Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6327 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 25/02/2022), n.6327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10250-2016 proposto da:

Z.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Fabio Massimo,

45, presso lo studio dell’avvocato Luigi Matteo, rappresentato e

difeso dall’avvocato Stefano Gallucci;

– ricorrente –

contro

T.E., C.R.M., elettivamente domiciliati in Roma,

Via Vittorio Veneto, 108, presso lo studio dell’avvocato Elisa Maria

Rita Ottanà, rappresentati e difesi dall’avvocato Michele Musarra;

– controric. e ric. incidentali –

avverso la sentenza n. 1370/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/10/2021 dalla consigliera Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– l’architetto Z.A. impugna per cassazione la sentenza della corte d’appello di Milano che ha accolto solo parzialmente il di lui gravame avverso la sentenza del Tribunale di Milano; – C.R.M. ed T.E. avevano proposto con citazione del marzo 2001 opposizione avverso il decreto ingiuntivo da lui ottenuto nei loro confronti per il pagamento di compensi professionali inerenti l’attività di ristrutturazione dell’immobile di proprietà degli ingiunti;

– questi ultimi avevano dedotto con l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento dell’importo complessivo di Euro 2913,82, la nullità per carenza di idonea prova scritta del credito in quanto la parcella depositata era priva della firma del professionista richiesta dall’art. 636 c.p.c.;

– nel merito gli opponenti avevano contestato il pagamento richiesto in relazione al quantum ed inoltre avevano denunciato errori negli elaborati progettuali dell’architetto i quali avevano determinato la difformità tra le opere dichiarate e quelle realizzate, articolando, in via riconvenzionale, domanda di risarcimento dei danni;

– costituitosi in giudizio l’architetto creditore opposto aveva eccepito l’improcedibilità dell’opposizione per essersi gli attori costituiti in giudizio oltre il termine dimidiato di cinque giorni decorrente dalla data della notifica dell’atto di citazione con il quale avevano citato l’opposto a comparire all’udienza del 17 aprile 2001, essendosi avvalsi della facoltà di dimidiazione dei termini di cui all’art. 645 c.p.c., comma 2, nella formulazione antecedente alla modifica introdotta dalla L. 218 del 2011, art. 1;

– il giudizio di primo grado, nel corso del quale era stato proposto ricorso incidentale alla Corte costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Got in ordine all’art. 647 c.p.c., comma 1 e 2, questione dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 229 del 2009, si concludeva dopo aver disposto ctu, con sentenza emessa nel 2012 di annullamento del decreto ingiuntivo per difetto del requisito previsto dall’art. 636 c.p.c. della sottoscrizione della parcella prodotta a dimostrazione del credito e con il rigetto dell’eccezione di improcedibilità dell’opposizione;

– il tribunale inoltre ricalcolava le reciproche spettanze per le competenze professionali e per le inadempienze ed irregolarità del professionista, condannandolo a restituire agli opponenti la somma di Euro 22,83 ed a corrispondere a titolo risarcitorio l’importo di Euro 2350,00 con compensazione delle spese di lite;

– il creditore opposto appellava la sentenza di prime cure chiedendo l’integrale riforma della sentenza di prime cure e C.R.M. e T.E. proponevano, a loro volta appello incidentale;

– la corte distrettuale ha accolto parzialmente il primo motivo di gravame riguardante l’eccezione di improcedibilità dell’opposizione sulla scorta del principio di diritto secondo cui nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo la tardiva costituzione dell’opponente deve essere equiparata alla sua mancata costituzione e comporta indipendentemente dalla circostanza che l’opposto si sia costituito nel termine assegnato di improcedibilità dell’opposizione (cfr. Cass. 16117/2006);

– conseguentemente la corte territoriale ha dichiarato la definitiva esecutività del decreto, ritenendo assorbiti il secondo ed il terzo motivo di impugnazione e rigettando nel resto l’appello principale e quello incidentale;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso affidato a nove motivi, illustrati da memoria, cui resistono C.R.M. ed T.E. con controricorso e ricorso incidentale affidato ad unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 647-656 c.p.c., in relazione all’art. 2909 c.c. e alle norme e principi sul giudicato;

-il ricorrente deduce altresì la contraddittorietà della sentenza e la violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– assume, in particolare, il ricorrente che erroneamente la corte d’appello avrebbe ritenuto che l’improponibilità/inammissibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo non osta a che l’opposizione produca i suoi effetti quale ordinario atto di citazione rispetto alle domande autonome e rispetto a quella di annullamento o revoca del decreto ingiuntivo che esso contenga;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo del giudizio – la contestazione dell’intera attività eseguita, portata a base di domanda di inadempimento e di rifiuto e/o riduzione del compenso – che è stato discusso dalle parti;

– sostiene il ricorrente che la corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che la contestazione sollevata dagli opponenti riguardava l’intero operato dell’architetto e l’azionato diritto al compenso; la conseguenza di tale equivoco è stata ad avviso del ricorrente, l’errata decisione sulla connessione fra la domanda principale di determinazione del giusto compenso e/o di riduzione dello stesso con quella di restituzione e di risarcimento del danno;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice di primo e secondo grado pronunciato oltre i limiti della domanda avanzata in giudizio;

– assume il ricorrente che vi sarebbero state delle violazioni processuali in quanto le ctu avrebbero accertato vizi non dedotti dagli opponenti;

– con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omesso esame dei motivi di appello e la violazione dell’art. 112 c.p.c. nonché il difetto di motivazione, e la nullità parziale della sentenza;

– assume il ricorrente che la statuizione con cui la corte territoriale ha respinto la contestazione sulla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. sarebbe viziata da difetto di motivazione e da motivazione apparente, tale dovendosi ritenere quella indicata a pag.16, terzultimo capoverso);

– con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo del giudizio rappresentato dall’inesistenza del rapporto aeroilluminante all’interno del locale ingresso- soggiorno- cucina;

– con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché il travisamento delle prove la nullità della sentenza;

– assume il ricorrente che la corte d’appello non aveva considerato che dagli atti del processo, e in particolare della planimetria e descrizione dello stato di fatto dell’appartamento e relazione allegata alla domanda di condono, risultava l’inesistenza dei rapporti aeroilluminanti del vano ingresso-soggiorno-cucina, così inficiando il percorso argomentativo del secondo ctu;

– con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione delle norme del Regolamento edilizio in relazione alle valutazioni svolte dal secondo ctu, fatte acriticamente proprie dal primo giudice e confermate dalla corte territoriale;

– con l’ottavo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, per avere erroneamente deciso in conformità della seconda ctu;

– con il nono motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la corte territoriale disposto la compensazione delle spese dell’appello;

– passando all’esame del ricorso incidentale con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 184 bis c.p.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la corte territoriale ritenuto improcedibile l’opposizione negando l’applicabilità, nel caso di specie, dell’istituto della rimessione in termini ex art. 184 bis all’epoca in vigore;

– ciò posto riguardo ai motivi dedotti a supporto del ricorso principale e di quello incidentale, appare logicamente prioritario l’esame di quest’ultimo riguardante la statuizione sulla rimessione in termini e l’improcedibilità dell’opposizione;

-la censura è infondata perché la corte territoriale ha posto a fondamento della conclusione due considerazioni: la prima che non è stato accertato che la mancata tempestiva costituzione sia dipesa da fatto non imputabile agli opponenti e rilevante ai fini dell’applicazione dell’istituto della rimessione in termini e la seconda che non risulta essere stata formulata dai sigg.ri C. e T. una rituale e specifica istanza in tal senso, anche in collegamento con quanto rilevato dalla Corte costituzionale nell’ordinanza del 22/7/2009 con cui ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata;

– entrambe le considerazioni sono conformi alla giurisprudenza di legittimità;

– la rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis c.p.c., quanto in quella di più ampia portata prefigurata nel novellato art. 153 c.p.c., comma 2, presuppone la tempestività dell’iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, tempestività da intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa (cfr. Cass. 23561/2011; 6102/2019);

-nel caso di specie la corte territoriale ha, come sopra già enunciato, escluso la ravvisabilità di una rituale e tempestiva istanza degli opponenti di rimessione in termini e la censura con cui si contesta detta conclusione non propone argomenti per discostarsi;

– da una parte, infatti, il collegio rileva come gli stessi ricorrenti incidentali richiamano ai fini dell’allegazione dei fatti asseritamente giustificativi della rimessione in termini la replica alla comparsa conclusionale, atto processuale che non è immediatamente successivo alla costituzione in giudizio ai fini della valutazione dell’immediatezza della richiesta di rimessione in termini;

-dall’altra i precedenti giurisprudenziali richiamati dai ricorrenti incidentali sono strettamente collegati ad una fattispecie peculiare di sopravvenuto mutamento della giurisprudenza di legittimità che non sussiste nel ricorso in esame con conseguente loro inapplicabilità;

– il ricorso incidentale è pertanto rigettato;

– con riguardo a quello principale, il primo e secondo motivo, che riguardano la ritenuta ammissibilità della domanda riconvenzionale degli opponenti e la individuazione dei confini del giudicato prodotto dalla declaratoria di improcedibilità dell’opposizione per tardiva costituzione degli opponenti stessi, possono essere trattati congiuntamente:

– i due motivi sono fondati;

– la corte territoriale pur avendo fatto richiamo al principio interpretativo secondo cui l’improponibilità e/o inammissibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo non osta a che l’opposizione stessa produca gli effetti di un ordinario atto di citazione (nel concorso dei necessari requisiti di legge) con riguardo alle domande che esso contenga, autonome e distinte rispetto alla richiesta di annullamento e revoca del decreto (cfr. Cass. 8083/2006; id. 9442/2010), non ha coerentemente ricostruito i rapporti fra il giudicato insito nel decreto ingiuntivo e l’oggetto dell’opposizione articolata dai sigg.ri C. e T. là dove ha ritenuto che a parte le domande di cui al punto n. 5, le altre domande di risarcimento dei danni connesse ai punti n. 1,2,3 e 4 come indicate a pag. 15 della sentenza impugnata, non siano incompatibili con l’efficacia di giudicato acquistata dal decreto ingiuntivo;

– al contrario, emerge dall’atto di citazione nonché dagli altri atti processuali degli opponenti, cui il collegio può accedere in ragione del carattere anche processuale delle censure mosse dal ricorrente principale, che gli opponenti avevano eccepito, oltre ai criteri di calcolo di alcune voci richieste dall’architetto (cfr. pagg.1-9), la presenza di errori nei progetti elaborati dall’architetto, errori che avevano provocato loro dei danni quantificati in Lire 2.580.000 (cfr. pagg. 9-11); inoltre gli opponenti avevano eccepito la presenza nel progetto esecutivo di rilevanti deficienze qualitative e quantitative (cfr. 11-12);

– gli opponenti hanno cioè contestato l’inadempimento del professionista e chiesto quale conseguenza degli stessi la riduzione del compenso (cfr. pag. 12 della citazione) ed il risarcimento del danno;

– a fronte di ciò non appare correttamente valutata dalla corte territoriale l’incidenza del giudicato formatosi sul rapporto giuridico dedotto in giudizio, che analogamente a quanto avviene con una sentenza di condanna, produce l’effetto di rendere indiscutibile il rapporto predetto nei termini accertati nel provvedimento giurisdizionale;

– a tal fine la corte territoriale avrebbe dovuto indagare l’intero contenuto della domanda riconvenzionale, non limitandosi alle cinque voci considerate a pag. 15 della sentenza, alla luce delle conclusioni rassegnate e delle osservazioni svolte nella comparsa conclusionale per verificare se i clienti opponenti avevano inteso in via riconvenzionale chiedere una riduzione del compenso contestando il diritto del professionista a chiedere il pagamento del compenso pattuito originariamente;

– non avendo proceduto a detta complessiva valutazione, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai due motivi accolti, con assorbimento degli altri motivi del ricorso principale, il terzo, quarto, quinto, sesto settimo, ottavo e nono e rinvio alla corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater -, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte accoglie il primo e secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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