Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6348 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 25/02/2022), n.6348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3782-2017 proposto da:

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO, 12/D, presso lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ARTURO MESSERE, FERDINANDO

MASSARELLA;

– ricorrenti –

contro

M.P.A., M.L., MO.MA., A.P.,

M.S., T.M.;

– controricorrenti –

nonché contro

M.D., F.G., A.M.,

A.M.A., B.M., A.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 164/2016 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 28/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con distinti atti di citazione A.P., M.D. e Mo.Ma. citarono in giudizio V.S. per chiedere accertarsi il diritto di prelazione ed il riscatto, L. N. 817 del 1991, art. 7 e della L. n. 590 del 1965, art. 8 in relazione ad alcuni terreni dal medesimo acquistati da A.M.A., A.M., B.M. e A.G..

Gli attori dedussero di essere proprietari e coltivatori diretti di alcuni terreni confinanti con quelli oggetto degli atti di compravendita on favore di V.S..

1.1. Il V. si costituì per resistere alla domanda e chiese chiamarsi in causa i venditori per essere da questi manlevato in caso di soccombenza.

1.2. Disposta la chiamata in causa, A.M.A., A.M., B.M. e A.G. rimasero contumaci.

1.3. Il Tribunale di Campobasso accolse la domanda e, per l’effetto, trasferì agli attori i fondi oggetto di riscatto, previo pagamento del prezzo; dichiarò i terzi chiamati tenuti a rimborsare al V. il prezzo da questi corrisposto per il riscatto ed i 3/4 delle spese sostenute per l’atto di vendita.

Le spese di lite vennero integralmente compensate tra le parti.

1.4. La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza del 28.6.2016 confermò la sentenza di primo grado.

1.5. La Corte di merito accertò che gli attori avevano dato prova della sussistenza dei requisiti per il riscatto, peraltro non erano stati contestati dal V.; rigettò il motivo d’appello proposto dal V., il quale aveva dedotto che i terreni acquistati facessero parte di un compendio unitario ed inscindibile; a tal fine, il giudice d’appello osservò che, per valutare se più terreni oggetto di vendita rappresentino un’unica unità ponderale, deve essere verificata la possibilità giuridica ed economica dello scorporo della relativa porzione senza pregiudizio per la coltivazione e la produttività del fondo e senza imposizione di servitù o oneri reali. La Corte di merito valorizzò quindi la circostanza che, al momento della vendita, i terreni, appartenuti in origine ad un unico proprietario, erano pervenuti ai cinque figli e da questi alienati con cinque atti di compravendita. I fondi non erano contigui, erano destinati ad impieghi diversi (seminativo, bosco e pascolo) ed erano coltivati in modo autonomo; non vi erano, inoltre, impianti o strutture funzionali alla coltivazione tali da comportare interdipendenza con terreni e fabbricati non oggetto di riscatto.

1.6. La Corte di merito non condivise le conclusioni del CTU, secondo cui i terreni alienati costituivano un unico compendio aziendale perché non ritenne decisiva la provenienza da un comune dante causa e la destinazione dei fabbricati a stalla per il deposito di attrezzi agricoli, rispetto all’intera estensione dei terreni.

2.Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso V.S. sulla base di tre motivi.

2.1. Hanno resistito con controricorso A.P., Mo.Ma., in proprio e quale erede di M.D., M.P.A., S. e L..

2.2. In prossimità dell’udienza, i controricorrenti hanno depositato l’originale dell’avviso di ricevimento della notifica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 817 del 1971, art. 7 e della L. n. 590 del 1965, art. 8 dell’art. 2697 c.c., dell’art. 1362c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre all’illogica ed apparente motivazione, per non avere la corte di merito correttamente valutato la sussistenza dei requisiti per l’esercizio per il riscatto e, segnatamente, la capacità lavorativa degli attori, l’estensione dei fondi, la destinazione agricola ed il numero delle ore necessarie per la coltivazione del fondo, in relazione al numero di persone che componevano la famiglia coltivatrice nonché la destinazione agricola dei terreni. Detti requisiti avrebbero dovuto essere oggetto di prova, non essendo applicabile il principio di non contestazione, introdotto dall’art. 115 c.p.c. con la L. n. 69 del 2009, ratione temporis non applicabile.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. La Corte di merito ha verificato in concreto l’esistenza dei requisiti per l’esercizio del riscatto, costituiti dalle piante e dalle visure catastali evidenzianti la posizione e l’estensione dei fondi di proprietà degli attori rispetto a quelli da riscattare, dalle copie dei libretti dei mezzi agricoli utilizzati e dalle risultanze della prova testimoniale, da cui era emerso che gli attori coltivavano i terreni confinanti con quelli oggetto di riscatto da tempo superiore al biennio antecedente all’inizio della controversia, direttamente o, con l’ausilio delle loro famiglie.

1.3. Oltre alla prova della sussistenza dei requisiti per l’esercizio del riscatto, la Corte ha anche valorizzato il principio di non contestazione.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 115 c.p.c., della L. n. 817 del 1971, art. 7 e della L. n. 590 del 1965, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché la Corte di merito si sarebbe discostata dalle risultanze della CTU, secondo cui i fondi costituirebbero un’unica unità ponderale suscettibile di un’utilizzazione unitaria ed inscindibile.

2. Il motivo è infondato.

2.2. Come questa Corte ha già avuto più volte modo di porre in rilievo, allorquando il giudice non abbia le cognizioni tecnico-scientifiche può fare ricorso a una consulenza tecnica di tipo percipiente, quale fonte oggettiva di prova (cfr. Cass., 22/2/2016, n. 3428; Cass., 30/9/2014, n. 20548; Cass., 27/8/2014, n. 18307; Cass., 26/2/2013, n. 4792; Cass., 13/3/2009, n. 6155; Cass., 19/1/2006, n. 1020).

2.2. Si è al riguardo precisato che il giudice può disattendere le risultanze della disposta CTU percipiente, ma solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati e agli elementi probatori utilizzati per addivenire all’assunta decisione (cfr. Cass., 3/3/2011, n. 5148), specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU (cfr. Cass., 26/8/2013, n. 19572; Cass., 7/8/2014, n. 17747; e, da ultimo, Cass., 11/1/2021, n. 200).

2.3. La Corte di merito ha disatteso le risultanze della CTU spiegando le ragioni per le quali ha ritenuto che i terreni oggetto di riscatto non costituissero un unico compendio inscindibile ed unitario.

2.4. Al fine di valutare se più terreni oggetto di vendita rappresentino un’unica unità ponderale, deve essere verificata la possibilità giuridica ed economica dello scorporo della relativa porzione senza pregiudizio per la coltivazione e la produttività del fondo e senza imposizione di servitù o oneri reali.

2.5. A tal fine, la Corte di merito ha valorizzato la circostanza che, al momento della vendita, i terreni, appartenuti in origine ad un unico proprietario, erano pervenuti ai cinque figli con cinque distinti atti di compravendita. Inoltre, ad escludere l’inscindibilità del compendio immobiliare era rilevante la circostanza che i fondi non fossero contigui e fossero destinati ad impieghi diversi (seminativo, bosco e pascolo) sicché potevano essere coltivati in modo autonomo. In punto di fatto, il giudice d’appello ha anche accertato che non vi erano impianti o strutture funzionali alla coltivazione tali da comportare interdipendenza con terreni e fabbricati non oggetto di riscatto.

3.Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1480 c.c., art. 1483 c.c., comma 2 e art. 1484 c.c., oltre alla carenza di motivazione per avere la corte di merito rigettato la domanda di risoluzione del contratto per evizione, senza valutare se i fondi rimasti in proprietà in seguito all’accoglimento del riscatto fossero suscettibili di utilizzazione economica. Inoltre, nonostante il ricorrente avesse subito l’evizione, le spese di lite sarebbero state compensate.

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. La Corte d’appello ha accertato (pag. 9, punto 5 della sentenza impugnata) che i terreni oggetto di riscatto potevano essere coltivati in materia autonoma rispetto alla rimanente porzione di essi ed avevano caratteristiche colturali omogenee con quelli confinanti di proprietà dei retraenti, ragione per la quale è stata esclusa la fondatezza della domanda di risoluzione.

3.3. La Corte distrettuale si è conformata all’orientamento consolidato, più volte affermato da questa Corte, secondo cui il diritto di riscatto spettante all’affittuario coltivatore diretto non può essere frustrato per il fatto che il fondo, oggetto di esso, sia stato alienato unitamente ad altri beni; in tal caso, ove sia stato pattuito un corrispettivo unico per la pluralità dei beni venduti, il prezzo di quello da riscattare può essere proporzionalmente determinato (Cassazione civile sez. III, 18/06/1987, n. 5361; Cass. 1481/1988).

3.4. Nel caso di specie, la determinazione del prezzo di riscatto è avvenuta secondo i criteri adottati dal CTU, che non sono stati censurati nei giudizi di merito e sono insindacabili in sede di legittimità se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3.5. Ne consegue che, poiché il prezzo di riscatto era stato determinato con il sistema proporzionale ed erano state rigettate le domande di risoluzione e risarcimento dei danni, risulta correttamente disposta la compensazione parziale delle spese di lite derivante dalla parziale soccombenza.

3. il ricorso va pertanto rigettato.

3.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

 

 

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