Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6348 del 08/03/2021

Cassazione civile sez. I, 08/03/2021, (ud. 05/02/2021, dep. 08/03/2021), n.6348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10937/2019 proposto da:

N.M., rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzina

Salvatore, per procura speciale rilasciata in calce al ricorso e

elettivamente domiciliato all’indirizzo pec ivi indicato;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositata il

26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/02/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

N.M., cittadino del (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, contro il decreto del Tribunale di Salerno con cui è stata rigettata la sua domanda volta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria o di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di una eventuale partecipazione ad una udienza di discussione della causa.

In estrema sintesi, il tribunale: 1) riteneva che il racconto di N.M. non fosse credibile connotandosi per una estrema genericità e comunque non integrante gli estremi per il riconoscimento della protezione internazionale; 2) negava la protezione sussidiaria, non venendo in rilievo circostanze fattuali riconducibili alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) nè essendo la zona di provenienza del ricorrente interessata da un conflitto armato, come poteva desumersi dalle fonti consultate e specificamente indicate; 3) rifiutava la protezione umanitaria non ravvisando, nella condizione, del richiedente, una situazione di vulnerabilità soggettiva ed un significativo percorso di integrazione non desumibile dallo documentato svolgimento di una attività lavorativa.

Diritto

Ritenuto che:

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art., comma 3, lett. A) e dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. E) ed art. 7, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 comma 1, lett. D) ed art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si lamenta che il Tribunale si sarebbe limitato in modo acritico a recepire il giudizio della Commissione territoriale senza in alcun modo approfondire la posizione del richiedente anche mediante l’utilizzo dei mezzi istruttori officiosi. Si sostiene che il provvedimento impugnato era stato redatto con la tecnica del “copia ed incolla” ed il tribunale aveva mancato di valutare tutti i fatti pertinenti il paese di origine del richiedente, di cui non aveva valorizzato la complessiva ed attuale situazione di contro al disposto cui all’art. 8, comma 3, che prevede che ciascuna domanda sia esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti, là dove il giudice del merito si era limitato ad affermare che in (OMISSIS) non sarebbe risultata “una totale assenza dello Stato in materia di protezione dei cittadini”. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si censura la valutazione espressa dal Tribunale in merito all’insussistenza dei requisiti di ammissibilità alla protezione sussidiaria in ragione dell’attuale situazione di instabilità socio-politica del (OMISSIS) ritenuto uno Stato non sicuro.

Si sostiene che il ricorrente avrebbe dovuto beneficiare

della protezione sussidiaria in ragione dell’attuale situazione di instabilità dello Paese di provenienza, in conseguenza di episodi di criminalità, violenze domestiche, scontri fra bande, tra sette o tra gruppo politici o tra comunità con conseguente grave pericolo per il richiedente in caso di rientro in patria.

Con il terzo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 omessa motivazione, nullità in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si critica, in particolare, la decisione nella parte in cui non avrebbe distinto le diverse ipotesi di protezione accomunando nell’argomentazione di rigetto, quelle c.d. maggiori con quella umanitaria con la conseguenza che sarebbe stata completamente omessa la motivazione del rigetto della protezione umanitaria sicchè il decreto dovrebbe considerarsi nullo per violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

Il primo motivo è inammissibile in quanto generico là dove contesta la legittimità del provvedimento impugnato in quanto di diniego delle protezioni internazionali senza distinguere partitamente tra le misure richieste e quindi senza dialogo per ciascuna con la motivazione censurata.

La pure dedotta nullità per sostanziale apparenza della motivazione, che si assume mero esito di un procedimento di “copia ed incolla”, non dà conto di siffatta radicale carenza per richiamo ai passaggi decisori che si vorrebbero mancanti.

Quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione la stessa risulta priva di decisività anche perchè non viene indicato quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (in tema, Cass. n. 2119 del 24/1/2019), nè la loro tempestiva deduzione dinanzi al giudice di merito.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha affermato che, dall’esame del sito della Farnesina al 31.10.2018 la regione della (OMISSIS) non viene indicata come area sconsigliata evidenziando che in detta area si trascinano gli effetti di un conflitto trentennale di matrice indipendentistica ma sottolineando che di recente la situazione si era sensibilmente calmata grazie ai negoziati intervenuti fra le parti in contesa di cui si era dato conto da parte del dipartimento degli affari esteri della Svizzera.

Il primo Giudice non mancava di rilevare l’esistenza di bande criminali all’interno delle foreste ma mettendo in luce la sporadicità delle azioni militare e la presenza costante dell’esercito.

Così argomentando il Tribunale ha fatto corretta applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che richiede, ai fini della sussistenza del grave danno rilevante per il riconoscimento della protezione sussidiaria che la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona derivi dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale. Inoltre, ha valutato la situazione all’attualità, conformemente all’orientamento di legittimità secondo cui il diritto alla protezione sussidiaria, in considerazione della natura di condizione dell’azione e non di presupposto processuale, va accertato alla data della decisione (Cass. n. 16100 del 2015; Cass. n. 9427 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

Giova ricordare che in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 18/02/2020).

Ciò posto, la censura nei termini in cui è stata sopra riassunta non denuncia alcun travisamento nè contiene l’indicazione di fonti più aggiornate in grado di modificare.

Il terzo motivo è inammissibile.

Il Tribunale, con un giudizio in fatto non censurabile in cassazione, ha escluso, con riferimento all’invocata protezione umanitaria, situazioni di vulnerabilità personale anche in ragione del fatto che non era stato documentato un significativo percorso di integrazione in Italia non desumibile dallo svolgimento di una attività lavorativa.

La decisione sul punto non si pone al di sotto del minimo costituzionale, neppure risultano puntualmente contrastati in ricorso in forza di un generico richiamo a “fonti autorevoli di informazione” che attesterebbero “incontrovertibilmente” una “situazione di violenza indiscriminata su tutto il territorio del (OMISSIS)”, trattandosi di argomenti non capaci di definire la necessaria condizione di vulnerabilità individualizzata premessa delle ragioni di riconoscimento di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Si tratta per vero di una sostanziale contrapposizione al provvedimento impugnato rispetto alle cui conclusioni il ricorso prospetta in modo inammissibile una generica reiterazione delle deduzioni portate nel giudizio di merito senza confrontarsi con la ratio dell’adottata decisione e quindi con la verificata, in quella fase, omessa allegazione di una situazione di vulnerabilità tale da integrare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale (Cass. n. 4455 del 2018), nella insufficienza ai fini del riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del vaglio, in via isolata ed astratta, come correttamente ritenuto dal tribunale, del suo livello di integrazione in Italia (Cass. 28/06/2018 n. 17072).

Alla stregua considerazione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nessuna determinazione in punto spese della presente fase in assenza della costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021

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