Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6325 del 08/03/2021

Cassazione civile sez. I, 08/03/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 08/03/2021), n.6325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3030/2019 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso

la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avv. Damiano Fiorato;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Cons. Dott. Giuseppe De Marzo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato in data 11 dicembre 2018, il Tribunale di Bologna ha rigettato il ricorso proposto da C.S., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento negativo della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha osservato: a) le dichiarazioni del richiedente non erano tali da comprovare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda, dal momento che, pur credibili in una parte (relazione con una ragazza, ostacolata dalla famiglia di lei, rapina subita dai due giovani, fuga del richiedente, per evitare la vendetta dei famigliari della ragazza), non erano accompagnate dalla allegazione di avere inutilmente richiesto protezione all’autorità dello Stato (che invece risultava essere intervenuta e avere ascoltato le diverse versioni dei fatti, secondo quanto riferito dallo stesso ricorrente); b) che, alla stregua delle C.O.I. più aggiornate, non emergeva in Guinea una situazione di violenza generalizzata e indiscriminata derivante da un conflitto armato; g) che, infine, che il ricorrente, pur essendo in Italia dal 2016, non conosceva la lingua italiana, aveva tutti i suoi famigliari in Guinea, non presentava profili di vulnerabilità.

3. Avverso tale decreto nell’interesse del richiedente è stato proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), rilevando: a) che l’audizione del ricorrente in commissione era stata condotta in modo da non consentire al primo di fornire gli elementi utili a giustificare la propria richiesta; b) che la commissione era venuta meno al proprio dovere di cooperare con il richiedente; c) che il giudizio di inattendibilità era fondato su una valutazione meramente soggettiva; d) che l’istruttoria aveva omesso la ricerca e la considerazione di fondi esistenti e qualificate a supporto della veridicità del racconto.

La doglianza è inammissibile, per l’assoluta genericità di formulazione che non si confronta in alcun modo con l’apparato motivazionale del decreto impugnato, al punto che la doglianza si conclude con un cenno alla situazione della Nigeria.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, con riferimento al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Anche in questo caso, la doglianza è inammissibile, giacchè, senza alcun cenno alle puntuali argomentazioni del decreto impugnato, indugia in considerazioni di carattere generale, con un cenno alle condizioni temute e sofferte per il proprio credo religioso (tema completamente estraneo alla vicenda dedotta nel presente procedimento): e ciò conferma l’assoluta assenza di specificità delle critiche.

3. Con il terzo motivo si lamenta omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, con riferimento ai profili rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione cd. umanitaria.

Anche tale doglianza è inammissibile.

Ratione temporis viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge di Conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Nel caso di specie, il Tribunale ha affrontato il tema posto dal ricorso, anche se giungendo a conclusioni non condivise dal ricorrente. La censura, in definitiva, a parte l’assoluta genericità di formulazione, si pone al di fuori del perimetro applicativo del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso non segue la condanna alle spese, dal momento che l’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021

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