Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6323 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. I, 21/03/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.D., elettivamente domicilialo in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

34, presso l’avvocato BRIENZA LUIGI, che lo rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorse;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

28/05/2007 n. 50577/06 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato BRIENZA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.D. proponeva nel febbraio 2006 alla Corte di appello di Roma domanda di equa riparazione in relazione alla irragionevole durata di un giudizio in materia pensionistica da lui instaurato dinanzi alla Corte dei Conti – Sez. Giurisdiz. per la Regione Lazio nell’ottobre 1986 e definito in primo grado con sentenza di rigetto depositata nell’agosto 2004. La Corte d’appello, con decreto depositato il 28 maggio 2007, ritenuto che, rispetto ad una durata ragionevole di quattro anni, il procedimento si fosse protratto per ulteriori 13 anni e dieci mesi, liquidava per il danno non patrimoniale tenuto conto che la controversia concerneva una modestissima infermità, per la quale risultava concessa una indennità una tantum sin dal 1986 – complessivi Euro 4.100,00 (pari a Euro 300 per anno di ritardo) oltre interessi legali.

Avverso tale decreto il M. ha proposto ricorso a questa Corte, affidato a due motivi. Il Ministero della Giustizia non vi ha resistito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorrente denuncia, con il primo motivo, erronea e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, p. 1, artt. 13 e 41 CEDU), e con il secondo motivo difetto/insufficienza di motivazione circa un punte decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

2.- Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel maggio 2007, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis nel codice di procedura civile. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1-2- 3-4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto dei gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis:

Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

3.- Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni, atteso che nè il primo nè il secondo motivo contengono alcuna delle sintetiche indicazioni riassuntive prescritte dalle disposizioni stesse. La declaratoria di inammissibilità ne deriva dunque di necessità, senza provvedere sulle spese non avendo il Ministero resistito al ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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