Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6347 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 25/02/2022), n.6347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3597-2017 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL MONTE

OPPIO 5, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PASCUCCI,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI MOLIN, GIANCARLO

MAZZETTO;

– ricorrenti –

contro

Z.L.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO

36, presso lo studio dell’avvocato MARIO MASSANO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FEDERICO BRESSAN;

– controricorrenti –

nonché contro

R.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2612/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dalla domanda proposta da B.G. nei confronti di Z.L.L., con cui chiese accertarsi la legittimità dell’atto di acquisto di un terreno, con scrittura privata autenticata dell’8.2.2007 e l’irrilevanza dell’atto di acquisto precedente del 18.11.2004, concluso tra la convenuta e R.R., avente ad oggetto lo stesso bene, perché effettuato a non domino.

Z.L.L. si costituì in giudizio per chiedere il rigetto della domanda e la chiamata in causa del venditore R.R.; in via riconvenzionale, chiese dichiararsi l’usucapione speciale del terreno.

Il Tribunale di Belluno rigettò la domanda dell’attrice e, in accoglimento della riconvenzionale dichiarò Z.L. proprietaria esclusiva del terreno oggetto causa.

La sentenza venne confermata dalla Corte d’appello di Venezia. La Corte distrettuale rigettò la censura relativa all’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari del terreno in quanto la B. non aveva indicato nominativamente i litisconsorti pretermessi.

Nel merito, venne accertato che il R. aveva esercitato il possesso sin dal suo acquisto, risalente al 1977 ed aveva trasferito il possesso alla Z., sulla base dell’atto di vendita per notar C. del 19.11.2004.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.G. sulla base di cinque motivi.

Z.L.L. ha resistito con controricorso.

R.R. non ha svolto attività difensiva.

In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità delle sentenze di primo e secondo grado per violazione dell’art. 102 c.p.c. e art. 1159 bis c.c. e della L. n. 346 del 1976, art. 3, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dei titolari del diritto di proprietà, iscritti nei pubblici registri, la cui individuazione sarebbe desumibile dalla documentazione allegata al processo.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

La domanda diretta all’accertamento della usucapione di un bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata perché comporta l’accertamento di una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente (comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in contraddittorio di ogni interessato (Cassazione civile sez. II, 14/06/2018, n. 15619).

Questa Corte ha, tuttavia precisato che, in caso di accertamento dell’usucapione in danno di più proprietari, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell’integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare al riguardo l’esercizio dei poteri officiosi del giudice, stante l’irrilevanza per lo stesso della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l’assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi (Cassazione civile sez. H, 26/09/2019, n. 24071).

La necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i comproprietari di un bene oggetto di domanda di usucapione è funzionale, in primo luogo, alla tutela dei comproprietari, onde consentire loro di difendersi in un giudizio di accertamento di una situazione giuridica confliggente con quella preesistente (cfr. Cass. 5559/94); in secondo luogo, alla tutela dello stesso attore, onde impedire che, all’esito del giudizio, la sentenza che riconosca il diritto dal medesimo azionato risulti inutiliter data, in quanto inopponibile ai litisconsorti necessari pretermessi;

Ne consegue che, qualora il giudizio di secondo grado si sia concluso con il rigetto della domanda di usucapione, non può ritenersi sussistente alcun interesse alla rinnovazione del giudizio in contraddittorio con i comproprietari pretermessi.

Come si argomenta in motivazione, l’integrazione del contraddittorio si traduce in un abuso del processo, oltre ad essere contrario al principio di ragionevole durata dello stesso ai sensi dell’art. 111 Cost.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., dell’art. 16 c.p.c. e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito erroneamente valutato le deposizioni testimoniali, attribuendo credibilità a testi non attendibili che avrebbero riferito non circostanze di fatto in ordine al possesso ma espresso giudizi di valore. Inoltre, il giudice d’appello avrebbe attribuito valenza probatoria all’attività di coltivazione del fondo, inidonea a provare l’animus possidendi.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omessa motivazione sul possesso ad usucapionem da parte del R., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che era stato oggetto di discussione tra le parti per l’inattendibilità delle dichiarazioni testimoniali poste a fondamento della decisione.

Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2943 c.c. e dell’art. 2944 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte distrettuale attribuito efficacia interruttiva dell’usucapione alla dichiarazione resa dall’usucapiente innanzi all’Ispettorato dell’Agricoltura (con la quale aveva riconosciuto la necessità di dividere il bene con chi non risultava intestatario per l’impossibilità di un godimento collettivo) ed alla procura a vendere rilasciata dai proprietari D.V.U. e Ro.Fl. in favore del R.R., che dimostrerebbe la consapevolezza della titolarità del diritto reale in capo a mandanti.

Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1159 bis, 2651 c.c. e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte di merito specificato se avesse accolto la domanda riconvenzionale della Z. o del R..

I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.

La Corte di merito ha accertato che il R. aveva avuto la disponibilità materiale del terreno sin dall’atto di acquisto, avvenuto nel 1977, sebbene non trascritto, e di averne disposto in favore della Z. con l’atto di vendita del 2004.

Correttamente, la Corte di merito ha ritenuto che non rilevasse, ai fini dell’interruzione dell’usucapione l’indicazione del terreno nella denuncia di successione di V.U. e Ro.Fl. né la procura a vendere in suo favore, che, trattandosi di atto unilaterale recettizio non richiedente accettazione, non rilevava ai fini del difetto dell’animus possidendi.

I motivi articolati in ricorso, lungi dal censurare la violazione o la falsa applicazione della norma regolatrice, censurano la valutazione del materiale probatorio, sia sotto il profilo della attendibilità dei testi, sia attribuendo rilievo ad alcuni elementi di prova rispetto ad altri.

Si tratta di valutazione affidata all’apprezzamento del giudice di merito, che, nell’esercizio della valutazione delle prove, può dare maggior rilievo ad un elemento di prova piuttosto che ad un altro, salvo che venga omesso l’esame di un fatto storico decisivo per il giudizio, censurabile nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sezioni Unitre N. 8054/2014).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 4100,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge, iva e cap come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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