Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6321 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. II, 25/02/2022, (ud. 14/09/2021, dep. 25/02/2022), n.6321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso icritto al n. 2573/2017 R.G. proposto da:

B.P., e B.F., rappresentati e difesi dagli Avv.

B.P. del foro di La Spezia e Carmine Di Zenzo, del foro di

Roma, con domicilio eletto in Roma, via Appennini n. 60, presso lo

studio del secondo difensore;

– ricorrenti –

contro

BE.MI., e BE.GI., rappresentati e difesi

dall’Avv. Alfonso del Giudice, del foro della Spezia, con domicilio

eletto in Roma, via Panama n. 68, presso lo studio del prof. Avv.

Giovanni Puoti;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Massa n. 7871 depositata il 23

dicembre 2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 settembre

2021 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– il Tribunale di Massa, in data 12 aprile 2016, su ricorso degli avv.ti P. e B.F., emetteva decreto ingiuntivo n. 234/2016 con il quale intimava a Mi. e Be.Gi., in qualità quest’ultimo di fideiussore del primo, di corrispondere le spettanze professionali pari ad Euro 33.474,25 per le prestazioni svolte in giudizi civili e in una procedura arbitrale (afferenti a contenzioso con L.A. e la Elema s.r.l.) in favore del cliente Be.Mi.;

– sull’opposizione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14 proposta da entrambi gli intimati, il Tribunale di Massa, con ordinanza n. 7871 del 2016, in parziale accoglimento dell’opposizione, respingeva l’opposizione proposta da Be.Mi., mentre revocava la condanna sommaria nei confronti di Be.Gi., rigettando la domanda proposta dagli avvocati nei confronti di quest’ultimo.

In particolare, quanto al credito di cui all’art. 2233 c.c., il Tribunale di Massa accertava la non contestazione dello stesso, anche con riferimento all’ammontare della residua obbligazione dedotta con il ricorso ex art. 638 c.p.c. alla luce della dichiarazione confessoria resa dal cliente opponente, di cui alla missiva del 25 novembre 2015. In ordine alla garanzia fideiussoria, il giudice affermava che la fonte di detta garanzia, di cui alla scrittura privata del 15 gennaio 2016, non individuava alcuna garanzia in senso tecnico per il pagamento del debito altrui e che non risultava dedotto, neppure genericamente, l’impegno a garantire l’adempimento di cui all’art. 1936 c.c. riferito all’obbligazione di cui all’art. 2233 c.c.;

– per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Massa propongono ricorso gli avv.ti B.P. e B.F. fondato su tre motivi, cui resistono con controricorso, contenente anche ricorso incidentale fondato su due motivi, Be.Mi. e Be.Gi.;

– in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:

– va preliminarmente esaminata l’ammissibilità del ricorso principale che con i tre motivi di censura si duole della decisione del Tribunale relativamente alla posizione del solo Be.Gi., padre di Mi..

La controversia ha ad oggetto la richiesta dei ricorrenti di liquidazione dei compensi maturati per l’attività prestata in sede civile e in procedura arbitrale in favore di Be.Mi., credito garantito dal fideiussore Be.Gi..

Tanto precisato, va premesso che l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, e tanto al fine di escludere che la parte possa conoscere ex post, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile (Cass. n. 4909 del 2018).

Orbene, in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte, anche in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari e le altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, assume rilevanza la forma adottata dal giudice in base alla qualificazione che egli abbia dato, implicitamente o esplicitamente, all’azione esercitata in giudizio (Cass. n. 26347 del 2019; Cass. n. 4904 del 2018).

Ciò posto, nella specie, è vero che la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, e avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche ove il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all'”an debeatur, ma è anche vero che qualora venga ampliato l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale) non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. cit., la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario (congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista) e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena (ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena), previa separazione delle domande (Cass., Sez. Un., n. 4485 del 2018; Cass. n. 3687 del 2021, da ultimo).

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 infatti, prevede che il procedimento sommario speciale ivi dettato si applichi alle sole controversie di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 che appunto attiene ai soli compensi per prestazioni giudiziali in materia civile, resta preclusa nella fattispecie la possibilità di invocare il regime processuale, anche impugnatorio di cui al menzionato art. 14 (in tal senso, anche in ragione degli effetti dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, si veda Cass., Sez. Un., n. 25938 del 2018, che nell’affermare la giurisdizione ordinaria per la controversia instaurata dall’avvocato per recuperare il credito professionale vantato nei confronti del cliente per prestazioni rese innanzi al giudice tributario, trattandosi di contenzioso eterogeneo rispetto alla materia attribuita a quest’ultimo D.Lgs. n. 546 del 2002, ex art. 2 ha reputato non applicabile il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 che è norma sulla competenza e non sulla giurisdizione, relativa alle sole attività professionali svolte nel processo civile, con esclusione di quello penale, amministrativo o davanti ai giudici speciali).

Anche nell’ipotesi di ampliamento dell’oggetto del giudizio, ai fini di individuare il regime impugnatorio, occorre far riferimento alla qualificazione data dal giudice a ciascuna azione, in applicazione del principio di diritto sopra richiamato.

Nella specie, il giudice di merito, in relazione all’opposizione proposta da Be. padre, ha ritenuto non necessaria un’ulteriore attività istruttoria, decidendo la relativa domanda sulla base delle prove precostituite e allegate dalle parti, con conseguente trattazione della questione con rito sommario ex art. 702 bis c.p.c. e ciò ha consentito di non separare le domande.

Ne deriva che trattandosi quindi di domanda che andava proposta nelle forme del processo ordinario di cognizione o, in alternativa, secondo le modalità di cui al procedimento sommario di cognizione, essendo all’evidenza una causa attribuita alla competenza del tribunale in composizione monocratica, a fronte della scelta del ricorrente di avvalersi della previsione di cui all’art. 702 bis c.p.c., la decisione presa dal giudice adito andava impugnata ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c. e cioè con l’appello, non essendo dato l’immediato ricorso in cassazione, che è limitato alle decisioni rese nelle controversie rientranti nella previsione di cui al menzionato art. 14 (per identica conclusione, in relazione alla controversia intentata dal professionista per il recupero ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. dei compensi asseritamente maturati per attività difensiva in ambito tributario, si veda Cass. n. 19102 del 2019; di recente v. Cass. n. 6817 n. 2021).

L’erronea scelta del rimedio impugnatorio comporta l’inammissibilità del ricorso principale;

– passando all’esame del ricorso incidentale, va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso incidentale in relazione alla parte dell’impugnazione che esplica doglianze da riferire alla posizione di Be.Gi.. Difatti, in linea con i principi sopra affermati, il Be. padre avrebbe dovuto impugnare il provvedimento in sede di appello e non con ricorso straordinario per cassazione, potendo quest’ultimo mezzo essere esperito dal solo Mi., in quanto solo in relazione alla sua opposizione trova applicazione la disciplina di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14.

A tal proposito, limitatamente alla posizione del Be. figlio, il ricorso incidentale può essere esaminato nel merito essendo stato tempestivamente proposto;

– con il primo motivo, erroneamente indicato come “IV”, il ricorrente incidentale Michelangelo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 2225 c.c., art. 2233c.c., comma 3, art. 2702c.c., nonché dell’art. 1453 c.c. per l’insussistenza dell’interesse ad agire dei creditori a fronte della mancanza dei presupposti di liquidità ed esigibilità del credito oggetto del giudizio, essendosi le parti accordate per la rateizzazione del pagamento.

Più precisamente, il ricorrente incidentale sostiene che gli unici ad essere inadempimenti ex art. 1453 c.c. al patto di pagamento rateale del compenso ex art. 2275 c.c. e art. 2333 c.c., comma 3 sarebbero le controparti che, procedendo in sede monitoria per il recupero del credito vantato, avrebbero violato gli accordi presi. Il Be. ritiene, infatti, che il giudice di merito avrebbe mal interpretato la documentazione allegata in atti, precisando che con la missiva del 25 novembre 2015, dopo aver riconosciuto l’esistenza del credito degli avvocati, avrebbe manifestato l’intenzione di provvedere a corrispondere, a partire dal gennaio 2016, una rata mensile di 500,00 Euro sino all’estinzione del debito, intenzione che gli avv.ti B. avrebbero accettato per facta concludentia.

Il motivo è inammissibile in quanto verte su una questione nuova

A tal riguardo, va ribadito che secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, nel giudizio di cassazione non si posso prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratta di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 19164 del 2007; Cass. n. 25319 del 2017; Cass. n. 20712 del 2018).

Di converso parte ricorrente incidentale non chiarisce quando e con quale atto avrebbe dedotto in giudizio di avere concordato la rateizzazione del credito.

Il giudice di merito ha esaminato tutte le scritture che entrambe le parti hanno allegato alle rispettive difese, giungendo al convincimento di cui sopra, non censurabile in questa sede in virtù dei principi sopra richiamati.

La doglianza, pertanto, mira ad una diversa valutazione dei documenti probatori allegati dalle parti, come tale inammissibile in sede di legittimità;

– con il secondo motivo, erroneamente indicato come “V”, il ricorrente incidentale lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e art. 88 c.p.c. in ordine alla compensazione delle spese di primo grado ed alla violazione del principio di lealtà e probità da parte dei ricorrenti principali.

Il motivo è inammissibile.

Relativamente alla posizione di Be.Mi., è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento anche meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo (Cass. n. 10113 del 2018).

Peraltro, in materia di procedimento civile, sussistono “giusti motivi” di compensazione delle spese di giudizio ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 qualora la parte, pur giudizialmente vittoriosa, condivida con la controparte la “responsabilità” della lite, in considerazione della non inequivocità della pattuizione, di tenore idoneo ad ingenerare plurime possibili opzioni interpretative, che ne costituisce la fonte (Cass. n. 18238 del 2003).

Nella specie, il Tribunale di Massa, facendo buon governo dei principi richiamati, ha compensato le spese di lite in ragione dell’esito complessivo dell’opposizione.

Conclusivamente, va dichiarata l’inammissibilità di entrambi i ricorsi, principale e incidentale.

Le spese del giudizio di legittimità, stante la reciproca soccombenza, vanno interamente compensate fra le parti.

Poiché i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono stati dichiarati inammissibili, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, sia da parte dei ricorrenti principali sia da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi;

dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte di Cassazione, il 14 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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