Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6350 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35185/2018 R.G. proposto da:

G.S., rappresentato e difeso, per procura in calce al

ricorso, dall’avv. Andrea CECCARONI, ed elettivamente domiciliato in

Roma, alla via Emanuele Gianturco, n. 11, presso lo studio legale

dell’avv. Giovanni LAZZARIN;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3064/02/2018 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggiori ricavi conseguiti dal contribuente nell’anno d’imposta 2009, emersi a seguito di indagini bancarie, con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello dell’amministrazione finanziaria avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo regolarmente espletato il contraddittorio endoprocedimentale e non fornita dal contribuente prova idonea a giustificare le movimentazioni bancarie contestate;

– avverso la predetta statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, cui replica l’intimate` con controricorso;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi prioritariamente per evidenti ragioni logico-giuridiche, il ricorrente deduce un error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la sentenza impugnata per nullità assoluta della motivazione, sub specie di motivazione apparente, con riferimento al merito della pretesa erariale.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

3. E’ noto che la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

3.1. Nel caso di specie la CTR ha respinto nel merito l’appello del contribuente sostenendo che la ripresa a tassazione dei maggiori ricavi accertati a seguito delle indagini bancarie, che l’amministrazione finanziaria aveva comunque ridotto in sede di autotutela, andava confermata “poichè le relative giustificazioni offerte dalla parte, sono prive di riscontri oggettivi e comprovanti (come per es. la prova del pagamento ai fornitori/gestori di quanto asseritamente incassato dal L., ovvero la prova che gli addebiti siano stati effettivamente eseguiti in favore di un beneficiario di cui si indica semplicemente il nome, senza però la produzione della relativa documentazione a sostegno) che invece è onere del contribuente fornire dettagliatamente, giusta D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2) “. Trattasi di argomentazione che, a prescindere dalla correttezza o meno della decisione assunta, o della sua sufficienza (che è vizio non più denunciabile per cassazione ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), esprime una ben identificabile ratio decidendi, fondata sul mancato corretto adempimento dell’onere probatorio posto a carico del contribuente in tema di accertamenti bancari. Non si rileva, pertanto, l’imperscrutabilità della ratio che rende nulla la sentenza per apparenza motivazionale (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016, Rv. 641526).

4. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 12, della L. n. 212 del 2000, art. 32, sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere che nel caso di specie il contraddittorio endoprocedimentale era stato espletato a seguito “dell’Invito n. 100521, notificato al contribuente in data 4/6/14”.

5. Il motivo è inammissibile ed infondato.

6. Invero, sostiene il ricorrente che non vi era stato un contraddittorio effettivo, in quanto l’amministrazione finanziaria “non ha mai redatto alcun documento con la dicitura formale di “verbale di contraddittorio” e non ha altresì mai svolto in sede precontenziosa altra attività fuorchè la mera ricezione di documenti richiesti al contribuente” (ricorso, pag. 4), che esso contribuente aveva assolto l’onere di fornire di enunciare in giudizio le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede amministrativa e che la CTR non si era pronunciata sull’omessa redazione da parte dell’Agenzia delle entrate di un processo verbale di constatazione.

6.1. Muovendo da tale ultima censura, a prescindere dal rilievo di inammissibilità della stessa perchè non è stata formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e sul punto il ricorso è anche privo di autosufficienza (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 15367 del 04/07/2014, Rv. 631768 – 01), osserva il Collegio che nella fattispecie è incontestato che l’amministrazione finanziaria abbia espletato un accertamento c.d. “a tavolino” e, quindi, senza procedere ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività commerciale, sicchè va ribadito il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, che, sempre in tema di contraddittorio, ha affermato che l’applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è circoscritto ai soli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente, non essendo espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario e non trovando quindi applicazione al di fuori delle ipotesi esplicitamente previste. Ciò comporta che l’Ufficio, al di fuori di tali ipotesi, “può emettere l’avviso di accertamento anche in assenza di un processo verbale che attesti la chiusura dell’attività istruttoria, in difetto di norme che impongano un obbligo di verbalizzazione e laddove sia prevista una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente prima dell’emissione dell’accertamento” (cfr. anche, tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2016, n. 10904; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2016, n. 8000; Cass. sez. sez. 6-5, ord. 15 aprile 2016, n. 7600; Cass. sez. 6-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20849). Al riguardo va, altresì, ricordato che “In tema di accertamento tributario, la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo delle operazioni è richiesta dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, (applicabile non solo in materia di IVA ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, comma 1) esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all’acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali cd. a tavolino, espletati autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8246 del 04/04/2018) e che la redazione di un processo verbale di constatazione non è necessario “per rendere legittimo un successivo avviso di accertamento, perchè è in esso che si esterna ciò che si è constatato” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31120 del 29/12/2017, Rv. 646575, in motivazione).

7. Quanto alla questione dell’effettivo svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale, la censura è inammissibile in quanto il ricorrente ha omesso di riprodurre nel ricorso o di allegare allo stesso il contenuto dell’invito notificatogli dall’Agenzia delle entrate, così impedendo a questa Corte, che non può accedere agli atti processuali in ragione del tipo di vizio denunciato (error in iudicando) di effettuare il necessario vaglio di fondatezza del motivo. Peraltro, la circostanza dedotta dallo stesso ricorrente, che l’amministrazione finanziaria aveva parzialmente annullato in autotutela l’avviso di accertamento impugnato, ma a seguito di un ulteriore contraddittorio effettuato nelle more del giudizio (secondo l’assunto, non contestato, della controricorrente), nel corso del quale il contribuente aveva consegnato ulteriore documentazione giustificativa dei movimenti bancari contestati, rende evidente che nella fase pre-processuale il contribuente non aveva addotto ragioni idonee a giustificare un annullamento anche solo parziale dell’atto impositivo ed in ogni caso il ricorrente ha del tutto omesso di specificarli nel ricorso, ancora una volta in spregio al principio di autosufficienza del mezzo in esame.

8. Conclusivamente, dal complesso delle argomentazioni svolte discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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