale ad una quietanza di pagamento.

Resiste con controricorso la L., chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso o, comunque, rigettarlo.

Le censure si rivelano inammissibili.

Il giudice di pace, nel pronunciare secondo equità ai sensi dell’art. 113 c.p.c., in cause come la presente di valore inferiore ad Euro 1.100,00=, è tenuto al rispetto delle sole norme costituzionali e di quelle comunitarie (nonchè, a seguito della sentenza Corte cost. n. 206 del 2004, dei principi informatori della materia, la cui violazione non è stata, comunque dedotta nella specie), oltre alle norme regolatrici del processo, la cui violazione è sempre denunciabile. Al di fuori di tali limiti, il giudizio equitativo del giudice di pace è insindacabile, salva l’applicabilità dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nei casi di inesistenza, perplessità o mera apparenza della motivazione, in quanto la valutazione equitativa deve pur sempre essere sorretta da ragioni in termini tali da consentire di seguire il processo logico adottato per pervenire ad essa. Il vizio di motivazione, pertanto, rileva solo quando sia configurabile l’inesistenza della motivazione o una motivazione apparente o in contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, si da precludere l’identificazione della ratio decidendi, ovvero ancora una motivazione perplessa dalla quale non sia possibile stabilire la giustificazione di quanto posto a base della decisione (Cass. n. 10213/08; 6382 e 4055/07).

Non sono quindi deducibili nei confronti delle sentenze pronunciate secondo equità le censure relative alla sufficienza ed alla correttezza della motivazione (Cass. n. 11638/10; 981/09; 26422/08;

2281/06; 21112/05; 16254/05; 1610/03). Certo che nella specie – come evidenziato sopra – il giudice a quo ha sufficientemente esposto le ragioni che lo hanno condotto al rigetto della domanda attrice, è palese che deve escludersi che si sia – come si afferma nel primo motivo – a fronte di una sentenza censurabile per vizio di motivazione (Cass. 24 marzo 2006, n. 6593; Cass. 7 febbraio 2006, n. 2578).

Anche il vizio di violazione di legge si rivela inammissibile, non essendo ammessa, nelle sentenze come quella in esame, l’impugnazione per cassazione a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, a meno che non si tratti di violazione di norme costituzionali, norme comunitarie, principi informatori della materia o di norme sostanziali richiamate da norme processuali, tutte situazioni non ricorrenti nel caso in esame.

Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 600,00= di cui Euro 500,00= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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