Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 631 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2017, (ud. 07/12/2016, dep.12/01/2017),  n. 631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27335-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, CF (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6071/40/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI ROMA – SEZIONE DISTACCATA DI LATINA, emessa l’1/07/2014

e depositata il 14/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva rigettato l’appello dello stesso ufficio contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina, la quale, in accoglimento del ricorso di R.M., aveva annullato un avviso di accertamento, per l’anno 2003.

Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che l’avviso di accertamento sarebbe stato carente di validi elementi probatori, idonei a comprovare lo svolgimento di lavoro autonomo o imprenditoriale, nè sarebbe risultato in alcun modo dimostrato lo svolgimento di attività in nero. L’avviso sarebbe stato dunque privo dei requisiti motivazionali.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è articolato in un unico motivo. La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 nonchè del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 51 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Assume che, sulla scorta delle movimentazioni rilevate su un conto corrente del contribuente, sarebbe stato del tutto legittimo porre la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 51. Di nessun’altra prova sarebbe stato onerato l’Ufficio.

L’intimato non si e costituito.

Il ricorso è fondato.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione e soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili. (Sez. 5, n 15857 del 29/07/2016; Sez. 5, n. 26111 del 30/12/2015).

Deve dunque procedersi alla cassazione della sentenza con rinvio alla CIR del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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