Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6349 del 08/03/2021

Cassazione civile sez. I, 08/03/2021, (ud. 05/02/2021, dep. 08/03/2021), n.6349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12445/2019 proposto da:

K.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Augusto Riboty, 23

presso lo studio dell’avvocato Gerace Valeria, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Pitorri Jacopo Maria;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generate Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositata il

12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/02/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

K.S. cittadino del (OMISSIS) chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, domandando:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della sua istanza dedusse di essere partito dal (OMISSIS) nel 2011 per sfuggire ad un gruppo di studenti della scuola coranica precisando però di non aver sporto per timore alcuna denuncia nei loro confronti.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento. K.S. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 e D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19, dinanzi il Tribunale di Salerno, che con decreto del 12 marzo 2019, rigettò il ricorso.

Il primo Giudice ritenne che, trattandosi di migrante economico, come lui stesso aveva lasciato trapelare, non ravvisava le condizioni per il riconoscimento di nessuna forma di protezione richiesta.

Rilevava comunque che non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato una condizione personale di soggettiva vulnerabilità.

La sentenza è stata impugnata per cassazione da K.S.. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, in quanto il Tribunale di Salerno avrebbe qualificato il racconto del migrante come generico e inattendibile sulla base di valutazione soggettive e non motivate sulla storia personale senza considerare possibile che degli estremisti islamici siano in grado di perseguitare un soggetto che si era sottratto al loro controllo ed ai loro precetti non attenendosi in tal modo ai criteri normativamente previsti per la valutazione della credibilità.

Si lamenta che il primo giudice avrebbe dovuto approfondire la situazione del Paese al fine di valutare l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata “Con un secondo motivo si denuncia l’omesso esame della storia del ricorrente in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani in (OMISSIS) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si censura la valutazione dal primo Giudice in merito alla non credibilità del ricorrente ritenuta, a suo dire, priva di una giustificazione logica ponendo a base del suo convincimento la mancata presentazione della denuncia in contrasto con i principi posti a base della protezione internazionale.

I primi due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente in quanto illustranti il medesimo tema decisionale, sono ambedue inammissibili in quanto prospettano ragioni di lagnanza eccentriche rispetto al decisum, atteso che il giudice di primo grado ha escluso la sussistenza delle condizioni per dar luogo alla concessione delle misure richieste ritenendo, sulla scorta degli elementi di giudizio offerti in cognizione dallo stesso ricorrente, che costui rivesta la qualità di migrante economico e, meglio, che le vicende esposte in relazione agli eventi che hanno indotto il ricorrente a lasciare il proprio Paese hanno, infatti, natura prettamente economica e pertanto non possono giustificare la concessione dello status di rifugiato.

Il Tribunale ha infatti evidenziato la contraddittorietà del racconto offerto dal richiedente in più punti caratterizzato da una estrema genericità.

Ha sottolineato in questa prospettiva come non fossero comprensibili le ragioni per le quali un gruppo di studenti appartenenti alla scuola coranica fossero interessati ad un ragazzo figlio di un dipendente che aveva frequentato per circa tre mesi tale struttura così come non fosse spiegabile il motivo per il quale il ricorrente non avesse sporto denuncia nei confronti di tali individui che ad oggi appartengono ad una minoranza nel Paese e sono per di più soggetti a persecuzioni.

Il primo Giudice ha messo poi in risalto il lungo lasso temporale intercorso fra il suo ingresso in Italia risalente all’anno 2011 e la data di presentazione della domanda di protezione risalente all’anno 2016, circostanze tutte che concorrevano a fare emergere le reali motivazioni che avevano indotto K.S. ad espatriare.

Reali motivazioni esplicitate dallo stesso richiedente in sede di audizione laddove aveva affermato che la sua famiglia può sopravvivere solo grazie al suo aiuto economico.

Il Tribunale ha quindi concluso che proprio le reali ragioni sottese alla sua richiesta non consentono di riconoscere alcuna delle forme di protezione.

Ne discende che, interloquendo su un terreno in cui si postula la riconducibilità della vicenda umana del ricorrente al teatro della protezione internazionale, gli argomenti ricorrenti prescindono dal giudizio espresso dal decidente, quantunque non se ne nasconda affatto il contenuto, e si espongono come tali all’ineludibile rilievo della loro inammissibilità. E ciò non senza pure aggiungere per quel che di questo giudizio attiene alla mancanza di credibilità del ricorrente – aspetto per vero inconferente una volta che si sia ritenuto il ricorrente migrante economico – che il punto non è controvertibile in questa sede involgendo valutazioni rimesse alla esclusiva cognizione dei giudici del merito e come tali non ricevibili in questo giudizio di legittimità.

Alla stregua considerazione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nessuna determinazione in punto spese della presente fase in assenza della costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021

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