Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6352 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 25/02/2022), n.6352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21479/2018 proposto da:

T.M., (C.F.: (OMISSIS)), nato a (OMISSIS) ed ivi residente

alla (OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtù di mandato

allegato al ricorso, dall’Avv. Federico Oppes (C.F.: PPS FRC 68S17

H5010) del Foro di Roma, presso il cui studio in 00187 Roma, alla

Via Piemonte n. 39/A, è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

Ministero Delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, (C.F.:

(OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, (C.F.: 80224030587), presso i cui uffici domicilia, in Roma

alla Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 2854/2017 emessa dalla Corte d’appello di

Venezia in data 09/01/2018 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea

Penta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

In data 24/02/2015 il Dipartimento del Ministero delle Politiche agricole Alimentari e Forestali – Dipartimento I.C.Q.R.F. Nord Est notificava a T.M. l’ordinanza-ingiunzione n. 14/2015, a mezzo della quale ingiungeva il pagamento della somma di Euro 30.984.00 oltre spese accessorie, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, per aver sottoposto mosti e vini di alcun aziende, nelle loro cantine, ad un trattamento enologico sterilizzante con raggi UV-C non consentito.

Con ricorso depositato al Tribunale di Verona in data 26/03/2015, T.M. presentava formale opposizione alla predetta ordinanza-ingiunzione, sostenendo l’assoluta insussistenza delle violazioni contestategli, nonché l’insussistenza della coscienza e volontà della condotta attiva ascrittagli.

Si costituiva in giudizio il Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari Ufficio di (OMISSIS) -, contestando quanto sostenuto da parte ricorrente e chiedendo, pertanto, che venisse respinto il ricorso, in quanto infondato in fatto ed in diritto.

Con sentenza n. 835/2016 depositata in data 1/4/2016 il Tribunale di Verona rigettava le domande avanzate dall’opponente e, per l’effetto, confermava l’ordinanza ingiunzione opposta, condannandolo altresì a corrispondere al resistente la somma di Euro 4.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Con sentenza del 9.1.2018, la Corte d’appello di Venezia, in parziale accoglimento del gravame, annullava il solo capo di condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

– era pacifico, nel caso di specie, che il T. stesse realizzando una pratica sperimentale non ancora consentita, per la quale in data 18.1.2011 aveva stipulato un accordo con l’Università degli studi di Verona;

– l’obbligo di ottenere l’autorizzazione per porre in essere le pratiche sperimentali non gravava solo sulle aziende che avevano sottoscritto il contratto di sfruttamento del vino, non potendosi negare che anche il T. fosse “soggetto interessato”, tanto da proporre la nuova tecnologia (non consentita) alle aziende produttrici del vino (e, quindi, quale promotore della pratica sperimentale);

– era, poi, diversa ed autonoma la violazione relativa alla commercializzazione del vino illecitamente trattato rispetto a quella concernente il trattamento sperimentale non preventivamente autorizzato.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso T.M., sulla base di due motivi.

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 120 quater Reg. CE 1234/2007, D.M. 30 luglio 2003, art. 5 e L. n. 689 del 1981, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte d’appello considerato che i soggetti nei confronti dei quali gravava l’onere di formulare la preventiva richiesta di autorizzazione ministeriale alla sperimentazione vinicola erano i produttori vitivinicoli, in qualità di soggetti interessati alla stessa.

1.1. Il motivo è infondato.

All’odierno ricorrente è stato contestato di essersi reso responsabile, in concorso con altri soggetti, di alcune violazioni per aver sottoposto mosti e vini di tre aziende, nelle loro cantine, ad un trattamento enologico sterilizzante con raggi UV-C (e, quindi, ad una sperimentazione non consentita).

Nella detta veste il T. ha proposto alle aziende produttrici del vino tale nuova tecnologia (pratica sperimentale) ed ha realizzato la sperimentazione in collaborazione con l’Università di Verona (la quale ultima, in data 31.3.2014, ha richiesto l’autorizzazione per la nuova pratica, conseguendola in data 30.4.2014 dal Ministero). Trattasi di circostanze risultanti ex actis e, comunque, non contestate.

Orbene, avuto riguardo alla normativa nazionale interna, il D.Lgs. n. 260 del 2000, art. 1, comma 7, sottopone a sanzione amministrativa pecuniaria “chiunque” viola i limiti, le condizioni e le altre prescrizioni in materia di pratiche e trattamenti enologici, previsti nell’art. 43 e negli allegati IV, V e VI, lettere F, G ed H, del regolamento CE n. 1493/1999.

A sua volta, il D.M. 30 luglio 2003, art. 5, stabilisce che, ai fini del rilascio dell’autorizzazione ad effettuare prove sperimentali prevista dall’art. 41 del regolamento CE n. 1622/2000 (poi sostituito dai successivi, fra cui il n. 1234/2007 ed il n. 606/2009), i “soggetti interessati” devono presentare una domanda avente un determinato contenuto.

La dicitura generalizzata “chiunque”, al pari di quella omnicomprensiva “soggetti interessati”, non può non comprendere, oltre ai produttori vitivinicoli, anche i promotori della pratica sperimentale i quali, inevitabilmente, hanno interesse a che la stessa realizzi i suoi obiettivi.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la corte territoriale esaminato la lettera da lui inviata in data 4.9.2012 al Ministero delle Politiche Agricole, dalla quale avrebbe evinto l’insussistenza dell’elemento soggettivo della colpa.

2.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, va ricordato che, in tema di violazioni amministrative, poiché, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3 per integrare l’elemento soggettivo del’illecito è sufficiente la semplice colpa, l’errore sulla liceità della relativa condotta, correntemente indicato come “buona fede”, può rilevare in termini di esclusione della responsabilità amministrativa, al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni, solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo a tal fine un elemento positivo, estraneo all’autore dell’infrazione idoneo ad ingenerare in lui la convinzione della sopra riferita liceità, senza che il medesimo autore sia stato negligente o imprudente, ovvero alla condizione che quest’ultimo abbia fatto tutto quanto possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l’errore sia stato incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall’interessato con l’ordinaria diligenza (Sez. 1, Sentenza n. 11253 del 15/06/2004; conf. Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019).

Nel caso di specie, per quanto abbia informato i produttori vitivinicoli della necessità di ottenere la relativa autorizzazione ministeriale, il T., a fronte dell’inerzia di questi ultimi, non si è attivato in prima persona, come, invece, sarebbe stato suo preciso onere.

Inoltre, la lettera inviata dal T. al Ministero delle Politiche Agricole è priva del connotato di decisività, atteso il suo tenore meramente interlocutorio e l’inadeguatezza a giustificare l’inerzia fino ad allora protrattasi. A tal ultimo proposito, va evidenziato, con valenza assorbente, che la lettera, datata 4.9.2012, è successiva alle date di accertamento dei trattamenti sperimentali, risalenti ai mesi di (OMISSIS), di (OMISSIS) e, appunto, di (OMISSIS), laddove è incontestabile che l’autorizzazione alla sperimentazione avrebbe dovuto precederla.

3. Il ricorso non merita, pertanto, di essere accolto.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.100,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge (se dovuti);

– dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, tenutasi con modalità da remoto il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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