Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6332 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 25/02/2022), n.6332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 34350/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

AZIENDA TRASPORTI MILANESI SPA, CON SOCIO UNICO, ATM SPA,

rappresentata e difesa dall’avvocato Leonardo Perrone e

dall’avvocato Giuseppe Marini, elettivamente domiciliata in Roma,

via di Villa Sacchetti, n. 9, presso lo studio dell’avvocato

Giuseppe Marini.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA n. 1640/22/19,

depositata il 09/04/2019.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’08 febbraio

2022 D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8-bis,

convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere

Riccardo Guida.

Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale Troncone Fulvio ha

concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. ATM Servizi Spa, esercente il servizio di trasporto pubblico di persone affidatole dal Comune di Milano, fece istanza di rimborso della maggiore Irap indebitamente versata per l’annualità 2009, assumendo di avere diritto alla riduzione della relativa base imponibile dichiarata in applicazione del novellato D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4 (c.d. riduzione del cuneo fiscale). Al diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione finanziaria, che riteneva che la società operasse in regime di “concessione” e a “tariffa” e che, dunque, non presentasse i requisiti richiesti per fruire del beneficio, seguì il contenzioso, promosso dalla contribuente, e la C.T.P. di Milano, con sentenza n. 3626/2017, respinse la domanda.

2. La CTR della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, in riforma della decisione di primo grado, ha disposto il rimborso richiesto dalla società di trasporto pubblico locale, sul rilievo che la contribuente non operava in forza di un “rapporto concessorio remunerato a tariffa” (cfr. pag. 7 della sentenza).

3. L’Agenzia delle entrate ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza d’appello e la società resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato una memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (“1. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha esaminato il punto decisivo della controversia rappresentato dal fatto che ATM Spa, titolare della concessione del servizio di trasporto pubblico locale (come attestato dall’art. 3, secondo capoverso, del contratto di affidamento stipulato il 19/01/2007), svolgesse, nel 2009, il servizio pubblico assegnatole dal Comune di Milano tramite la propria controllata (partecipata al 100%) ATM Servizi Spa.

2. Con il secondo motivo (“2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1366 c.c.; e del D.Lgs. n. 163 del 2007, artt. 3 e 30, per avere la sentenza erroneamente qualificato come appalto di servizi, anziché come contratto di concessione di servizi, il contratto intercorso tra la A.T.M. Servizi s.p.a. ed il Comune di Milano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha erroneamente escluso sia la sussistenza di un rapporto concessorio con l’ente pubblico sia l’operatività del “regime della tariffazione”.

3. Con il terzo motivo (“3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 107 TFUE; del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4; del D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, artt. 17 e 19; della L.R. Lombardia n. 11 del 2009, art. 129, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha ravvisato la sussistenza del presupposto per l’agevolazione fiscale, in presenza di tariffa non remunerativa, perché i ricavi corrisposti dall’utenza non sarebbero idonei a coprire i costi del servizio, senza considerare che la legge nega il beneficio fiscale a condizione che l’impresa operi in base a “concessione” e “a tariffa”, sia quest’ultima remunerativa o meno.

4. Il primo motivo non è fondato.

4.1. Diversamente da quanto prospetta l’ufficio finanziario, il giudice di appello affronta la questione dell’interposizione da parte di ATM Spa della propria controllata ATM Servizi Spa nei rapporti negoziali con il Comune di Miliano e, infatti, prendendo atto di tale profilo giuridico, esclude la natura concessoria del contratto tra controllante (ATM Spa) e controllata (ATM Servizi Spa).

5. Il secondo e il terzo motivo sono infondati.

5.1. Sul tema della natura del rapporto tra ATM Spa e il Comune di Milano opera il giudicato esterno, giusta ordinanza sezionale 12/12/2019, n. 32633, con la quale, in relazione al rapporto negoziale inter partes, con riferimento all’impugnativa del diniego di rimborso Irap per il 2008, fondata sui medesimi presupposti di questo giudizio, questa Corte ha cassato con rinvio la pronuncia d’appello demandando al giudice di merito il compito di scrutinare se, dato il rapporto concessorio, la tariffa applicata dalla contribuente all’utenza sia remunerativa, ossia idonea a generare un profitto.

5.2. A proposito del giudicato esterno giova rammentare quanto chiarito da Cass. 20/04/2016, n. 7888 (cui dà continuità tra le altre Cass. 22/11/2021, n. 35983), e cioè che “La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’esistenza di un giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, pure nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Ciò in quanto il giudicato è un elemento che non può essere incluso nel fatto e, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti ma, mirando a evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive (SS.UU. n. 13916 del 2006; SS.UU. n. 14011 del 2007; SS.UU. n. 26041 del 2010; SS.UU. n. 6102 del 2014).”.

5.3. Così composta la cornice negoziale di riferimento – e da questo punto di vista la motivazione della sentenza d’appello va corretta in ragione del fatto che il giudice a quo (prima di soffermarsi sul tema della remunerativà o meno della tariffa) nega che ricorra il requisito giuridico impeditivo del beneficio fiscale, di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, dell’impresa operante in “concessione” – per il resto la statuizione della C.T.R. è conforme a diritto.

Infatti, la C.T.R. reputa illegittimo il diniego della riduzione del cuneo fiscale ai fini dell’Irap anche perché l’impresa di trasporto pubblico locale non applicava una tariffa complessivamente remunerativa dei costi sostenuti per la gestione del servizio. Quest’ultimo aspetto, per la Commissione regionale, emerge dai bilanci in atti che evidenziano introiti da tariffa per Euro 2.004.446,67, a fronte di costi per Euro 119.823.224, con l’ulteriore precisazione che neppure il contributo erogato dalla Regione era sufficiente a coprire i costi di gestione, sicché l’applicazione del cuneo fiscale non determinava alcuna “sovracompensazione” a favore della contribuente.

5.4. Lo snodo argomentativo della sentenza d’appello, attinente a profili meritali insindacabili nel giudizio di cassazione, per di più esenti da specifica censura, fa propria la giusta interpretazione del concetto di “tariffa”, già accolta dalla pubblica amministrazione e ribadita dalla Commissione Europea, con Decisione 12/09/2007 C(2007) 4133, def., in tema di legittimità o meno della riduzione della base imponibile dell’Irap (c.d. cuneo fiscale), a favore di alcune imprese, con esclusione dal beneficio (per quanto adesso rileva) delle imprese operanti nei pubblici servizi. E’ stato precisato da questa Corte (Cass. n. 32633/2019, cit.; in senso conforme, in motivazione, Cass. 11/08/2020, 16889; 14/10/2020, n. 22156; Cass. 22/10/2021, n. 29504; Cass. 15/09/2021, n. 24977; Cass. 22/12/2021, n. 41282) che “L’Agenzia delle entrate (circ. 19/11/2007, n. 61/E: deduzioni dalla base imponibile Irap – riduzione del cuneo fiscale) ha chiarito che la misura agevolativa non si applica alle imprese che svolgono attività “regolamentata” (cc.dd. “public utilities”), ossia a tutti quei soggetti che svolgono la propria attività (sotto il profilo giuridico) in forza di una concessione traslativa (con la quale l’ente pubblico conferisce ad un soggetto privato diritti o potestà inerenti (a) un’attività economica in origine riservata alla pubblica amministrazione e che, tuttavia, questa non intenda esercitare direttamente), ricevendo (sotto il profilo economico) un corrispettivo costituito da una tariffa, ossia da un prezzo fissato o regolamentato dalla pubblica amministrazione in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione; la Commissione Europea (dec. 12/09/2007 C(2007) 4133, def.) ha riconosciuto la legittimità dell’esclusione del beneficio fiscale, nei confronti delle public utilities, prendendo atto che: (p. 33.) “le autorità italiane hanno giustificato l’esclusione sostenendo che essa ha lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione generata dalla misura in quanto l’attuale livello delle tariffe è stato determinato tenendo conto dell’onere Irap prima della riforma, ossia senza le deduzioni dalla base imponibile introdotte dalla misura. In effetti i pubblici servizi interessati sono soltanto quelli operanti in settori nei quali si tiene già interamente conto dell’onere fiscale nella determinazione della tariffa. (p. 34.) Inoltre, per quanto riguarda il futuro, le autorità italiane si sono impegnate a far sì che l’esclusione non determini né vantaggi né svantaggi per i pubblici servizi in quanto i costi fiscali continueranno a essere presi in considerazione. Per questi motivi l’esclusione dei pubblici servizi operanti in concessione e a tariffa non determinerà un vantaggio o uno svantaggio selettivo.”; per questa ragione, tenuto conto della neutralità dell’esclusione del beneficio fiscale rispetto ai servizi pubblici operanti in concessione e a tariffa, la Commissione Europea ha negato che la misura costituisse aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune, ai sensi del trattato CE, art. 87, p. 1; a giudizio di questa Corte la necessità d’intendere il criterio normativo della “tariffa” come “tariffa remunerativa”, ossia capace di generare un profitto, è coerente con la ratio giustificatrice del c.d. cuneo fiscale: consentire, indiscriminatamente, a tutte le imprese operanti nel settore dei pubblici servizi di fruire delle deduzioni Irap darebbe luogo a un utile insperato, genererebbe cioè quella sovracompensazione (secondo la terminologia dell’Amministrazione finanziaria) capace di frustrare l’obiettivo perseguito dall’autorità di regolamentazione con la fissazione delle tariffe; per converso, escludere dal beneficio fiscale le imprese del settore che applicano una tariffa non remunerativa, causerebbe uno svantaggio selettivo, ossia un pregiudizio economico del tutto ingiustificato.”.

5.5. Il nesso imprescindibile tra l’esclusione del beneficio fiscale nei confronti delle imprese operanti nel settore del trasporto pubblico locale e la necessità che queste ultime applichino una “tariffa remunerativa”, ravvisato dalla sentenza d’appello, (come accennato al p. 5.1.) è stato espressamente riconosciuto e puntualmente definito da Cass. n. 32633 del 2019, resa tra le stesse parti in relazione all’impugnativa del diniego di rimborso Irap per il 2008, alla stregua del principio di diritto, secondo cui “In tema di Irap, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in applicazione delle deduzioni introdotte dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 266 (cd. riduzione del cuneo fiscale prevista dalla legge finanziaria 2007), che ha modificato del D.Lgs. n. 446 del 1997, l’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (cd. “public utilities”) in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la “ratio” giustificatrice del cd. cuneo fiscale.”.

5.6. In altri termini, la compresenza dei due presupposti (quello giuridico e quello economico), preclusivi del beneficio fiscale, ne chiarisce la ratio, che è quella di scongiurare il vantaggio che ne trarrebbe l’impresa che, in regime concessorio, riceva già il corrispettivo rappresentato dalla tariffa (di regola corrisposta dall’utenza). Ove tale tariffa (fissata dalla pubblica amministrazione e non dipendente dal mercato) fosse altresì remuneratoria e compensativa del servizio prestato, aggiungere ad essa anche la riduzione del cuneo fiscale darebbe luogo all’indicata “sovracompensazione”.

5.7. Occorre altresì aggiungere che soltanto la tariffa remunerativa, nell’accezione fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità e desumibile dalla Decisione della Commissione Europea, vale ad escludere dal beneficio fiscale le imprese operanti in regime di concessione, senza che, al medesimo fine, possa tenersi conto di ulteriori corrispettivi (di natura latamente tariffaria, in quanto fissati dalle pubbliche amministrazioni) determinati genericamente in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione del pubblico servizio. Infatti, la tesi di una “tariffa ampliata” non sarebbe coerente con la corretta esegesi dell’art. 11, che esclude l’agevolazione fiscale soltanto per le imprese operanti in determinate settori a tariffa, “remunerativa”, che tenga conto del costo fiscale dell’Irap, secondo i dettami della Commissione Europea e in aderenza a quanto era stato rappresentato dal Governo italiano nelle interlocuzioni presso la medesima Istituzione unionale (cfr., su questo specifico tema, Cass. 22/12/2021, n. 41282, in materia di agevolazione Irap a favore di un’impresa di gestione di strutture ospedaliere e sociosanitarie).

6. Non è fondata e va rigettata la richiesta dell’Agenzia, contenuta nella memoria depositata per la pubblica udienza, che sollecita la rimessione alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, comma 3, della questione pregiudiziale se dell’agevolazione in esame, anche alla luce degli argomenti esposti nella citata Decisione della Commissione, possa porsi in contrasto con il divieto di aiuti di Stato, di cui all’art. 107 TFUE e, comunque, di sovracompensazione delle imprese di trasporto pubblico, nei termini precisati dalla sentenza “Altmark” (cfr. C. giust., 24/07/2003, Altmark Trans GmbH e a., C-280/00).

6.1. Innanzitutto, merita ricordare che l’oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta alla Corte di giustizia deve riguardare l’interpretazione o la validità del diritto dell’Unione, e non (come nel caso di specie pare sostanzialmente intendere l’ufficio finanziario) l’interpretazione delle norme del diritto nazionale o questioni di fatto sollevate nel procedimento principale (così C. giust., Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale, 2018/C 257/01, in Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 20/07/2018).

6.2. In secondo luogo, per la giurisprudenza di questa Corte “(…) non v’e’ diritto della parte all’automatico rinvio pregiudiziale ogniqualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive (Cass., S.U., 08/07/2016, n. 14043), bastando che le ragioni siano espresse (Corte EDU, in caso Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio), ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata (Corte EDU, in caso Wind Telecomunicazioni c. Italia, p. 36), ovverosia quando l’interpretazione della norma e del caso siano evidenti (Cass., S.U., 24/05/2007, n. 12067). Infatti, un organo giurisdizionale di ultima istanza non è tenuto a presentare alla Corte di giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale (art. 267 TFUE, comma 3), qualora esista già una giurisprudenza consolidata in materia o qualora la corretta interpretazione della norma di diritto di cui trattasi non lasci spazio a nessun ragionevole dubbio (Raccomandazioni 2016. C. – 439.01, p. 6)” (Cass. Sez. U., 19/06/2018, n. 16157, in motivazione, p. 5.5.; nello stesso senso, tra le tante, Cass. 07/06/2018, n. 14828; Cass. 16/06/2017, n. 15041, secondo cui il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea presuppone il dubbio interpretativo su una norma comunitaria, che non ricorre allorché l’interpretazione sia auto-evidente oppure il senso della norma sia già stato chiarito da precedenti pronunce della Corte, non rilevando, peraltro, il profilo applicativo di fatto, che è rimesso al giudice nazionale). Ed anche la Corte costituzionale (sentenza n. 28 del 2010, in motivazione al p. 6) ha ritenuto che sia da escludere il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, non “necessario quando il significato della norma comunitaria sia evidente, anche per essere stato chiarito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia”. A queste considerazioni si aggiunga che, sempre secondo la Corte di giustizia (C. giust., 06/10/1983, Cilift e a., C-283/81; C. giust., 05/04/2016, C-689/13, Puligienica Facility Esco. Nello stesso senso, cfr. C. giust., 28/07/2016, C-379/15, Association France Nature Environnement; C. giust., 06/10/2021, C-561/19), viene meno l’obbligo di rinvio pregiudiziale allorquando la corretta applicazione del diritto dell’Unione Europea si imponga con una evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da fornire alla questione sollevata (c.d. teoria dell’acte clair).

6.3. Nel caso di specie, secondo la prospettiva erariale, il riconoscimento dell’agevolazione Irap a favore della contribuente, anche alla luce dei dettami della Decisione della Commissione, costituirebbe un aiuto di Stato, contrario al divieto dell’art. 107 TFUE, poiché darebbe luogo ad un’inammissibile sovracompensazione.

6.4. Chiarisce Cass. 22/12/2021, n. 41282, che “le decisioni adottate dalla Commissione UE, nell’ambito delle funzioni a essa conferite, ancorché prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione del diritto Euro unitario, sia pure limitatamente ai rapporti giuridici tra privati e pubblici poteri (cd. efficacia verticale) e, pertanto, vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla cognizione dello stesso, sicché è preclusa ogni ulteriore discussione e contestazione relativa all’illegittimità o invalidità delle valutazioni compiute dalla istituzione comunitaria (Cass., Sez. VI, 21 maggio 2018, n. 12393; Cass., Sez. V, 19 gennaio 2018, n. 1325 (Cass., Sez. V, 3 febbraio 2010, n. 2428). Detta vincolatività sussiste non solo nel caso in cui la Commissione abbia ravvisato la denunciata violazione, ma anche nel caso in cui la Commissione medesima abbia escluso il contrasto della normativa nazionale con le prescrizioni del Trattato (Cass., Sez. I, 17 novembre 2005, n. 23269), costituendo la valutazione data dalla Commissione UE della disposizione di diritto interno la cifra alla quale va adeguata l’esegesi della medesima disposizione, ove incida sul libero mercato per effetto di misure di sostegno finanziario attribuite con risorse pubbliche o con sgravi fiscali. Ciò che rileva, sotto questo aspetto, è che le misure siano idonee ad attribuire un vantaggio economico alle imprese operanti sul territorio dello Stato ex art. 107 TFUE, misure che la Commissione UE valuta, volta per volta, nel contraddittorio con lo Stato interessato (art. 108 TFUE) e in relazione alle quali lo Stato interessato si impegna alla loro applicazione nei termini illustrati davanti alla Commissione.”.

6.5. Ebbene, alla stregua delle considerazioni che precedono e tenuto conto dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito (cfr. p. 5.3.), a giudizio di questa Corte è palese, ed è coerente con la Decisione della Commissione, che non realizza un aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune, il riconoscimento dell’abbattimento del cuneo fiscale, ai fini dell’Irap, (per quanto qui interessa) a favore delle imprese del settore dei trasporti che non operino in concessione e a tariffa, per la neutralità dell’esclusione di queste ultime dalla medesima agevolazione ed in ragione del fatto che (come prescrive la Decisione della Commissione) non si determina alcun vantaggio o svantaggio selettivo. E ciò perché la tariffa applicata dall’ente che opera in concessione è di per sé idonea a scontare il peso dell’Irap, sicché la public utility è in condizione di concorrere ad “armi pari” con le altre imprese del medesimo settore, alle quali invece il beneficio fiscale si applica.

6.6. Per simmetriche ragioni resta assorbita l’istanza (subordinata) della controricorrente di sospensione del giudizio e di rimessione all’esame della Corte di giustizia della questione se, alla luce della Decisione della Commissione Europea 12/09/2007 C(2007) 4133, def., l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate (risoluzione n. 358 del 24 settembre 2008), che esclude dal beneficio fiscale l’intero comparto del trasporto pubblico locale (ivi compresa la stessa ricorrente), determinando uno svantaggio selettivo, si ponga in contrasto con l’art. 107, TFUE, e sia perciò illegittima.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

8. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00, a titolo di compenso, Euro 200,00, per esborsi, oltre al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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