Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6331 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 25/02/2022), n.6331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14781/2017 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato FABIO MARIANTONI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SALVATORE ORLANDO;

– ricorrente –

contro

D.Q.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6780/2016 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 20/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con atto pubblico del 2 febbraio 2004 D.Q.M. acquistò da G.L. un appartamento nello stabile di (OMISSIS).

2. In data 8 aprile 2004 l’ex portiera di tale stabile, G.L.P., introdusse una causa nei confronti del Condominio per crediti maturati nel corso del rapporto di lavoro, protrattosi dall’01/10/1981 al 30/04/2003.

3. Con sentenza depositata il 26 marzo 2010, il tribunale di Palermo condannò il Condominio a pagare Euro 12.349,49 alla signora L.P..

4. Con delibera del 28 gennaio 2011 il Condominio ripartì la suddetta somma tra i condomini in base alla tabella relativa al servizio di portierato e, conseguentemente, la signora D.Q. versò al Condominio la somma di Euro 4.035,60.

5. Con citazione davanti al Giudice di Pace di Palermo la signora D.Q. richiese giudizialmente il rimborso della suddetta somma alla signora G., la quale resistette alla domanda. L’adito Giudice di Pace rigettò la domanda attorea.

6. Il Tribunale di Palermo, investito dell’appello della signora D.Q., riformò la sentenza di prime cure e, in integrale accoglimento della domanda dell’appellante, condannò la signora G. a versare a costei la somma dalla stessa giudizialmente richiesta.

7. A fondamento della propria decisione il Tribunale ha rilevato che l’esborso sostenuto dal Condominio a favore di G.L.P. traeva titolo da crediti che quest’ultima aveva maturato quando la proprietaria dell’immobile era G.L. e non d.Q.M..

8. La signora G. ha chiesto la cassazione della sentenza del Tribunale sulla scorta di due motivi.

9. d.Q.M. è rimasta intimata.

10. La causa è stata decisa nell’adunanza camerale del 7 dicembre 2021, per la quale parte ricorrente il depositato una memoria.

11. Col primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si denuncia la “nullità della sentenza per omessa, Insufficiente e contraddittoria motivazione su vari fatti decisivi della controversia oggetto di discussione tra le parti” (rubrica del motivo, pag. 12 del ricorso). Afferma la ricorrente che “l’iter logico-motivazionale della statuizione oggi giustamente soggetta a gravame (…) risulta in radice viziato dal non avere, il giudice d’appello, in primo luogo considerato un fatto decisivo, e cioè che il presupposto causale della spesa in questione (…) non è il servizio di portierato” (pag. 12 par. 2.1 del ricorso), bensì la sentenza giuslavoristica di condanna e la successiva delibera assembleare. Sostiene la ricorrente che, non essendo pacifico che la portiera fosse creditrice delle somme che poi il giudice del lavoro le riconobbe, il di lei credito sarebbe sorto con la sentenza giuslavoristica; con la conseguenza che a dover sostenere la spesa sarebbe stata la D.Q., proprietaria nel momento in cui fu resa tale pronuncia.

Ad ulteriore ragione di illogicità si deduce il fatto che la ricorrente non fu proprietaria per tutto l’arco temporale in cui maturò il credito azionato in giudizio dalla portiera ma per un tempo minore; sicché, stando all’iter logico della stessa sentenza gravata, ella non avrebbe dovuto essere condannata a riversare in favore della D.Q. anche la porzione per il periodo eccedente.

12. Il motivo è inammissibile.

Esso è stato articolato alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ormai abrogato, che prevedeva la denunzia di omessa insufficiente o contraddittoria motivazione avanti a questa Corte. La ricorrente avrebbe invece dovuto denunciare, in base al testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, modificato dal D.L. n.83 del 22 giugno 2012, convertito in L. n.143 del 11 agosto 2012, – l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ne’ la motivazione dell’impugnata sentenza risulta del tutto inidonea a manifestare il percorso logico giuridico seguito dal decidente, cosicché non ricorre l’ipotesi di motivazione al di sotto del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. Un. 8053/2014, secondo cui “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 22 giugno 2012, art. 54, conv. in L. n.134 del 7 agosto 2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”).

13. Col secondo motivo di ricorso, si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c., dell’art. 63 comma 2 disp att. c.c., degli artt. 1314 e 1292 c.c..

Sostiene la ricorrente che l’obbligazione adempiuta da d.Q.M. sarebbe sorta al momento in cui fu pronunciata la sentenza giuslavoristica e adottata la delibera condominiale in sua esecuzione; momento in cui proprietaria dell’unità immobiliare era la sig.ra D.Q.. Deduce, inoltre, la ricorrente, la violazione della disciplina delle obbligazioni solidali passive: ella non fu proprietaria per tutto l’arco temporale in cui maturò il credito azionato in giudizio dalla portiera ma in un tempo minore; sicché, ella non avrebbe dovuto essere condannata a riversare in favore della D.Q. anche la porzione per il periodo eccedente.

14. Il motivo è parzialmente fondato.

La Corte di appello richiama, correttamente, la sentenza di questa Corte n. 24654/2010, nella cui motivazione si legge (p. 1.2):

“In generale, il condomino è tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio: e siccome l’obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire. Ad avviso del Collegio, la soluzione al quesito di diritto dipende dalla diversa origine della spesa alla quale il condomino deve contribuire. Può trattarsi: (a) di spesa necessaria alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune; (b) di spesa attinente a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio. Nel primo caso la nascita dell’obbligazione coincide con il compimento effettivo dell’attività gestionale mirante alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune….. Diverso è il secondo caso (sub b). Per le opere di manutenzione straordinaria e per le innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall’assemblea nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. In tal caso, l’obbligo di contribuire alle spese discende, non dall’esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera dell’assemblea”.

15. Calando tali principi nella odierna fattispecie, deve allora affermarsi che – per le spese necessarie per la prestazione di un servizio dell’interesse comune, quale quello di portierato – la nascita dell’obbligazione contributiva in capo al Condomino coincide con l’erogazione effettiva del servizio. Con la conseguenza che l’obbligo grava su chi sia titolare dell’immobile al momento della prestazione del portiere. Va quindi disatteso l’assunto della ricorrente secondo cui l’obbligazione nei confronti dell’ex portiera sarebbe sorta al momento in cui fu pronunciata la sentenza del Giudice del lavoro, giacché tale sentenza aveva un contenuto di accertamento e condanna, non era una pronuncia costitutiva. Parimenti infondato è poi l’ulteriore assunto della ricorrente secondo cui il debito dei condomini nei confronti del Condominio sarebbe sorto con la delibera condominiale, giacché quest’ultima ha soltanto ripartito una obbligazione preesistente. Il nucleo della decisione impugnata risulta, pertanto, corretto.

16. Il Tribunale, tuttavia, non ha tratto dalla suddetta sentenza di questa Corte tutte le necessarie conseguenze ed è quindi incorso in un triplice errore.

17. In primo luogo, il Tribunale ha errato là dove ha condannato la sig.ra G. a rifondere alla sig.ra D.Q. la somma corrispondente alla quota millesimale di quanto versato dal Condominio per i crediti maturati dalla ex portiera prima del 1998, epoca in cui essa G. aveva acquistato l’unità immobiliare che poi, nel febbraio 2004, rivendette alla D.Q.; ciò sul criptico rilievo che la data dell’acquisto della sig.ra G. costituirebbe “accertamento al quale e’, palesemente, estranea parte appellante” (pag. 8, terzo capoverso, della sentenza). Per contro, proprio la regola emergente da Cass. n. 24654/2010, secondo cui il condomino è tenuto a contribuire nella spesa relativa alla prestazione di servizi nell’interesse comune erogati quando egli è proprietario di una porzione del fabbricato condominiale, imponeva, a contrario, di escludere l’obbligo contributivo della sig.ra G. per le obbligazioni condominiali derivanti dalla prestazione di servizi nell’interesse comune erogati prima che ella fosse entrata a far parte del Condominio.

18. In secondo luogo il Tribunale ha errato là dove ha condannato la sig.ra G. a rifondere alla sig.ra D.Q. la somma corrispondente alla quota millesimale di quanto versato dal Condominio alla ex portiera a titolo di interessi e rivalutazione maturati sul capitale in epoca successiva al febbraio 2004, trattandosi di debiti sorti in capo al Condominio quando la G. aveva perso la qualità di condomina.

19. In terzo luogo il Tribunale ha errato nella parte in cui ha condannato la sig.ra G. a rifondere alla sig.ra D.Q. la somma corrispondente alla quota millesimale delle spese di lite, giacché la prima non era più condomina non solo quando il debito per le spese è sorto in capo al Condominio(nel 2010, col deposito della sentenza resa a favore del portiere) ma anche quando il Condominio venne convenuto in giudizio dal portiere (nell’aprile 2004), cosicché alla D.Q., e non alla G., spettava il diritto potestativo di manifestare il proprio dissenso alla lite ai sensi e per gli effetti dell’art. 1132 c.c..

20. Il secondo motivo va quindi accolto nei termini sopra indicati e l’impugnata sentenza va cassata per quanto di ragione, con rinvio al Tribunale di Palermo, in persona di altro magistrato, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo nei termini di cui in motivazione e cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione, con rinvio al Tribunale di Palermo, in persona di altro magistrato, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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