Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6317 del 10/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 17/02/2017, dep.10/03/2017), n. 6317
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2152-2016 proposto da:
L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO
CASAREALE;
– ricorrente –
contro
G.N.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1723/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 03/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 17/02/2017 dal Consigliere Dott. LOMBARDO LUIGI
GIOVANNI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
– L.F. ha proposto due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado, che – per quanto in questa sede ancora rileva – ebbe ad accogliere la domanda di negatoria servitutis proposta nei suoi confronti da G.N. (parte attrice) relativa all’esercizio del passaggio attraverso l’atrio facente parte dell’immobile di proprietà attorea;
– la parte intimata non ha svolto attività difensiva;
– la ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– i due motivi di ricorso (proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) sono inammissibili, sia perchè pongono in discussione l’accertamento dei fatti come compiuto dai giudici di merito circa la insussistenza dell’apparenza della servitù di passaggio (i giudici hanno accertato che la servitù, si esercitava con una scala in legno amovibile), accertamento che è insindacabile in sede di legittimità, risultando peraltro la motivazione della sentenza impugnata non apparente nè manifestamente illogica (cfr. Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014), sia perchè denunciano un’erronea interpretazione dell’atto pubblico di divisione e delle scritture private stipulate inter parte; così formulando una censura “nuova” in quanto non dedotta come motivo di appello, come risulta dal motivo di gravame riportato nella sentenza impugnata (p. 2), che l’odierna ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente reiterativa degli stessi;
– il ricorso va, pertanto, rigettato;
– nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;
– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato-
PQM
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 17 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017