Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6338 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16022-2018 proposto da:

ECOMONT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ANGELO WALTER

CIMA, PIETRO COLUCCI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SAN MASSIMO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO MANCINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 944/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del MOLISE, depositata il 21/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 21 novembre 2017 la Commissione tributaria regionale del Molise rigettava l’appello proposto dalla ECOMONT S.p.A. (ora ECOMONT s.r.l.) avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Campobasso che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società contribuente contro gli avvisi di accertamento ICI con i quali il Comune di San Massimo aveva rettificato, in relazione agli anni 2004 e 2005, le rendite catastali degli immobili di proprietà della ricorrente. La CTR confermava la decisione di primo grado aderendo alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, sulla base della quale era stato rideterminato il valore dei beni.

Avverso la suddetta pronuncia, con atto del 18 maggio 2018, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di San Massimo.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 (ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2) per insufficienza della motivazione. Errores in procedendo nell’assunzione e valutazione della prova, artt. 191-201 c.p.c.”. Sostiene che la motivazione della sentenza impugnata è meramente apparente, avendo la CTR fatto acriticamente proprie le conclusioni del c.t.u., senza alcuna reale motivazione, con ciò violando le regole sulla correttezza dell’assunzione del mezzo di prova.

Con il secondo motivo si denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 5, comma 5”, per avere i giudici di merito ignorato le osservazioni alla consulenza tecnica d’ufficio formulate dalla società contribuente.

I due motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati.

Deve in questa sede ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016, conf. Cass. n. 14927 del 2017).

Va altresì rammentato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”; “L’art. 360 c.p.c., comma10, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 10, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 20, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”. (Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014).

Tanto premesso, ritiene il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata non rientri nei paradigmi negativi individuati nei menzionati arresti giurisprudenziali.

La CTR, difatti, ha recepito le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio rilevando che il c.t.u. aveva considerato la destinazione edificatoria ricadente nel programma di fabbricazione del Comune di San Massimo, suddividendo l’area in cinque zone le quali possedevano, alla stregua dei rilievi peritali, tutte le caratteristiche tecniche che oggettivamente qualificano tali aree come aree edificabili. Il valore di mercato ai fini ICI è stato ritenuto congruo in quanto determinato dal c.t.u. sulla base di consolidati parametri di calcolo.

Le censure mosse dalla ricorrente con riferimento alla valutazione delle risultanze della consulenza tecnica operata dal giudice di merito, in adesione alle risultanze dell’indagine peritale ed a fronte delle osservazioni tecniche formulate dalla società contribuente, pur prospettate quali ipotesi di violazione di legge, si risolvono nella denuncia di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, che si palesa inammissibile in quanto le doglianze non risultano dedotte in conformità dei criteri previsti nella summenzionata pronuncia delle Sezioni Unite.

Va, inoltre, richiamo il consolidato principio di diritto affermato con riferimento alla precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice a quo, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisivìtà e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass. n. 11482 del 2016, Cass., n. 16368 del 2014).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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