Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6306 del 10/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/03/2017, (ud. 30/11/2016, dep.10/03/2017),  n. 6306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 565-2011 proposto da:

P.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato CORRADO

SGROI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSALIA GRANDE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUIGI LA

PECCERELLA, LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 336/2010 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 05/08/2010 R.G.N. 843/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Dott. CALAFIORE DANIELA;

udito l’Avvocato CORRADO SGROI per delega Avvocato ROSALIA GRANDE;

udito l’Avvocato FAVATA EMILIA per delega Avvocato LUCIANA ROMEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

P.G. chiese al Tribunale di Caltanissetta la condanna dell’Inail a corrisponderle la rendita ai superstiti prendendo come base di calcolo l’effettiva rendita per malattia professionale erogata al marito deceduto, comprensiva della componente del danno biologico, ovvero, in subordine, che fosse riconosciuto il proprio diritto al ristoro in unica soluzione del danno biologico subito dal marito, secondo quanto previsto dalle tabelle di liquidazione in uso al Tribunale di Milano; in ulteriore subordine, chiese sollevarsi questione di costituzionalità relativamente al t.u. n. 1124 del 1965, artt. 85, 116, 117, 118 e 120 ed al D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, per contrasto con gli artt. 2, 3, 32, 36 e 38 Cost., nella parte in cui non prevedono espressamente la reversibilità della rendita ai superstiti nella sua componente riferita al danno biologico.

L’Istituto le aveva riconosciuto la prestazione nella sola misura del 50% dell’importo retributivo annuo base percepito dal coniuge, che era titolare di rendita Inail con invalidità permanente riconosciuta nella misura dell’85% dall’anno 2007.

Il Tribunale rigettò le domande. La Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza sostenendo che la disciplina derivante dal t.u. n. 1124 del 1965, artt. 85, 116, 117, 118 e 120 e dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, non prevede che la rendita ai superstiti venga calcolata con la inclusione della componente liquidata a titolo di danno biologico. Tale scelta non è ingiustificata o irrazionale, rientrando nella discrezionalità del legislatore la scelta di indennizzare il solo danno patrimoniale patito dai superstiti. Inoltre, l’Inail non è legittimato passivo in ordine ad ulteriori pretese risarcitorie degli eredi dati i limiti di operatività della tutela indennitaria dei superstiti.

P.G. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria pervenuta oltre i termini previsti dall’art. 378 c.p.c..

Resiste l’Inail con controricorso.

Diritto

1. Con il primo motivo P.G. lamenta la violazione e/o falsa applicazione e/o erronea interpretazione, in combinato disposto tra loro, del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 66, 74, 85, 116, 117, 118 e 120 nonchè del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13. In sostanza, la ricorrente denuncia l’erroneità dell’interpretazione degli articoli del t.u. n. 1124/1965 sopra indicati in quanto condotta senza tenere in considerazione che la tutela del danno biologico è stata portata all’interno della copertura assicurativa INAIL attraverso l’introduzione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13. Secondo la ricorrente, dunque, poichè la rendita base riconosciuta al de cuius era già stata calcolata mediante l’applicazione del t.u. n. 1124 del 1965, artt. da 116 a 120 e cioè nella misura del 100% della retribuzione e su questa si era innestata la valutazione del danno biologico, una interpretazione del t.u. n. 1124 del 1965 doverosamente ispirata a criteri di sistematicità e di coerenza anche con i pronunciamenti della Corte Costituzionale avrebbe dovuto condurre all’accoglimento della domanda principale. A ragionare diversamente, infatti, deriverebbe la conseguenza che la tutela in forma di capitale, relativa ad inabilità di minore gravità, risulterebbe piena e più intensa di quella in forma di rendita laddove l’assicurato deceda a seguito della malattia o dell’infortunio.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sul fatto controverso e decisivo del giudizio attinente alla trasmissibilità e/o risarcibilità del danno biologico in capo all’avente diritto. Il motivo censura la insufficiente motivazione da parte della Corte d’appello di Caltanissetta giacchè la questione era stata liquidata con la mera affermazione che esula dalla tutela indennitaria offerta dalli INAIL qualsiasi rilevanza soggettiva del danno sofferto dal congiunto. Ciò in aperta contraddizione, a giudizio della ricorrente, con il principio introdotto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13. Ad avviso della parte, dunque, la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare l’operatività della regola del risarcimento del danno dinamico – relazionale anche all’interno della sfera assicurativa con tutte le consequenziali proiezioni in ordine alla trasmissibilità agli eredi del medesimo diritto.

3. I motivi, stante la loro connessione, vanno trattati congiuntamente. Il loro esame va svolto attraverso la ricostruzione sistematica della disciplina della rendita ai superstiti, espressamente prevista dall’art. 66, n. 4 e regolata dal t.u. n. 1124 del 1965, art. 85, dapprima, in una dimensione esclusivamente interna al perimetro di operatività della prestazione tipica prevista dal t.u. n. 1124 del 1965. Poi, l’indagine sarà estesa all’intero oggetto dell’assicurazione obbligatoria al fine di verificare se a seguito delle innovazioni introdotte dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 85, possa ritenersi fondata la pretesa dei familiari superstiti ad ottenere, comunque, dall’INAIL il ristoro per il danno biologico subito dal congiunto morto sul lavoro.

4. E’ opportuno, comunque, chiarire subito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, questa Corte di legittimità non ha, in precedenza, affrontato in modo espresso le questioni sopra indicate. In particolare, non assume valore di precedente favorevole alla stessa parte la sentenza di questa Corte n. 12326/2009, citata dalla ricorrente. Tale pronuncia, nei limiti dei motivi di ricorso, si è limitata ad accogliere uno dei motivi proposto dall’INAIL (relativo alla non risarcibilità, in favore dei familiari, del danno biologico subito dall’infortunato la cui morte era sopraggiunta immediatamente a seguito di sinistro stradale).

5. Il tenore dei motivi, inoltre, richiede di verificare il significato attuale delle disposizioni del testo unico n. 1124 del 1965 che regolano la rendita ai superstiti e sollecita la necessità di interpretare il quadro normativo in via evolutiva e sistematica, in modo da giungere alla conclusione secondo cui la modifica della regolamentazione della rendita per inabilità permanente (t.u. n. 1124 del 1965, art. 66, n. 2) operata dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, avrebbe comportato inevitabilmente la necessità di considerare anche nel calcolo della rendita ai superstiti, elencata al n. 4 del medesimo art. 66, l’incidenza della quota relativa al danno biologico.

6. Resta per il momento estranea a questo campo d’indagine la diversa ed ulteriore questione della inclusione – comunque – nell’oggetto dell’assicurazione obbligatoria di una generica pretesa risarcitoria degli eredi nei confronti dell’Inail per il danno biologico subito dall’assicurato deceduto, sulla cui presunta esistenza risulta formulata la domanda subordinata.

7. La vicenda legislativa che ha condotto all’introduzione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art 13 è stato preceduta da diversi interventi della Corte Costituzionale attraverso i quali si è affermata l’autonomia della nozione di danno biologico derivante dalla violazione dell’art. 32 Cost., rispetto al danno da riduzione o perdita dell’attività lavorativa e la sua estraneità all’oggetto dell’assicurazione disciplinato dal testo originario del t.u. n. 1124 del 1965. Si è, dunque, sostenuta, da parte della Corte costituzionale, la necessità che anche il rischio della menomazione dell’integrità psicofisica del lavoratore, prodottasi per causa di lavoro, dovesse godere di una garanzia assicurativa differenziata al fine di ottenere la ” effettiva, tempestiva ed automatica” riparazione del danno alla salute (Corte cost. n. 87/1991). Ciò in quanto (Corte cost. n. 356/1991) la piena discrezionalità del legislatore nella scelta delle tutele da accordare nelle diverse situazioni va esclusa ove occorre tutelare situazioni soggettive costituzionalmente garantite, come il diritto alla salute, giacchè per queste ultime la garanzia costituzionale implica logicamente l’obbligo del legislatore di apprestare una tutela piena ed in particolare- ma non esclusivamente – una piena tutela risarcitoria. Proprio dall’esistenza di tale principio, dunque, la Corte costituzionale (Corte cost. 356/1991) ha tratto la conclusione dell’illegittimità costituzionale dell’art. 1916 c.c. nella parte in cui consente all’assicuratore che agisce in via di surroga di avvalersi, a tal fine, anche delle somme che il terzo deve al danneggiato a titolo di risarcimento del danno biologico che non formi oggetto della copertura assicurativa. Sulla stessa linea si colloca anche Corte costituzionale n. 485/1991 che, ribadendo il proprio precedente appena indicato, ha dichiarato: a) l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, commi 6 e 7, nella parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa abbiano diritto, nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l’infortunio è derivato, al risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacita lavorativa generica solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l’ammontare delle indennità corrisposte dall’Inail; b) l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 30 giugno 1964, n. 1124, art. 11, commi 1 e 2, nella parte in cui consente all’Inail di avvalersi, nell’esercizio del diritto di regresso contro le persone civilmente responsabili, anche delle somme dovute al lavoratore infortunato a titolo di risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o alla riduzione della capacita lavorativa generica.

8. Nel medesimo contesto temporale, la Corte costituzionale (n. 372/1994), pronunciando nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2043 c.c. e 2059 c.c., nella parte in cui non consentono il risarcimento del danno derivante dalla violazione del diritto alla vita, ha precisato che – contrariamente all’assunto del giudice remittente – dalle sentenze della stessa Corte nn. 356 e 485 del 1991 non è possibile argomentare che in caso di infortunio mortale la rendita corrisposta dall’Inail ai superstiti includa il risarcimento del danno biologico derivato al lavoratore per la parte riconducibile alla mera attitudine a produrre reddito in quanto l’assicurato è morto. Piuttosto, la Corte costituzionale ricorda che la rendita spetta iure proprio ai superstiti indicati dal t.u. 1124 del 1965, art. 85, e che tale regola va accostata a quella analoga contenuta nell’art. 1920 c.c., comma 2. Si tratta, quindi, di norma estranea al tessuto della responsabilità civile che ha la funzione di garantire l’indennizzo forfettario del pregiudizio patrimoniale sofferto a ragione del rapporto di dipendenza economica con il defunto. Il danno biologico ad essi eventualmente derivato dalla morte del familiare, afferma la Corte costituzionale, è disciplinato dal diritto comune.

8. La dottrina ha osservato che attraverso tali interventi della Corte costituzionale sono stati definiti i contenuti della tutela assicurativa apprestata dal t.u. n. 1124/1965, anteriormente all’introduzione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 e sono stati precisati i rapporti tra danno da riduzione o perdita della capacità lavorativa generica e danno biologico; in particolare, quest’ultimo ha assunto totale autonomia per effetto della copertura costituzionale derivante dall’art. 32 Cost., e quindi: a) non fa parte della copertura assicurativa obbligatoria; b) non rientra nell’esonero del datore di lavoro; c) va risarcito secondo i canoni risarcitori comuni del diritto civile; d) gli enti previdenziali non possono utilizzare l’equivalente monetario del danno biologico.

9. Anche questa Corte di cassazione ha confermato tale ricostruzione dei rapporti tra assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e responsabilità civile sostenendo che, secondo la disciplina di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, applicabile per il periodo antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, l’indennizzo previsto in caso di infortunio sul lavoro si riferisce esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa e, anche in base all’interpretazione della Corte costituzionale (sentenze n. 319 del 1981, n. 87 e 356 del 1991), non comprende una quota volta a risarcire il danno biologico, atteso che la configurabilità concettuale della duplice conseguenza (patrimoniale e non patrimoniale) del danno alla persona non significa che il diritto positivo prevedesse un “danno biologico previdenziale patrimoniale” (Cass. 4080/2002; 12387/2003; 8365/2004).

10. Per quanto riguarda, poi, la particolare posizione dei superstiti, Cass. 19560/2003 ha ritenuto, fra l’altro, che la prestazione economica che la legge pone a carico dell’ente previdenziale, quando essa consista in una rendita a favore dei superstiti in caso di morte del lavoratore assicurato, costituisce risarcimento del danno patrimoniale subito in dipendenza della morte del congiunto, del quale i beneficiari sono titolari in base ad un proprio diritto, spettante esattamente per la loro qualità di assistiti; sicchè, allo stesso modo di quanto avviene per il diritto del lavoratore infortunato a non vedere pregiudicato il suo diritto al risarcimento dei danni alla persona per effetto dell’azione surrogatoria esercitata ai sensi della citata L. n. 990 del 1969, art. 28, dall’ente previdenziale per il recupero delle prestazioni erogate a ristoro del danno patrimoniale, anche per i superstiti, assegnatari di rendita in caso di decesso del lavoratore loro congiunto, deve valere analoga disciplina di rispetto del diritto al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti.

11. Può, quindi, darsi per consolidato, nel regime precedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000, il convincimento che il ristoro del danno biologico fosse estraneo alla rendita ai superstiti così come lo era per la rendita da inabilità permanente.

12. I ripetuti moniti rivolti dalla Corte costituzionale al legislatore sopra ricordati hanno determinato la profonda revisione del sistema di indennizzo concepito dal t.u. n. 1124 del 1965. La L. delega n. 144 del 1999, art. 55, lett. s), in particolare, ha raccolto l’invito formulato della Corte costituzionale ed ha previsto che successivi decreti legislativi introducessero “nell’oggetto dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali e nell’ambito del relativo sistema di indennizzo e di sostegno sociale, un’idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della tariffa dei premi”. Il legislatore del D.Lgs. n. 38 del 2000, ha dato esecuzione alla delega incidendo su più livelli: a) ha definito, in via sperimentale, il danno biologico quale lesione temporanea o permanente alla integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale della persona, comprensiva degli aspetti dinamico – relazionali; b) ha inserito il danno biologico nel sistema di indennizzo e di sostegno sociale apprestato dall’Inail; c) ha strutturato integralmente il sistema di calcolo dell’indennizzo in rendita ed in capitale.

13. Dall’esame dell’intervento legislativo in esame non emerge alcun riferimento alle disposizioni del t.u. n. 1124 del 1965 che regolano la rendita ai superstiti. Anzi, la tecnica di innesto delle nuove disposizioni è quella dell’intervento selettivo e mirato che ha determinato un sistema chiuso ed impermeabile rispetto alla precedente regolamentazione (Cass. n. 12629 del 18/06/2015; Corte Cost. 426/2006).

14. E’ significativo che l’art. 13, al comma 2 preveda che l’indennizzo dovuto in caso di danno biologico, per i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi nonchè a malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, sia erogato in luogo della espressa prestazione di cui al testo unico art. 66, comma 1, n. 2). L’art. 13 ha completamente modificato il sistema di calcolo della rendita che si compone di due quote (Cass. 11940/2008; Cass. 13754/2014).

L’indennizzo del danno biologico ha sostituito la rendita per inabilità permanente già prevista dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 66, in questi termini:

– indennizzo in capitale del solo danno biologico per menomazioni superiori al 6% sino al 16%;

– indennizzo in rendita per menomazioni pari o superiori al 16% di cui una quota per danno biologico ed una ulteriore quota aggiuntiva per conseguenze patrimoniali delle menomazioni;

– a questi indennizzi si perviene utilizzando tre tabelle (tabella delle menomazioni; tabella indennizzo danno biologico, contenente le misure del ristoro economico del danno biologico dal 6% al 100%, e tabella dei coefficienti) approvate con il decreto ministeriale del 12 luglio 2000.

15. Nessun riferimento espresso, dunque, è fatto alla rendita ai superstiti che è contemplata al t.u. n. 1124 del 1965, art. 66, n. 4. Al contrario, essa continua ad essere regolata dall’art. 85 del t.u. come modificato dalla L. n. 251 del 1982, art. 7, comma 1, secondo il quale se l’infortunio ha per conseguenza la morte spetta a favore dei superstiti sotto indicati una rendita nella misura di cui ai numeri seguenti ragguagliata al 100 per cento della retribuzione calcolata secondo le disposizioni degli artt. da 116 a 120.

16. Occorre, poi, ricordare che la rendita ai superstiti è sempre stata considerata come prestazione del tutto autonoma rispetto alla rendita dell’assicurato giacchè, secondo la giurisprudenza di questa Corte:

– spetta iure proprio e non iure successionis (Cass. 3069/2002; Cass. 11745/1997);

– il diritto alla rendita non appartiene al patrimonio del de cuius perchè nasce alla morte dell’assicurato;

– i titolari sono previsti dalla legge e l’indennità non si confonde con il patrimonio del defunto;

– non è essenziale ai fini dell’erogazione della rendita ai superstiti che sia costituita la rendita in favore del de cuius (Cass. 10533/1996; Cass. 5398/1994);

– la rendita ai superstiti compete anche se la rendita del congiunto sia stata liquidata all’assicurato in capitale e da questo investita (Cass. 5289/1999).

17. Anche dopo l’introduzione del D.Lgs. n. 38 del 2000, il legislatore ha continuato a considerare, quanto all’effettività della tutela dei superstiti, in modo specifico e differenziato la loro posizione all’interno del sistema assicurativo obbligatorio. Così la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 73 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) ha stabilito che a decorrere dal 1 luglio 2001 non opera il divieto di cumulo tra il trattamento di reversibilità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nonchè delle forme esclusive esonerative e sostitutive della medesima, e la rendita ai superstiti erogata dall’ INAIL, spettante in caso di decesso del lavoratore conseguente ad infortunio sul lavoro o malattia professionale. Ad ulteriore conferma della evidente scelta legislativa di regolare la prestazione ai superstiti in via autonoma rispetto all’ambito tracciato dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, va ricordato che sino a tempi assai recenti il legislatore si è preoccupato di adottare misure tendenti a rendere quanto più effettiva la tutela dal bisogno dei familiari dei morti sul lavoro. Così, per porre rimedio alla conseguenza che il sistema di calcolo della rendita in favore dei familiari, calcolata comunque solo sulla retribuzione ai sensi del t.u. n. 1124 del 1965, artt. da 116 a 120, penalizzava i familiari dei lavoratori più giovani, la L. n. 147 del 2013, art. 1 comma 130, ha previsto che per i lavoratori deceduti a decorrere dal 10 gennaio 2014 la rendita ai superstiti è calcolata, in ogni caso, sul massimale di cui all’art. 116, comma 3.

Anche la rendita ai superstiti, infine, è soggetta a rivalutazione per il principio del periodico adeguamento delle prestazioni previdenziali alla dinamica salariale (artt. 36 e 38 Cost., L. n. 15 del 1963, art. 10, L. n. 412 del 1991, art. 11).

18. Infine, va rilevata l’assenza di elementi idonei a fondare dubbi di costituzionalità sulla regolamentazione della rendita ai superstiti. Contrariamente a quanto adombrato dalla ricorrente, infatti, non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 3 della Cost. giacchè non viola il canone di razionalità la scelta di attrarre all’interno dell’oggetto dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali il danno biologico con riferimento alla prestazione rivolta al solo assicurato, lasciando all’area esterna del diritto civile la tutela dei diritti risarcitori degli eredi.

19. Neppure dalla concreta fattispecie rappresentata in ricorso emergono ragioni per ritenere sussistenti dubbi in ordine alla violazione dell’art. 38 Cost., comma 2. Infatti, in difetto di evidenze diverse, il complesso di misure che l’ordinamento appresta a tutela dei superstiti, di cui si è sopra fornita una significativa descrizione, appare rispettoso dei principi di solidarietà sociale e di eguaglianza sostanziale e quindi risulta garantito il soddisfacimento delle esigenze di vita dei beneficiari. Si ricorda, sul punto, Corte Costituzionale n. 426/2006, secondo cui l’art. 38 Cost., comma 2, rimette alla discrezionalità del legislatore la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali sulla base di un razionale contemperamento con la soddisfazione di altri diritti, anch’essi costituzionalmente garantiti, e nei limiti delle compatibilità finanziarie. Del resto, l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali non è ispirata al criterio della piena socializzazione del rischio, giacchè il D.P.R. n. 1124 del 1965 circoscrive l’ambito della sua operatività in relazione sia all’aspetto oggettivo, che a quello soggettivo (sentenze n. 17 del 1995 e n. 310 del 1994).

19. In definitiva, dall’esame dell’intero tessuto normativo al cui interno si colloca la rendita ai superstiti e dal confronto con i contenuti delle disposizioni oggetto delle innovazioni introdotte dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, non si palesano ragioni per interpretare le disposizioni relative alla rendita ai superstiti diversamente dal testuale tenore delle medesime, giacchè è proprio l’interpretazione sistematica delle stesse a rivelare che l’inserimento del risarcimento del danno biologico all’interno del sistema assicurativo obbligatorio ha interessato esclusivamente la disciplina della rendita dell’assicurato. Dunque, l’interpretazione proposta dalla ricorrente risulta erronea anche con riguardo alla disciplina introdotta nel 2000. E, per quel che si è detto, non potrebbe essere diversamente, da un punto vista logico – giuridico.

20. La sentenza impugnata, infine, ha correttamente disatteso pure il profilo, prospettato in via subordinata, relativo ad un affermato diritto dei congiunti ad ottenere dall’Inail, anche in forma diversa dalla rendita ai superstiti, con liquidazione in capitale, a mezzo dell’applicazione delle tabelle in uso al Tribunale di Milano o in via equitativa, il risarcimento del danno biologico subito dal congiunto e non coperto dalla rendita erogata.

21. La pretesa è del tutto estranea al sistema delle assicurazioni contro gli infortuni e le malattie professionali che si fonda sul principio della previsione per legge delle prestazioni dovute dall’Inail e sull’automatismo dell’insorgenza del diritto ad ottenerle in presenza dei presupposti voluti dalla legge, indipendentemente dall’effettivo versamento dei premi.

Tale carattere implica, necessariamente, che le prestazioni siano tipiche e non sia possibile includere nel novero delle prestazioni assicurative forme di indennizzo non espressamente previste dalla legge sull’assicurazione obbligatoria. Il sistema di previdenza sociale ha rilievo pubblico e carattere di inderogabilità come si desume, nella materia dell’assicurazione Inail, dal t.u. n. 1124 del 1965, art. 114, comma 1. La norma contiene la previsione della nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere il pagamento delle indennità o ad ottenere la riduzione delle stesse.

22. Il ricorso va, quindi, respinto.

23. Le spese del presente giudizio devono essere compensate in considerazione dell’ assenza di precedenti specifici di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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