Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 634 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. II, 12/01/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 12/01/2011), n.634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

EDILVICARI s.n.c – Impresa di Costruzioni di Vincenzo e Salvatore

Vicari, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale, dagli Avv.

Vallerga Mauro e Angelini Isabella, elettivamente domiciliata presso

lo studio di quest’ultima in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;

– ricorrente –

contro

A.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Fiorino Lucio e

Dieci Umberto, elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo

in Roma, via Oslavia, n. 14;

– controricorrente –

e contro

M.M.P.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 487 del 18

aprile 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5

novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Isabella Angelici;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Russo Libertino Alberto, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 23 luglio 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 18 aprile 2007, la Corte d’appello di Genova, accogliendo il gravame interposto da A.G. e M.M.P. nei confronti della s.n.c. Edilvicari di Vincenzo Vicari e Salvatore Vicari avverso la sentenza del Tribunale di Savona, ha dichiarato che il confine tra le proprietà delle parti è quello risultante dalla mappa catastale in forza dell’atto di frazionamento n. 2826 del 1985.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la s.n.c. Edilvicari ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Ha resistito, con controricorso, A.G., mentre l’altra intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 950 e 1362 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il secondo mezzo prospetta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Entrambe le censure sono inammissibili perchè il primo motivo non si conclude con la formulazione di idoneo quesito di diritto ed il secondo difetta del quesito di sintesi, l’uno e l’altro prescritti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.

In particolare, non è quesito idoneo quello, relativo al n. 1, che si trova esposto nelle conclusioni: “accerti la Corte suprema di cassazione se vi è stata violazione dell’art. 950 c.c. in relazione alla valutazione e/o graduazione dei mezzi di prova ammessi da tale norma al fine di determinare l’esatto posizionamento del confine tra due fondi”.

Invero, questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Ses. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640).

Per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità travalicando la risoluzione della singola controversia – – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità: donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non ai concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma.

Il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153). Nella specie, il quesito non si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnate, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una. decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria della ricorrente.

Considerata che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che i rilievi critici esposti nella memoria illustrativa delle ricorrenti non colgono nel segno;

che il primo motivo contiene, sì, il quesito di diritto, ma esso è manifestamente inidoneo, perchè non consente in alcun modo a questa Corte di comprendere, dalla lettura della soia sintesi interrogativa, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice del merito e quale sia, secondo la prospettazione della ricorrente, la regola da applicare;

che il secondo motivo di ricorso non rispetta l’obbligo, previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366-bis cod. proc. civ., catione temporis applicabile, in ordine alla proposizione della censura riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, di indicare chiaramente – in modo sintetico, evidente ed autonomo, secondo l’univoca interpretazione della S.C. (da ultimo, Cass., sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680) – tanto il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria, quanto le ragioni per le quali la dedotta insufficienza e contraddittorietà della moti rasiere la rende inidonea a giustificare la decisione;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

Sommario

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