Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6311 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 25/02/2022), n.6311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16653-2021 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

44, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO MIGLINO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI MONTI PARIOLI 40, presso

lo studio dell’avvocato FRANCO TASSONI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

COMUNE di AGROPOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 408/2021 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/03/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. – M.A. ha agito in giudizio nei confronti del Comune di Agropoli che ha di conseguenza chiamato in causa la propria compagnia di assicurazioni Generali Italia SPA, sostenendo che, mentre percorreva a bordo del suo scooter una strada sita nel Comune di Agropoli, a causa del brecciolino e di ammassi di cemento, perdeva il controllo del veicolo e finiva contro un palo della luce posto a margine della carreggiata.

Egli ha ritenuto responsabile di questo suo incidente il Comune di Agropoli, quale proprietario e dunque custode della strada, anche per non aver segnalato il pericolo costituito da quegli ostacoli.

Ha agito davanti al Giudice di Pace per ottenere il risarcimento dei soli danni al motorino. Solo successivamente ha invece adito il Tribunale di Vallo della Lucania per ottenere il risarcimento dei danni alla persona.

2. – Il Tribunale di Vallo della Lucania ha ritenuto che il danneggiato avesse illegittimamente frazionato la domanda proponendo due distinte cause: l’una per il danno patrimoniale e l’altra per quello non patrimoniale, pur derivando quei pregiudizi da un unico fatto lesivo.

Il Tribunale ha dunque fatto applicazione della regola giurisprudenziale per la quale, dovendosi ritenere illecito il frazionamento ingiustificato del credito, il giudizio successivamente proposto deve ritenersi improcedibile.

Questa decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Salerno, con motivazione che ha fatto leva sulla deducibilità nel primo giudizio del danno alla persona e dunque del giudicato formatosi sulla relativa seconda domanda.

3. – M.A. ricorre con 5 motivi di cui chiede il rigetto la società Generali Italia con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

primo motivo fa valere violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c., e degli artt. 100 e 112 c.p.c..

Il ricorrente prende atto della giurisprudenza di questa Corte, stabilizzatasi dopo la pronuncia delle Sezioni Unite numero 4090 del 2017, secondo cui, nel caso in cui distinti crediti derivino da un medesimo rapporto o da un medesimo fatto costitutivo, le domande volte a far valere quei crediti possono essere proposte in giudizi separati purché ci sia un oggettivo interesse della parte al frazionamento.

Il ricorrente ritiene che questo oggettivo interesse vi fosse, in quanto al momento in cui ha proposto la domanda per il risarcimento dei danni patrimoniali al veicolo, il danno alla persona non era ancora maturato ed era di difficile accertamento, così che occorreva aspettare l’evoluzione del pregiudizio per poterne fare oggetto di una richiesta di risarcimento.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, la questione era stata già prospettata o comunque rilevata dal Tribunale in primo grado, il quale, facendosi carico del problema, ossia della eventualità che il danno alla persona non fosse ancora utilmente deducibile quando è stato proposta domanda per il risarcimento dei danni patrimoniali, ha escluso invece questa situazione, osservando come il danno alla persona fosse già accertabile al momento in cui la domanda iniziale è stata proposta (la circostanza risulta peraltro dalla motivazione della decisione di primo grado riportata a pagina 4 del controricorso).

Con la conseguenza che la prospettazione del ricorrente di avere avuto interesse ad agire con due diverse domande, per i due diversi tipi di danni in tempi diversi, è una prospettazione che, smentita con l’accertamento effettuato dal Tribunale in primo grado, non risulta essere stata riproposta in appello ove il giudizio del Tribunale poteva essere modificato.

secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo.

Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 100 c.p.c., e pone la medesima questione del secondo.

Il ricorrente osserva che la Corte di appello, avendo motivato l’improcedibilità con l’argomento secondo cui il giudicato copre il deducibile, e che il danno alla persona avrebbe potuto essere dedotto nellia causa avente ad oggetto il danno patrimoniale, ha così omesso di valutare quanto era stato fatto valere con il primo motivo ossia di valutare l’esistenza di un oggettivo interesse a frazionare la domanda.

I motivi sono inammissibili come conseguenza della inammissibilità di quello precedente.

In definitiva la sentenza è conforme a Cass. Sez. U. n. 23726 del 2007 (mentre Cass. n. 4090 del 2017 concerne il credito da rapporti di durata e non da fatto illecito).

Infatti, il ricorrente non dimostra di aver posto in appello la questione, ossia il suo interesse a proporre in via separata ila domanda di risarcimento del danno alla persona, già oggetto di valutazione come si è visto da parte del Tribunale; per altro verso la decisione della Corte di appello ha implicitamente tenuto conto dell’accertamento fatto in primo grado e ne ha tratto la conclusione che su quella questione, ossia della frazionabilità della domanda, si era formato il giudicato.

7. – Il sesto motivo va esaminato prima degli altri ossia del quarto e del quinto in quanto mira, denunciando violazione degli artt. 1175 e 2909 c.c., e degli artt. 88,91 e 92 c.p.c., ad affermare la tesi per cui la domanda di risarcimento del danno alla persona, essendo diversa dalla domanda di risarcimento del danno patrimoniale, dà luogo ad un’azione risarcitoria distinta che può essere quindi proposta separatamente senza violare il divieto di frazionabilità del credito.

Il motivo è infondato.

Infatti, che la domanda abbia un petitum diverso è questione irrilevante, in quanto ciò che impedisce il frazionamento del credito è la circostanza che crediti, sia pur diversi quanto al loro oggetto, vengano fatti valere con azioni risarcitorie distinte quando attengano ad un medesimo rapporto oppure derivino dal medesimo fatto costitutivo, ed è quest’ultimo elemento che caratterizza nel caso che ci occupa l’azione intrapresa dal ricorrente, (senza tacere del fatto che “medesimo fatto costitutivo” va inteso nel senso di “analogo” e non di “identico” – Cass. n. 14143 del 2021).

8. – Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c..

Secondo il ricorrente la Corte non ha pronunciato su un suo motivo di appello specifico, con cui si faceva valere la legittimità del frazionamento del credito, adducendo a sostegno di tale tesi il D.Lgs. n. 209 del 1995, artt. 145 e 148, che impongono al danneggiato di attendere 60 giorni dalla richiesta di pagamento all’assicurazione per richiedere il danno patrimoniale e 90 invece per quello non patrimoniale, segno che le due richieste di risarcimento, avendo termini diversi di proponibilità, possono essere altresì proposti in separato giudizio.

Il motivo è infondato.

Infatti, avendo la Corte di appello ritenuto che si fosse formato il giudicato sulla domanda di risarcimento del danno alla persona, in quanto deducibile nel giudizio avente ad oggetto il danno patrimoniale, la valutazione di tale motivo d’appello risultava assorbito.

9.- Il quinto motivo denuncia violazione degli artt. 1175 e 2909 c.c., oltre che degli artt. 88,91 e 92 c.p.c., ed omesso esame.

La tesi del ricorrente è che, anche ammesso che non si poteva proporre in modo frazionato la domanda, la conseguenza non doveva essere l’improcedibilità bensì una sanzione sul piano delle spese processuali.

Il motivo è inammissibile.

Va osservato come la Corte d’appello abbia dichiarato l’improcedibilità per via del giudicato formatosi sul deducibile, e non già quale sanzione dell’illecito frazionamento. Con la conseguenza che la censura non coglie la ratio della decisione.

Che poi il rilievo della formazione del giudicato sul deducibile fosse corretto discende da quanto detto nella discussione dei motivi precedenti.

Il ricorso va dunque rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessive 3000,00 Euro oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

 

 

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