Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6352 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. III, 21/03/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FISI AUTO 1 SRL, (OMISSIS), nella persona dell’amministratore

Sig. F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E.

ROMAGNOLI 70, presso lo studio dell’avvocato FALCETTA ANDREA EMILIO,

che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

CENTRAUTO PORTUENSE SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1358/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Seconda Sezione Civile, emessa il 26/01/2005, depositata il

24/03/2005; R.G.N. 3166/2002.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La controversia ha ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso a richiesta della Fisi Auto S.r.l. nei confronti della Centrauto Portuense S.r.l. per il pagamento di forniture di merci, documentate da bolle di consegna. Previa escussione dei testi indicati dalle parti, il Tribunale accoglieva l’opposizione. La Fisi proponeva appello, deducendo, per quanto rileva in questa sede, l’errata valutazione delle prove da parte del Tribunale, che aveva omesso di prendere in esame le dichiarazioni dei testi C. e Ci. indicati dalla creditrice. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva la doglianza, sia perchè con essa era stata censurata solo la valutazione della prova testimoniale e non le altre ragioni della decisione – consistenti nella genericità delle indicazioni contenute nelle bolle di consegna e nella mancata prestazione dell’interrogatorio da parte del l.r.

della società creditrice – autonomamente poste dal Tribunale a base del proprio convincimento, sia in quanto, nel merito, le dichiarazioni dei testi C. e Ci. risultavano prive di efficacia probatoria, essendosi limitati a riferire quanto era stato loro riferito dal l.r. della Fisi.

Propone ricorso per cassazione la Fisi con due motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Col primo motivo, denunziando violazione dell’art. 116 c.p.c., la ricorrente ripropone la censura relativa all’erronea valutazione delle prove da parte del Tribunale, che avrebbe disconosciuto il valore delle bolle di consegna e degli altri documenti posti a fondamento del decreto, sulla base delle deposizioni dei testi della Centrauto, entrambi dipendenti della medesima, che si erano limitati e riferire quanto appreso dal l.r. della società stessa.

Col secondo motivo, la ricorrente lamenta omessa ed insufficiente valutazione delle prove da essa allegate, sempre perchè sarebbe stato disconosciuto il valore probatorio dei documenti commerciali sulla base di deposizioni testimoniali de relato actoris.

Le censure – che possono trattarsi congiuntamente, essendo entrambe rivolte a censurare, sia pure sotto diversi profili, la valutazione delle prove – non colgono nel segno. Infatti, la Corte d’Appello, come emerge chiaramente dal testo della motivazione della sentenza impugnata, ha respinto l’analoga censura proposta dalla società in appello rilevando che il Tribunale non si era limitato a valutare le contrapposte prove testimoniali, ma aveva negato il fondamento della pretesa creditoria sul presupposto della genericità delle indicazioni contenute nelle bolle di consegna ed aveva corroborato tale convincimento, non solo con le risultanze del testimoniale dedotto dalla Centrauto, ma anche con la mancata prestazione dell’interrogatorio da parte del l.r. della Fisi. Come questa Corte ha più volte affermato, “la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio” (Cass. n. 7375/10; 21490/05; 2945/02; 7046/01; 4301/01; 9995/98; 6927/96;

10695/95). I motivi, pertanto, mancano dei richiesti caratteri della specificità, della completezza e, soprattutto, della riferibilita alla decisione impugnata (Cass. n. 15607/05; 13430/04; 9371/03).

Ne deriva il rigetto del ricorso. Nulla per le spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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