Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6316 del 08/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 08/03/2021), n.6316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22834/2015 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.

FRACASSINI N. 18, presso lo Studio Venettoni (Avvocato FEDERICO

BAILO), rappresentato e difeso dall’avvocato VITO PETRAROTA;

– ricorrente –

contro

ASL BA, subentrata alla AUSL BA/(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1333/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/09/2014 R.G.N. 6099/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.

 

Fatto

RITENUTO

che:

la Corte d’Appello di Bari ha respinto il gravame proposto da P.S., dirigente amministrativo, avverso la sentenza del Tribunale di Trani che aveva a propria volta rigettato le domande proposte dal medesimo e finalizzate ad ottenere la condanna della ASL di Bari al riconoscimento nei suoi confronti, quale dirigente sanitario-amministrativo, di una retribuzione di natura e caratura pari a quella prevista dall’art. 54, lett. a) del CCNL 1994-1997 Area dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del Comparto Sanità, corrispondente a quanto spettante ad un dirigente di struttura complessa;

la Corte d’Appello ha ritenuto che, se anche le delibere di definizione e graduazione delle retribuzioni fossero state da ritenere illegittime, da ciò non sarebbe derivato un diritto del ricorrente ad una certa posizione, in quanto avrebbero semmai dovuto essere compiuti ex novo i relativi adempimenti, così come non poteva dirsi dimostrato che dall’attuazione di tali adempimenti sarebbe conseguita una diversa posizione giuridica ed economica per il ricorrente;

il P. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, poi illustrati da memoria, mentre la ASL è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4), per non avere la Corte riconosciuto il diritto rivendicato sulla base del provvedimento del 1996 di conferimento al ricorrente dell’incarico di dirigente di struttura complessa;

il secondo motivo afferma invece la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del CCNL (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere i giudici di appello omesso di considerare la prova decisiva consistente nell’incarico conferito nel 1996;

con il terzo motivo è censurata la violazione degli artt. 50 e segg. del CCNL parte normativa 1994-1997 Area dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del Comparto Sanità (art. 360 c.p.c., n. 3), sostenendosi la illegittimità delle delibere di graduazione rispetto ai parametri che esse avrebbero dovuto tenere presenti e rispetto alla preesistenza dell’incarico presso una struttura complessa, in favore del P., fin dal 1996;

i motivi, da esaminare congiuntamente stante la loro connessione, sono inammissibili;

l’intero ragionamento del ricorrente si fonda sull’asserzione di essere stato nominato, nel 1996, quale dirigente di struttura complessa e che le delibere del 1999 e 2000, con cui erano state determinate ed assegnate le retribuzioni di posizione, lo avessero illegittimamente individuato come titolare di una retribuzione di posizione ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 55, comma 3, lett. a) del CCNL 1994-1997 cit., quale dirigente munito di incarico non comportante direzione di struttura, ma di rilevante competenza professionale o specialistico – funzionale, in luogo della retribuzione di cui all’art. 54, comma 1, lett. a), propria del dirigente preposto a struttura complessa;

è noto che la retribuzione della dirigenza prevede l’indennità di posizione in misura fissa ed in misura variabile, quest’ultima determinata in base alla tipologia a rilevanza dell’incarico ricevuto, oltre alla retribuzione di risultato;

la contrattazione collettiva (qui, art. 50 CCNL cit.) prevede, per la determinazione della componente variabile dell’indennità di posizione, la fissazione della caratura degli incarichi mediante atto della P.A.;

la Corte territoriale, rispetto alla domanda del ricorrente di riconoscimento dell’indennità di posizione, in quota variabile, secondo i parametri previsti per gli incaricati di direzione di struttura complessa (art. 54, lett. a CCNL cit.), ha ritenuto che la domanda non avrebbe comunque potuto essere accolta, a titolo retributivo, perchè anche a fronte dell’eventuale illegittimità delle delibere assunte dalla P.A., non ne sarebbe derivato il diritto alla corresponsione di un dato importo, neanche in sede giudiziale, in quanto il potere di graduazione è proprio esclusivamente del datore di lavoro pubblico, sicchè non ne potrebbe residuare che una nuova graduazione da parte della P.A. o, si può qui aggiungere, una domanda di stampo risarcitorio, per perdita di chance;

tale impostazione si colloca in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “il provvedimento di graduazione delle funzioni ha natura di atto di macro-organizzazione riconducibile al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2, comma 1, ed integra un elemento costitutivo della parte variabile della retribuzione di posizione”, sicchè “in caso di mancata adozione… (o, va qui aggiunto, in caso di illegittima adozione, n.d.r.) del detto atto organizzativo, la componente variabile non può essere determinata nè con riferimento soltanto all’importanza e complessità dell’incarico ricoperto, nè, in maniera indifferenziata, in proporzione alla disponibilità dell’apposito fondo aziendale, i cui atti di determinazione hanno natura contabile e non sono idonei a fondare posizioni giuridiche piene, a sostegno di pretese economiche individuali” (Cass. 25 marzo 2014, n. 6956 e, di recente Cass. 28 settembre 2020, n. 20480);

il ricorrente, con i propri motivi, insistendo sul fatto che a suo dire l’incarico conferitogli nel 1996 avrebbe dovuto essere qualificato come inerente ad una struttura complessa, finisce per non misurarsi con la ratio decidendi sopra delineata, la quale prescinde dal fatto che tale assunto sia vero o infondato;

il motivo risulta dunque eccentrico rispetto al fondamento decisionale della sentenza impugnata ed è pertanto carente di portata impugnatoria;

ciò senza contare che le delibere di cui si assume l’illegittimità non sono neanche trascritte nell’ambito del ricorso per cassazione, sicchè la formulazione dei motivi si pone dunque in contrasto con i presupposti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1 (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072) e di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai nn. 4 e 6 della stessa disposizione, da cui si desume la necessità che la narrativa e l’argomentazione siano idonee, riportando anche la trascrizione esplicita dei passaggi degli atti e documenti su cui le censure si fondano, a manifestare pregnanza, pertinenza e decisività delle ragioni di critica prospettate, senza necessità per la S.C. di ricercare autonomamente in tali atti e documenti i corrispondenti profili ipoteticamente rilevanti (v. ora, sul punto, Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34469);

il ricorso va quindi disatteso;

nulla sulle spese stante il fatto che la ASL è rimasta intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021

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