Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6323 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. un., 05/03/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 05/03/2020), n.6323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19494-2018 proposto da:

FINAZZI S.R.L. IMPRESA COSTRUZIONI EDILI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO

PETRETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

BONOMI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SERIATE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ORTIGARA 3, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO CRISCI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ELENA BENEDETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1471/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 07/03/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Consiglio di Stato – decidendo sugli appelli riuniti avverso le sentenze del TAR per la Lombardia – sezione di Brescia nn. 662 e 663 del 2014 che avevano rigettato le domande proposte dalla Finazzi s.r.l. Impresa di Costruzioni Edili nei confronti del Comune di Seriate di restituzione delle somme indebitamente versate a titolo di contributo di costruzione previo annullamento degli atti di diniego ha confermato le sentenze impugnate osservando che ai fini della classificazione del lotto come “libero” occorreva avere riguardo al momento in cui veniva avviato l’intervento costruttivo e non, come preteso dalla società ricorrente, quello dell’approvazione del Piano Regolatore Generale (P.R.G.) ai sensi dell’art. 26/6 Norme Tecniche di Attuazione (d’ora in poi N.T.A.).

1.1. Ha evidenziato che la società non aveva ritenuto di procedere a convenzionamento con il Comune per usufruire della disposizione che prevedeva interventi diretti per superfici non superiori a 5.000,00 mq. (art. 27/b N. T.A.).

1.2. Ha chiarito che il concetto di “lotto libero” di cui all’art. 27 N.T.A. del Piano Regolatore Generale si riferisce a “ambiti liberi o liberabili” di superfici inferiori a 5000,00 mq. cui ha riguardo l’art. 23/3 N. T.A..

1.3. Ha posto in rilievo che la Finazzi s.r.l. ha usufruito della possibilità di intervenire con atti assentivi diretti, vantando una superficie inferiore a 5.000,00 mq proprio avvantaggiandosi della demolizione del fabbricato (di mq 6.500) sovrastante il terreno (di mq 4632,96). Diversamente infatti avrebbe dovuto predisporre un piano di recupero per l’immobile ed una convenzione attuativa.

1.4. Ha evidenziato che tale scelta imprenditoriale insindacabile era incompatibile con la proposta interpretazione dell’art. 27 delle N.T.A. (che ha riguardo alle aree “che si rendano libere”) poichè in tal caso la società avrebbe conseguito un doppio vantaggio: sia con riguardo all’intervento diretto, (per effetto della demolizione dell’immobile per rientrare nei parametri di estensione della zona B1) si con riguardo alla qualificazione del fondo come “libero”.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre la Società Finazzi s.r.l. Impresa di Costruzioni Edili con un unico motivo al quale resiste con controricorso il Comune di Seriate che ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale atteso che la stessa risulta unita al ricorso mediante la spillatura ed il requisito della specialità, richiesto per il giudizio di cassazione dall’art. 365 c.p.c., risulta ottemperato, nel caso come quello in esame in cui la procura sia apposta al seguito dell’atto del ricorso e la specialità è assicurata indipendentemente dal tenore delle espressioni usate nella redazione dell’atto medesimo, costituendo un corpus inscindibile con quest’ultimo. Nè il requisito di specialità della procura necessaria per il ricorso in cassazione, ai sensi dell’art. 365 c.p.c., è escluso dall’utilizzo del verbo “delegare”, che non induce nel testo del mandato un elemento di genericità, non richiedendo tale disposizione che la procura sia conferita mediante l’uso di un verbo specifico o che essa contenga l’autoqualificazione formale della sua specialità, ma essendo sufficiente che la procura faccia inequivoco riferimento al giudizio di cassazione o sia materialmente congiunta al ricorso. (cfr. Cass. 07/03/2012 n. 3602 e n. 4935 del 2005).

4. Con l’unico motivo di ricorso la Società Finazzi s.r.l. censura la sentenza per avere, in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, trascurato di motivare sulla denunciata violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990.

3.1. Evidenzia la ricorrente che la partecipazione all’iter amministrativo è obbligatoria e non facoltativa e che dalla sua omissione deriva l’illegittimità dei provvedimenti assunti. Inoltre il Consiglio di Stato avrebbe dovuto decidere anche sulla richiesta di annullare i provvedimenti illegittimi perchè in contrasto con la previsione degli artt. 11.7. e 27.6 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Seriate.

3.2. Sostiene la ricorrente che, al contrario, il Consiglio di Stato, esorbitando dai limiti della giurisdizione ed invadendo il merito amministrativo, ha indagato sulle caratteristiche fisiche del compendio ed ha ritenuto libero il lotto.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1. Successivamente alla sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale – la quale ha carattere vincolante perchè volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonchè i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8 – il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per “invasione” o “sconfinamento” nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per “arretramento” rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonchè le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione (cfr. Cass. Sez. U. 25/03/2019 n. 8311).

4.2. L’art. 362 c.p.c. e l’art. 110 cod. proc. amm., ribadiscono che il ricorso per cassazione contro sentenze del Consiglio di Stato è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

4.3. Il concetto di “motivi inerenti alla giurisdizione” si collega ai confini della giurisdizione, che sono di un duplice tipo: confini che distinguono le funzioni dello Stato e confini che, all’interno della funzione giurisdizionale, distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali.

4.4. La violazione dei confini della giurisdizione costituisce una forma speciale di violazione di legge, perchè riguarda specificamente le leggi che definiscono l’ambito della giurisdizione. Si parla di violazione dei “limiti esterni” della giurisdizione, cioè dei limiti correlati ai confini della giurisdizione.

4.5. Con riferimento ai confini tra funzioni dello Stato, può essere accaduto che il Consiglio di Stato abbia invaso la sfera di competenza del Legislatore o, come nello specifico è denunciato, della discrezionalità amministrativa (su queste distinzioni, cfr. Cass., Sez.U. 12/12/2012, n. 22784).

4.6. Tali violazioni attengono alla giurisdizione e possono essere motivo di ricorso per cassazione contro la decisione del Consiglio di Stato.

4.7. La violazione può essere anche di segno opposto, e cioè negativa, nel senso che il Consiglio di Stato può aver negato la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la domanda non potesse formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale.

4.8 Ancora è ravvisabile un motivo attinente alla giurisdizione quando il Consiglio di Stato abbia esercitato i poteri inerenti alla giurisdizione di merito o esclusiva al di fuori dei casi in cui la legge lo consente (cfr. tra le ultime, Cass., sez. un., 4 febbraio 2014, n. 2403, nonchè con riferimento a specifiche competenze giurisdizionali in materia di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Cass., sez. un., 5 ottobre 2015, n. 19786).

4.9. Rimangono invece fuori dal perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione tutte le situazioni in cui si prospetti una violazione nell’interpretazione di norme di legge, o una falsa applicazione delle stesse, posta in essere dal Consiglio di Stato all’interno dell’area riservata alla sua giurisdizione. In questo caso il vizio, attenendo all’esercizio del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere oggetto di ricorso per cassazione (Cass., sez. un. 05/10/2015 n. 19786 ed ivi ampi richiami di giurisprudenza).

5. Nel caso in esame il Consiglio di Stato non è incorso nella denunciata violazione poichè ha mantenuto la sua indagine nei limiti della verifica della legittimità del provvedimento adottato restando, così, nell’area della giurisdizione generale di legittimità esercitata e senza esorbitare in quella esclusiva di merito nella quale “il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione” (art., 7, comma 6; i casi sono indicati dall’art. 134 cod. proc. amm.). Si è infatti limitato ad accertare se il diniego di rimborso di somme asseritamente pagate indebitamente, in adesione alle disposizioni di legge e regolamentari applicabili al caso concreto, era legittimo o meno, pervenendo, in esito ad una verifica dei presupposti previsti dalla legge per l’applicazione del regime più favorevole rivendicato, al convincimento della legittimità dell’operato del Comune e del provvedimento di diniego adottato.

6. In conclusione, per le ragioni su esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, và dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R. n., se dovuto.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 7.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R. n., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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