Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6328 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. I, 21/03/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41, presso l’avvocato BURRAGATO ROSALBA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEFILIPPI

CLAUDIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositato il

27/11/2007, n. 345/07 RGV.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.G. proponeva nel marzo 2007 alla Corte d’appello di Torino domanda di equa riparazione per la irragionevole durata della procedura esecutiva immobiliare iniziata nei suoi confronti nel 1991 presso il Tribunale di La Spezia, ancora pendente. La Corte d’appello, con decreto del 27 novembre 2007, rigettava il ricorso, rilevando che nessuna ansia poteva assumersi subita dal ricorrente:

per un procedimento esecutivo immobiliare, il cui esito era certo e la cui durata semmai gli aveva consentito di restare nel godimento dell’immobile pignorato, e che solo genericamente egli assumeva avergli procurato anche un danno patrimoniale per aggravio di spese legali.

Avverso tale decreto il D.M. ha proposto ricorso a questa Corte, affidato ad unico motivo. Il Ministero non vi ha resistito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, erronea e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6 p. 1, CEDU) nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). 2.- Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel novembre 2007, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis nel codice di procedura civile. Alla stregua di tali disposizioni -la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1-2- 3-4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

3.- Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni. Infatti, l’illustrazione del motivo di impugnazione si conclude con la seguente esposizione del quesito di diritto: “Dica codesta Ecc.ma Corte se, ai sensi del combinato disposto dell’art. 6, comma 1 CEDU e della Legge Pinto n. 89 del 2001, art. 2, il giudice nazionale, nell’accertare la sussistenza della violazione della durata ragionevole del processo, debba considerare discrezionalmente la tempistica ritenuta congrua ai fini della individuazione della lesione del diritto alla ragionevole durata, ovvero, debba uniformarsi alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e conformemente a quest’ultima attribuire rilievo al complessivo periodo di tempo necessario affinchè il diritto di credito azionato dal ricorrente trovi concreta attuazione. Risponde con un si o con un no?”. Trattasi all’evidenza di quesito che – oltre che generico in quanto privo di riferimenti al caso in esame, alla ratio decidendi del provvedimento impugnato ed alla diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nella specie – si mostra inconferente (come tale assimilabile al quesito mancante: cfr, ex multis Cass. S.U. n. 11650/2008), non essendo riferibile alla ratio decidendi del provvedimento impugnato (cfr. sopra).

La declaratoria di inammissibilità ne deriva dunque di necessità, senza provvedere sulle spese, non essendosi il Ministero costituito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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