Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6340 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28493-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.S.E.G., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO RONDINONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 290/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 25/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 25 maggio 2018 la Commissione tributaria regionale della Basilicata rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Matera che aveva accolto il ricorso proposto da D.S.E.G. contro l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, ai fini IRPEF ed IRAP, aveva rettificato il reddito di impresa dichiarato per l’anno 2009 in relazione a spese di pubblicità considerate antieconomiche e non inerenti ed aveva, altresì, ripreso a tassazione un credito IVA ritenuto non spettante e portato in detrazione per la medesima annualità. Riteneva la CTR che l’Amministrazione finanziaria avesse violato l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, previsto per ogni tipo di procedimento tributario. Con riguardo alla antieconomicità delle operazioni di pubblicità di una squadra dilettantistica contestata al contribuente, osservava che l’Ufficio aveva fornito mere congetture e presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, sfornite quindi di valore probatorio.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 26 settembre 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il contribuente.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Il contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per avere erroneamente la CTR ritenuto che, nel caso di specie, concernente un accertamento c.d. “a tavolino”, sussistesse l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale.

Il motivo è fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, hanno chiarito che l’ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è circoscritto ai soli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente, non essendo espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario e non trovando quindi applicazione al di fuori delle ipotesi esplicitamente previste. Ciò comporta che l’Ufficio, al di fuori di tali ipotesi, “può emettere l’avviso di accertamento anche in assenza di un processo verbale che attesti la chiusura dell’attività istruttoria, in difetto di norme che impongano un obbligo di verbalizzazione e laddove sia prevista una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente prima dell’emissione dell’accertamento” (cfr. anche, tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2016, n. 10904; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2016, n. 8000; Cass. sez. sez. 6-5, ord. 15 aprile 2016, n. 7600; Cass. sez. 6-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20849).

Le stesse Sezioni Unite hanno posto poi la basilare distinzione, riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione Europea, chiarendo che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (nella successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943).

Nel caso di specie, è pacifico che si sia trattato di accertamento c.d. “a tavolino”, espletato autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici, per il quale non sussiste l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale.

Per quanto concerne l’IVA, va demandato al giudice del rinvio l’accertamento in merito alla prospettazione da parte del ricorrente di un esito diverso del procedimento qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 t.u.i.r., per avere la CTR ritenuto che l’Amministrazione finanziaria non avesse fornito la prova dell’antieconomicità delle operazioni di pubblicità poste in essere dal contribuente.

Il motivo è fondato.

La fattispecie rientra nell’ambito di applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, il quale prevede che: “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonchè di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 Euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’art. 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917”. Come già precisato da questa Corte (Cass. n. 5720/2016; Cass. n. 14232/2017), tale norma agevolativa ha introdotto una “presunzione legale assoluta” circa la natura pubblicitaria e non di rappresentanza di dette spese di sponsorizzazione, ponendo tuttavia precise condizioni per la sua applicabilità e precisamente che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale.

Orbene, la CTR ha del tutto obliterato la menzionata disposizione di legge, limitandosi ad affermare, in modo generico ed apodittico, che l’Amministrazione aveva fornito mere congetture e presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, omettendo di valutare la ricorrenza, nella fattispecie, delle condizioni di applicabilità della norma suddetta.

Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., per avere la CTR confermato l’annullamento in toto dell’avviso di accertamento, senza pronunciarsi sul rilievo concernente l’indebita detrazione dell’IVA per mancata applicazione del “pro rata”.

La censura è fondata, avendo la CTR omesso qualsiasi decisione sulla questione, ritualmente proposta dall’Ufficio in sede di appello.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi svolti dal controricorrente anche in memoria, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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