Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6341 del 16/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 16/03/2010), n.6341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29023/2006 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, STUMPO VINCENZO, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.E.;

– intimata –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il

18/11/2005 r.g.n. 2155/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Firenze, confermando la sentenza del Tribunale di Lucca, accoglieva la domanda di B.E. avente ad oggetto la condanna dell’INPS alla corresponsione della indennità di maternità, per il periodo di tre mesi ((OMISSIS)), di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 39 quater, lett. a), così come introdotto dalla L. n. 476 del 1998, art. 3, che aveva elevato a oltre i sei anni di età del minore il previsto limite ai fini del diritto all’astensione dal lavoro, negatole, in via amministrativa, sul presupposto che l’efficacia di detto art. 39 quater, era differita alla data dell’entrata in vigore della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993.

I giudici di appello ponevano a fondamento della decisione il rilievo che la L. n. 476 del 1998, nella parte in cui modificava il testo precedente, autorizzando l’astensione anche in caso di adozione di minore che avesse superato il sesto anno di età, non concretava una disposizione di attuazione della Convenzione, ma introduceva immediatamente un diversa regola sostanziale.

Avverso tale sentenza l’INPS ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.

Parte intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. 31 dicembre 1998, n. 476, art. 3 e art. 8, comma 3, nonchè dell’art. 10 disp. gen., comma 1.

Sostiene l’INPS che, da un punto di vista formale, l’individuazione del momento, normale o differito, dell’entrata in vigore di una norma non può discendere da un giudizio di valore sulla natura della norma stessa, ma solo ed esclusivamente da un fatto certo ed inequivocabile, segnato, nel caso di specie, dal tenore letterale del combinato disposto della L. n. 476 del 1998, art. 3, e art. 8, comma 3, che rende operante tutta la modifica del capo 1^, titolo 3^, della L. n. 184 del 1983, dall’entrata in vigore della Convenzione dell’Aja.

Richiama, poi, l’istituto ricorrente, il preambolo della Convenzione dell’Aja, nell’ambito del quale, l’art. 39 quater, appare la norma di chiusura delle disposizione di attuazione di detta convenzione.

La censura è infondata.

Invero, ben può ipotizzarsi che il legislatore nel rendere esecutiva in Italia, con la L. 31 dicembre 1998, n. 476, la Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, adottata a l’Aja il 29 maggio 1993, abbia previsto, nel disciplinare ex novo la materia, anche una normativa sostanzialmente innovativa della precedente legislazione, non strettamente inerente alla esecuzione della predetta Convenzione, al fine, appunto, di delineare una compiuta regolamentazione della materia.

Tanto deve ritenersi configurabile con riguardo all’ipotesi in esame in quanto, accanto ai precetti direttamente inerenti, in esecuzione della richiamata Convenzione, il procedimento, il legislatore del 1998 ha introdotto, nella precedente disciplina di cui alla L. 4 maggio 1983, n. 184, l’art. 39 quater, secondo il quale, per quello che interessa in questa sede, “1. Fermo restando quanto previsto in altre disposizioni di legge, i genitori adottivi e coloro che hanno un minore in affidamento preadottivo hanno diritto a fruire dei seguenti benefici :a) l’astensione dal lavoro, quale regolata dalla L. 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1, anche se il minore adottato ha superato i sei anni di età;”.

Questa norma, infatti, non riguardando direttamente il procedimento dell’adozione internazionale di cui alla citata Convenzione, non può essere considerata come resa in esecuzione di tale Convenzione, bensì adottata al fine precipuo di fornire una più completa disciplina dell’intera materia.

Consegue, pertanto, che proprio perchè non si tratta di disposizione di attuazione della Convenzione in parola, la stessa non ha efficacia, ai sensi della L. 31 dicembre 1998, n. 476, art. 8, comma 3, a partire dalla data di entrata in vigore della Convenzione stessa, bensì dalla scadenza del periodo di “vacatio legis” susseguente alla pubblicazione della legge che la prevede nella Gazzetta Ufficiale.

Tanto, del resto, trova conferma nell’art.9 della legge in esame che prevede la copertura finanziaria a decorre dal 1998 anche per il predetto art. 39 quater.

E’ corretta in diritto, pertanto, la sentenza impugnata nella quale i giudici di appello hanno ritenuto che la L. 31 dicembre 1998, n. 476, nella parte in cui ha modificato il testo precedente autorizzando l’astensione anche in caso di adozione di minore che avesse superato il sesto anno di età, non concreta una disposizione di attuazione della Convenzione, ma introduce immediatamente un diversa regola sostanziale.

Sulla base di tali considerazioni, quindi, il ricorso va respinto.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2010

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