Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6333 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2022, (ud. 03/11/2021, dep. 25/02/2022), n.6333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22927-2016 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO RUSSO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LEOPOLDO SPEDALIERE;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, LUCIA PUGLISI che lo

rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2028/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/04/2016 R.G.N. 5304/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’

STEFANO visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis,

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Napoli ha accolto il gravame dell’INAIL e, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda di D.L., di condanna dell’Istituto al pagamento di Euro 10.643,53, a titolo di differenze economiche sulla rendita in godimento.

2. A fondamento del decisum, la Corte di appello ha osservato come l’INAIL avesse pagato il credito azionato.

3. In particolare, l’Istituto, con provvedimento del 2007, aveva corrisposto una somma comprensiva sia della rendita in conto capitale, liquidata ai sensi del T.U., art. 75, sia delle differenze rivendicate in causa, maturate per effetto di un aggravamento del grado di menomazione, giudizialmente accertato.

4. Avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione D.L., con un unico motivo, cui ha resistito l’INAIL con controricorso.

5. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in Camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, perché nessuno di essi ha chiesto la trattazione orale.

7. Con l’unico motivo di ricorso, D.L. deduce l’erronea interpretazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 75.

8. Assume che l’odierno giudizio riguarda la quantificazione di un credito nei confronti dell’Istituto, derivante dall’accertamento, in una precedente e diversa sede giudiziaria, del diritto alla rideterminazione della misura della rendita, per aggravamento dei postumi. Nello specifico, si discuterebbe delle differenze maturate sui ratei, dal momento del riconoscimento del maggior grado di inabilità permanente (nella misura del 14% e non dell’il%) e cioè dall’1.7.1995, fino all’introduzione del giudizio di quantificazione (anno 2006).

9. Per il ricorrente, la liquidazione del 2007, sulla cui base la Corte di merito avrebbe fondato la decisione, non sarebbe comprensiva del credito rivendicato. Il provvedimento contabile -che espressamente richiama il T.U., art. 75 – recherebbe come data di riferimento l’1.1.1996 e, pertanto, non potrebbe comprendere anche i ratei di rendita maturati dall’1.7.1995 al 30.6.2006.

10. Il calcolo dell’INAIL, alla data dell’1.1.1996, risulterebbe contrario ai criteri fissati dal T.U., art. 75, che impongono di attualizzare il credito al momento effettivo delle operazioni contabili di capitalizzazione (nella specie, dunque, al 2007).

11. Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità dei rilievi.

12. Come riportato nello storico di lite, la Corte di appello ha ritenuto che la somma versata dall’INAIL, nel 2007, fosse pienamente satisfattiva sia delle differenze economiche maturate sui ratei dall’1.7.1995 fino al 30.8.2006 (e dunque della pretesa oggetto di giudizio) sia della rendita in conto capitale, ai sensi del T.U., art. 75.

13. L’iter argomentativo, sia pure estremamente sintetico, soddisfa il cd. “minimo costituzionale”.

14. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014; Cass., sez. un., n. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un “error in procedendo” che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, non essendo invece più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione (Cass., sez. un., n. 14477 del 2015; ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. n. 31543 del 2018).

15. E’ stato, peraltro, precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016).

16. Per quanto sopra osservato, sul piano motivazionale, il provvedimento impugnato rispetta i limiti di legge. Parte ricorrente, piuttosto, con il motivo di ricorso, avrebbe dovuto sviluppare precise operazioni di calcolo idonee a dimostrare l’erroneità dei conteggi elaborati dall’INAIL e, di riflesso, utilizzati ai fini della decisione. Il prospetto contabile, riportato a pagina 12 del ricorso in cassazione, non accompagnato da ulteriori e più specifici dati contabili, non è sufficiente a comprovare la denunciata violazione del T.U., art. 75 (id est: del D.P.R. n. 1124 del 1965) e il (conseguente) mancato pagamento delle differenze economiche rivendicate fino al 2006.

17. Come noto, l’art. 75 cit. stabilisce che quando “(…) dopo la scadenza del decennio dalla costituzione della rendita, il grado di inabilità permanente residuato all’infortunato risulti determinato in maniera definitiva nella misura superiore al dieci e inferiore al sedici per cento, è corrisposta, ad estinzione di ogni diritto, una somma pari al valore capitale (…)”.

18. La norma delinea una fattispecie novativa dell’obbligazione avente ad oggetto la rendita, sostituendo ad una prestazione periodica una prestazione unica (v., ex multis, in motiv., Cass. n. 20082 del 2018)

19. Alla scadenza del decennio dalla costituzione della rendita ed in presenza delle altre condizioni di legge, l’Inail deve, cioè, sostituire alla rendita stessa, vale a dire alla obbligazione periodica, una somma capitalizzata ossia pagata una tantum, senza esercizio di alcuna scelta discrezionale.

20. E’ tuttavia possibile che al momento di detta scadenza – poiché la trasformazione della rendita in capitale non è effetto istantaneo ed automatico del trascorrere del decennio ma di un procedimento necessario e complesso, sia pure a carattere ricognitivo e officioso (v. Cass. n. 7142 del 2002) – contingenze materiali o situazioni giuridiche siano d’ostacolo alla liquidazione, la quale debba così essere ritardata.

21. In tale ipotesi, in caso cioè di liquidazione compiuta molti anni dopo la scadenza del decennio, gli elementi posti a base del calcolo andranno riferiti non a quelli esistenti al momento di scadenza del decennio o a quello di acquisizione di tutti gli elementi di fatto, bensì (a quelli esistenti) “al momento della liquidazione” (Cass. n. 20082 del 2018 cit. che richiama Cass. n. 2749 del 1984).

22. L’errore che viene imputato alla Corte di appello è quello di aver posto, a base della decisione, somme non correttamente attualizzate, perché riferite al 1996: di conseguenza, non comprensive di quanto richiesto.

23. L’affermazione, tuttavia, resta un mero enunciato teorico.

24. Come prospettate, le censure si pongono in violazione degli oneri di completezza imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, che impongono alla parte che ricorre in cassazione di fornire al giudice di legittimità tutti gli elementi necessari per avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne (ex plurimis, Cass. n. 19048 del 2016).

25. In definitiva, sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile con le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, che seguono la soccombenza.

26. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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