Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 634 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. I, 15/01/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 15/01/2020), n.634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31667-2018 r.g. proposto da:

M.K.U., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Marilena Cardone, presso il cui studio è elettivamente domiciliato

in Roma, Via Chisimaio n. 29;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, depositato 26.9.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3/12/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da M.K.U., cittadino del (OMISSIS), dopo il diniego della richiesta protezione da parte della commissione territoriale – ha rigettato la domanda della ricorrente, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha, in primo luogo, ritenuto non necessaria l’audizione del richiedente, fissando, tuttavia, l’udienza di comparizione delle parti per l’assenza della videoregistrazione dell’audizione resa in sede amministrativa. Il tribunale ha, poi, ricordato che il ricorrente aveva narrato: 1) di essere nato a (OMISSIS) il (OMISSIS), di essere di etnia (OMISSIS) e di religione (OMISSIS), e di aver fatto ingresso in Italia l’8 aprile 2014; 2) di essere stato costretto ad abbandonare il proprio paese di origine per il timore di essere ucciso da usurai, in seguito ad un prestito contratto dal padre.

Il tribunale ha, dunque, ritenuto che: a) il racconto del richiedente non fosse credibile, sia in ragione di anomalie cronologiche nella successione degli eventi raccontati dal ricorrente, sia in ragione di evidenti contraddizioni interne al narrato; b) non ricorressero, comunque, i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto la vicenda narrata non era riconducibile ai motivi di cui all’art. 1 della Convenzione di Ginevra, essendo stato allegato che, in realtà, le ragioni della fuga dalla (OMISSIS) erano stata determinate da motivazioni di carattere prettamente economico, e cioè dal mancato pagamento di un debito contratto dal padre del richiedente; c) non era fondata neanche la domanda rivolta al riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, posto che non risultava che il ricorrente fosse stato attinto da vicenda giudiziaria passibile di condanna; d) non poteva riconoscersi neanche la richiesta protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c D.Lgs. sopra citato, in quanto, dalla consultazione delle fonti di conoscenza internazionale, non emergeva che il (OMISSIS) era interessato da fenomeni di violenza indiscriminata e generalizzata; e) non era fondata neanche la domanda indirizzata ad ottenere la protezione umanitaria, atteso che lo svolgimento di attività lavorativa in Italia da parte del richiedente non rappresentava circostanza di per sè decisiva al fine di evidenziare una situazione di vulnerabilità soggettiva da proteggere con il rilascio del richiesto permesso di soggiorno, e ciò a maggior ragione, nel caso di specie, ove era emerso, per stessa ammissione del ricorrente, che quest’ultimo poteva contare su una rete protettiva familiare in caso di possibile rientro in patria.

2. Il decreto pubblicato il 26.9.2018, è stato impugnato da M.K.U. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 – si duole del diniego della richiesta protezione internazionale, nonostante il racconto della sua vicenda personale fosse stato dettagliato e circostanziato, in ordine alle ragioni che lo avevano costretto ad espatriare. Si denuncia l’erronea valutazione da parte del tribunale del profilo della credibilità soggettiva del richiedente, valutazione che non aveva preso in considerazione sia la situazione familiare del richiedente che la condizione di pericolosità interna del (OMISSIS). Si evidenzia, altresì, un ulteriore profilo di violazione di legge in relazione alla mancata audizione del ricorrente, nonostante la necessità istruttoria di approfondire la valutazione in ordine alla credibilità del ricorrente, su cui già la commissione territoriale aveva espresso un giudizio negativo.

2. Con il secondo mezzo si articolo vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Si osserva che il giudice del merito era venuto meno al suo obbligo di cooperazione istruttoria, al fine di accertare la situazione oggettiva interna del paese di provenienza del richiedente, posto che il (OMISSIS) è interessato da fenomeni di violenza generalizzata.

3. Con il terzo motivo si deduce vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria. Si evidenzia un’erronea valutazione da parte del tribunale della condizione di personale vulnerabilità del richiedente e della situazione interna del (OMISSIS), circostanze quest’ultime che, se fossero state correttamente scrutinate nella fase di merito, avrebbero consentito il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

4. Il ricorso è infondato.

4.1 Il primo motivo presenta, in parte, profili di infondatezza e, in altra parte, profili di inammissibilità.

4.1.1 In ordine ai primi, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di indisponibilità della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, salvo che il richiedente non abbia dichiarato di non volersi avvalere del supporto contenente la registrazione del colloquio (Sez. 6, Ordinanza n. 14148 del 23/05/2019).

Ne consegue che la mancanza di videoregistrazione determina l’obbligo della fissazione della udienza di comparazione delle parti e non già quello dell’audizione del richiedente.

Ciò posto, risulta circostanza non controversa (e di cui si dà atto, peraltro, nello stesso provvedimento impugnato) quella secondo cui il tribunale aveva comunque fissato l’udienza di comparizione delle parti, omettendo, tuttavia, l’audizione del ricorrente, per averla ritenuta non indispensabile ai fini della decisione.

4.1.2 Per il resto le censure avanzate dal ricorrente si presentano come inammissibili, giacchè le stesse sono a volte a richiedere alla corte di legittimità una nuova valutazione del profilo di credibilità soggettiva del ricorrente, profilo, quest’ultimo, sul quale il tribunale ha argomentato in modo diffuso e scevro da criticità argomentative e in ordine al quale questa corte non può ripetere valutazioni di merito che le sono inibite. Sul punto, il tribunale ha evidenziato gravi anomali nella ricostruzione cronologica degli eventi narrati e della loro successione nel tempo (soprattutto in riferimento agli spostamenti del ricorrente, prima del suo arrivo in Italia) e non può, ora, il ricorrente pretendere una nuova valutazione delle sue dichiarazioni per accreditare un nuovo giudizio innanzi alla Corte di cassazione del profilo di credibilità del racconto.

4.2 Il secondo motivo di censura è del pari inammissibile in quanto rivolto, anche in questo caso, a richiedere alla corte di legittimità una nuova valutazione di merito in ordine alle condizioni interne del (OMISSIS), sul quale invece la motivazione impugnata ha correttamente argomentato, escludendo una condizione di violenza diffusa e generalizzata, sulla base delle informazioni raccolte tramite la consultazione di aggiornate fonti di conoscenza internazionale.

4.3 Il terzo motivo è inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione e perchè, anche in questo caso, versato in fatto.

Ne consegue la complessiva infondatezza del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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