Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6317 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 25/02/2022), n.6317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6456-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.F. SAS DI C.I. E FIGLI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICOLA TODARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 96/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata

l’11/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’08/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. la società ” D.F. s.a.s. di C.I. e figli” ricorreva contro l’avviso di accertamento, fondato sull’applicazione di uno studio di settore, notificatole dalla Agenzia delle Entrate per maggiori imposte dirette e Iva dell’anno 2003;

2. l’adita CTP di Messina ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci D.D., D’.Fa., D.A. e C.I.;

3. con sentenza 26.1.2009 la CTP dichiarava inammissibile il ricorso per avere la società omesso di ottemperare all’ordine;

4. la società impugnava la sentenza davanti alla CTR della Sicilia lamentando che i giudici di primo grado non avrebbero dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio bensì, in caso, disporre la riunione del procedimento con quelli promossi dai singoli soci avverso i rispettivi avvisi di accertamento per maggior Irpef su redditi di partecipazione;

5. la CTR invitava l’ufficio a fornire informazioni sullo stato del contenzioso dei singoli soci. Dall’informativa risultava che D.D. e D’.Fa. avevano, nel 2016, definito i rispettivi contenziosi avvalendosi del condono di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 39, che D.A. non aveva ricevuto alcun avviso di accertamento e che il ricorso proposto da C.I. contro l’avviso notificatole era stato dichiarato inammissibile dalla CTP di Messina con sentenza del 15.1.2013 ormai passata in giudicato;

6. con la sentenza in epigrafe, la CTR, richiamata la nota informativa, affermava che i soci avevano avuto modo di impugnare gli avvisi di accertamento relativi alla rettifiche dei rispettivi redditi di partecipazione, cosicché “fino dal primo grado nessuna integrazione del contraddittorio doveva essere disposta e conseguentemente errata risulta(va) la declaratoria di inammissibilità”. La CTR dichiarava nel merito fondato l’appello della società e annullava l’avviso;

7. l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR con due motivi con cui lamenta che la CTR ha violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, e l’art. 102 c.p.c., per non aver confermato la decisione di primo grado ed ha violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per avere annullato l’avviso per difetto di contraddittorio endoprocedimentale malgrado che l’eccezione con cui detto difetto era stato fatto valere fosse stata proposta per la prima volta, inammissibilmente, con l’atto di appello.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il primo motivo di ricorso è fondato e il secondo resta assorbito.

E’ stato da questa Corte affermato che “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi ultimi prospettino questioni personali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008; Sez. 6- 5, Ordinanza n. 15116 del 11/06/2018).

Nel caso di specie, il giudice d’appello ha errato nel ritenere che nel giudizio promosso dalla sas ” D.F. di C.I. e figli” non vi fosse necessità di integrazione del contraddittorio rispetto ai soci.

La CTR avrebbe dovuto confermare la decisione di primo grado.

E’ vero che per i soci D.D., D’.Fa. e C.I. – i quali avevano propri contenziosi su avvisi di accertamento Irpef, pendenti in parallelo rispetto a quello della società -, il giudice di primo grado avrebbe dovuto disporre non l’integrazione del contraddittorio ma la riunione del procedimenti (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29) e tuttavia l’ordine di integrazione del contraddittorio era stato ben dato rispetto al socio D.A. per il quale vale l’affermazione di cui al punto 2.4 della motivazione della sentenza n. 14815 del 2008: “Sul piano sostanziale (rectius: preprocessuale) l’accertamento del reddito sociale e l’accertamento del reddito dei singoli soci, sono in evidente rapporto di reciproca implicazione (non si può accertare il secondo se non accertando il primo ed il primo condiziona l’accertamento del secondo). Sono due facce della stessa medaglia. Infatti, come già è stato rilevato nel decreto presidenziale di rimessione al Primo Presidente, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, comma 1 (TUIR), (sostanzialmente simile al D.P.R. n. 597 del 1973, art. 5), dispone che “I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”. Quindi, in presenza di tale imputazione automatica del reddito sociale ai soci (presunzione legale iuris et de iure), la difesa di questi di fronte alla pretesa erariale (quando non venga contestata la qualità’ di socio o la quota di partecipazione) deve necessariamente trovare uno spazio processuale per interloquire sulla determinazione del reddito della società’ (dal quale dipende la ripresa nei loro confronti), altrimenti la presunzione si risolverebbe in una palese violazione del diritto di difesa e del principio della tassazione in base alla capacità contributiva (artt. 24 e 53 Cost.)”.

3. il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata;

4. la causa deve essere decisa nel merito con la dichiarazione dell’improcedibilità dell’originario ricorso;

5. le spese del merito sono compensate;

6. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito dichiarando l’originario ricorso improcedibile;

compensa le spese del merito;

condanna la contribuente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1300,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

 

 

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