Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6302 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. II, 05/03/2020, (ud. 11/07/2019, dep. 05/03/2020), n.6302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13929/2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, P.LE CLODIO 56 QUARTO

PIANO INT. 8, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BONACCIO,

rappresentata e difesa dagli avvocati LORENZO BARTOLUCCI, LORENZO

BALESTRA;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE DI ANCONA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE MAZZINI 11 PAL H INT3, presso lo studio dell’avvocato LUISA

FONTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

PETRINA;

CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI PESARO E URBINO

rappresentato e difeso dall’avvocato PRATELLI MICHELE;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il

12/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2019 dal Consigliere SERGIO GORJAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato BALESTRA Lorenzo, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PETRINA Paolo, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il notaio F.A. ebbe a proporre ricorso avanti la Corte d’Appello di Ancona avverso il provvedimento disciplinare con il quale il CO.RE.DI delle Marche ed Umbria ebbe ad infliggerle la sanzione pecuniaria di Euro 15.000,00 in dipendenza di condotte ritenute contrarie alla deontologia professionale dalla stessa tenute. Osservava la Dott. F. come l’azione disciplinare era stata avviata da soggetto non legittimato – il Presidente del Consiglio notarile di Ancona, mentre ella era iscritta al Collegio di Pesaro-Urbino -, come nel merito le condotte contestate non configurassero situazioni di illecito disciplinare e come non fosse applicabile l’istituto della continuazione ai fini della tassazione della sanzione. La Corte d’Appello di Ancona, ad esito del procedimento, ebbe ad accogliere parzialmente il ricorso in punto inapplicabilità dell’istituto della continuazione, ritassando sempre in Euro 15 mila la sanzione pecuniaria inflitta, mentre pel resto rigettava l’opposizione.

Rilevava la Corte dorica che la nuova formulazione dell’art. 153 legge notarile individua, quale titolare della promozione dell’azione disciplinare, anche, il Presidente del Collego notarile nel cui territorio era stato commesso l’illecito; che sussistevano le contestazioni elevate poichè provata ed effettivamente contraria alle regole deontologiche la condotta tenuta dalla notaio; che la sanzione pecuniaria infitta era da riformulare, poichè non applicabile l’istituto della continuazione,ma nella medesima misura.

La notaio F.A. ha proposto ricorso per cassazione articolato su sette motivi ed illustrato con nota difensiva.

Si sono costituiti ritualmente a resistere con controricorso sia il Consiglio notarile di Ancona che quello di Pesaro-Urbino.

All’odierna udienza in camera di consiglio è intervenuto il P.G. – rigetto del ricorso – nonchè sono stati sentiti i difensori delle parti presenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dalla F. appare privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione la ricorrente denunzia violazione del disposto in art. 160 Legge notarne, ad L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4, ed D.P.R. n. 1199 del 1971, artt. 1 e 8, in quanto malamente la Corte territoriale ritenne irrilevante l’omessa indicazione, afferente i possibili mezzi d’impugnazione, nel corpo del provvedimento irrogativo della sanzione, benchè un tanto imposto dalle norme dianzi citate.

La censura è priva di pregio giuridico poichè è costante insegnamento di questo Supremo Collegio – Cass. SU n. 13617/12 ribadito anche da successiva decisione di questa sezione – che in tema di procedimento disciplinare dei notai non trova applicazione la norma L. n. 241 del 1990, ex art. 7, stante la puntuale disposizione speciale novellato L. n. 89 del 1913, ex art. 153, che impone l’immediato avvio del procedimento.

Inoltre va rilevato come la disposizione ex L. n. 241 del 1990, siccome richiamata D.Lgs. n. 249 del 2006, ex art. 49, nel novellato art. 160 legge notarile, trova applicazione in assenza di disposizione specifica, nella specie come visto esistente.

Per altro la censura, quale effetto pratico della manchevolezza, deduce l’omessa precisazione dei mezzi d’impugnazione avverso il provvedimento di avvio dell’azione disciplinare il cui svolgimento appare completamente determinato dalla legge notarile e prevede l’evocazione dell’incolpato esclusivamente avanti il COREDI, sicchè alcun dubbio può conseguire alla parte interessata circa la sua possibilità di svolgere adeguata difesa avanti l’Organo competente.

Con la seconda ragione di doglianza la F. deduce violazione di norme giuridiche portate L. n. 89 del 1913, ex artt. 92 bis, 93, 93 bis, 93 ter, 152 e 153, novellata ex D.Lgs. n. 249 del 2006, poichè erroneamente il Collegio dorico ha ritenuto abilitato al promovimento dell’azione disciplinare anche il Presidente del Consiglio notarile di Ancona – luogo dei commessi illeciti – benchè ella fosse iscritta presso il Collegio notarile di Pesaro-Urbino.

Dunque, ad opinione della ricorrente, doveva trova applicazione la norma ex art. 93 ter legge notarile novellata, che individua nel Consiglio notarile d’appartenenza il soggetto legittimato a promuovere l’azione disciplinare,posto che dovevano esser distinti i concetti di “iniziativa” e “promovimento” del procedimento disciplinare.

In tal modo ad opinione della ricorrente trovavano conciliazione armonica le norme portate ex artt. 93 ter e 153 legge notarile novellata, poichè l’iniziativa spettava anche al Presidente del Collegio notarile individuato in forza del luogo di commesso illecito, mentre il promovimento dell’azione disciplinare competeva al Collegio notarile di iscrizione.

L’argomentazione critica svolta dalla F. non appare meritevole di accoglimento in quanto non supportata dalla lettera della legge.

Difatti il testo dell’art. 93 ter, risulta inserito nella legge notarile dal D.Lgs. n. 249 del 2006, mentre il testo dell’art. 153 fu novellato anche dalla legge n. 27 del 2012, di conversione del D.L. n. 1 del 2012.

Difatti nella legge di conversione al fine di rendere omogenea l’iniziativa disciplinare riconosciuta al Procuratore della Repubblica – ampliata anche al PM del locus commissi – venne anche previsto che detta facoltà fosse riconosciuta al Presidente del Collego notarile del luogo in cui viene commesso l’illecito.

Dunque è positivamente previsto dalla legge che – anche – il Presidente del Collegio notarile competente in relazione al luogo in cui furono poste in essere le condotte illecite sia abilitato al promovimento dell’azione disciplinare avanti il COREDI, e nella specie detto soggetto era effettivamente il Presidente del Collegio notarile di Ancona.

La norma posta nel 2012 non entra in conflitto con la disposizione del 2006 ex art. 93 ter legge notarile, poichè amplia la previsione di questa e non incide sulla sua operatività, ponendo in essere una legittimazione concorrente come riconosciuto al Procuratore della Repubblica.

L’argomentazione critica, fondata sull’osservazione che l’attività di sorveglianza sull’operato del notaio è assegnata al Collegio notarile d’appartenenza, non rileva ai fini della questione sottoposta a questa Corte poichè attiene alla fase della raccolta degli elementi lumeggianti la concorrenza della condotta assunta siccome illecita disciplinarmente; fase necessariamente antecedente al promovimento dell’azione disciplinare,oggetto della questione sottoposta alla Corte.

Dunque non concorre alcuna violazione delle norme citate della legge notarile novellata, posto che risulta positivamente previsto da detto provvedimento legislativo la legittimazione anche – nella specie – del Presidente del Collegio anconetano poichè nel suo distretto vennero commessi gli illeciti contestati alla notaio F..

Con la terza doglianza la ricorrente rileva violazione di norme di diritto ex artt. 2697 e 2698 c.c., art. 147, comma 1, lett. b), artt. 26 e 27 legge notarile in relazione al codice deontologico poichè la Corte distrettuale ha ritenuto riscontrata e concorrente condotta non occasionale di stipula di atti fuori sede nei giorni di indicata presenza nella sede assegnata – violazione delle disposizioni ex artt. 6, 9 e 10 del Codice deontologico – nonostante detta condotta non integrasse gli estremi delle contestate violazioni.

L’argomento critico svolto in effetti si compendia nella diversa valutazione delle emergenze probatorie ed in un’astratta ricostruzione della disciplina legislativa introducendo il dato di fatto – irrilevante – afferente la circostanza che alcun errore fu riscontrato sussistere in qualche atto rogato fuori sede.

Viceversa la Corte marchigiana ha puntualmente esaminate le emergenze probatorie a sostegno della contestazione de quo e rilevato come assai sensibilie fu il numero d’atti rogati fuori sede nei giorni prescritti per la presenza ed assistenza nella sede d’assegnazione propria e come la notaio F. non aveva addotto dato fattuale alcuno per valutare la concorrenza delle speciali ragioni previste dalla norma per consentire quanto fatto – Cass. sez. 2 n. 9358/13 -.

Non assume rilievo la circostanza che gli atti rogati fuori sede non ebbero a palesare errori poichè detta circostanza è estranea alla condotta contestata – non aver rispettato l’obbligo di assistenza e presenza nella sede propria in determinate giornate -.

E nemmeno sviluppa incidenza la nuova disciplina in tema di concorrenza, con possibilità dei notai di svolgere l’attività professionale in tutto il territorio del distretto della Corte d’Appello di appartenenza,posto che la precisa indicazione dei giorni di sicura presenza nella sede d’assegnazione propria del notaio risulta prevista quale correttivo armonico con la nuova facoltà al fine di assicurare l’effettiva copertura territoriale del servizio pubblico svolto.

Pertanto non concorre la violazione delle regole sull’onere della prova siccome dedotto poichè la Corte territoriale ha assunto la sua decisione valutando i dati probatori versati in atti dal Consiglio notarile e rappresentati da repertori e documenti notarili e rilevando come la F. non ebbe a soddisfare il suociere probatorio di dar prova del concorrere delle speciali circostanze che la ind6ero a non osservare il suo obbligo.

Onere probatorio proprio del professionista stante la prossimità della prova per una condotta eccezionale rispetto all’obbligo legale e deontologico non rispettato. Con il quarto mezzo d’impugnazione la F. denunzia violazione delle regole di diritto desumibili ex artt. 2697 e 2698 c.c., ed art. 147 legge notarile novellata in relazione agli artt. 14 e 31 del Codice deontologico, nonchè D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 2, sull’iva, poichè il Collegio dorico ritenne sussistenti e provate le condotte di frettolosa confezione degli atti e l’utilizzo di procacciatori, mentre un tanto non risultava provato e comunque la condotta tenuta non sostanziava le incolpazioni elevate sul punto.

Osserva anzitutto la ricorrente come non risulta rilevato alcun errore negli atti – in tesi accusatoria – rogati frettolosamente; come gli elementi probatori acquisiti in atti non consentissero di individuare l’effettiva esistenza del procacciatore e come, anzi, al riguardo il ragionamento di valutazione probatoria esposto dal Collegio dorico fosse errato.

Anche detta censura si compendia in buona sostanza nella contrapposizione di propria tesi alternativa sia giuridica che di elaborazione probatoria rispetto a quella formulata dalla Corte di merito più che nella specifica indicazione di un vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1.

Difatti i Giudici d’Ancona hanno puntualmente messo in evidenza, con preciso riferimento alla relativa fonte d4 prova, come la notaio F. ebbe a rogare atti presso studi di altri professionisti in favore di loro clienti emettendo anche le fatture relative al suo compenso, non già, al soggetto intervenuto nell’atto, bensì al professionista in questione.

Inoltre la Corte dorica ha puntualmente esaminato e disatteso le argomentazioni difensive svolte dalla ricorrente, rilevando come le società parti degli atti rogati presso studi di altri professionisti avessero sede proprio presso detti studi,sicchè non aveva pregio l’affermazione che gli atti erano stati rogati presso la sede del soggetto partecipe all’atto e come dall’analitica elencazione degli atti rogati con indicazione anche degli orari e dell’effettiva attività svolta, desumibile dagli stessi atti, appariva fondata la propsettazione che il tempo di confezione era insufficiente per l’effettiva loro illustrazione e financo della fattuale loro lettura. Circa poi l’osservanza del canone ex art. 2697 c.c,. sull’onere probatorio, la Corte territoriale s’è limitata a rilevare come il Collegio notarile ha fondato le sue incolpazioni sugli atti rogati dalla notaio, sicchè spettava a questa provare le circostanze particolari che ebbero ad indurla a rogare, con dette modalità, un sensibile numero di atti.

A fronte di detta puntuale ed esaustiva motivazione la ricorrente si limita a prospettare una propria valutazione alternativa del tessuto probatorio ed a lamentare illegittima inversione dell’onere probatorio poichè la Corte distrettuale non ha ritenuto di aderire alle sue giustificazioni.

Dunque non concorre la denunziata violazione di legge, nemmeno sotto il profilo correlato alla disciplina sull’iva, posto che la Corte di merito, lungi dal rilevare inosservanza di detta normativa in relazione alle fatture emesse, non già in capo al soggetto partecipe dell’atto bensì al professionista nel cui studio detto atto fu rogato, ha semplicemente utilizzato detto dato oggettivo quale ulteriore elemento a conforto probatorio dell’accertamento che l’atto fu rogato presso la sede di professionisti agenti quali procacciatori di clienti della notaio.

Con la quinta ragione di doglianza la F. lamenta violazione delle regole di diritto L. n. 89 del 1913, ex artt. 135,144 e 145, novellata, in quanto la Corte di merito,nonostante l’accoglimento di specifica censura al riguardo della tassazione della sanzione, ha ritassato la stessa nella medesima misura.

Secondo la ricorrente le contestate violazioni sono riconducibili alla medesima condotta sicchè la sanzione ara da applicare una sola volta e non nella sua massima estensione.

La censura non ha pregio giuridico e perchè le violazioni disciplinarmente rilevanti contestate sono due, sicchè la sanzione in difetto d’applicabilità dell’istituto della continuazione deve applicarsi sanzione per ognuna delle contestazioni accertate e perchè comunque la sanzione irrogata, siccome riconosce la stessa F., rientra nell’ambito edittale della facoltà di tassazione riconosciuta al Giudice.

Con la sesta doglianza la F. deduce violazione delle norme ex artt. 26, 27 e 147 legge notarile, ex L. n. 124 del 2017, ed art. 27 Cost., poichè il Collegio marchigiano non ha ritenuto esercitasse influenza sulla questione, sottesa alle contestazioni elevate nei sui confronti, la nuova normativa notarile in punto concorrenza, in forza della quale le condotte addebitatele sono divenute legittime. La censura portata s’appalesa priva di fondamento posto che è insegnamento costante di questa Suprema Corte – Cass. sez. 2 n. 7016/19 – che non assume rilievo nel procedimento disciplinare la legge successiva mitior, dovendosi applicare la disciplina esistente al momento del commesso illecito.

Con il settimo mezzo d’impugnazione la F. rileva violazione della disciplina in punto esercizio della difesa con relazione all’attività probatoria, nonchè omesso esame di fatto decisivo.

Il primo vizio viene individuato nel fatto che la Corte anconetana ha ritenuto provati per tabulas i comportamenti, asseritamente, illeciti a lei addebitati, benchè le prove addotte dalla difesa comprovassero il contrario di quanto ritenuto dai Giudici.

La questione sottoposta a questa Corte di legittimità con la censura dianzi evidenziata appare richiedere una valutazione circa il merito della causa, specificatamente con relazione all’apprezzamento delle prove,questione non consentita stante la funzione di legittimità esercitata.

Dunque non sussiste nè la violazione dei diritti costituzionali e convenzionali denunziata poichè la Corte di merito ha esercitato il prudente apprezzamento dei dati probatori connaturato nel suo ruolo di Giudice del merito, nè violazione delle regole processuali circa la valutazione delle prove, poichè ha fondato la sua conclusione sulle prove documentali rimesse dalla parte resistente, sottolineando come non erano contestate dalla F. e come questa avesse mancato, non già, di fornire prova negativa della sua non colpevolezza, bensì di offrire prova circa la concorrenza delle circostanze eccezionali, prescritte dalla disciplina notarile, per ritenere irrilevanti disciplinarmente le condotte accertate a suo carico.

Il denunziato vizio di omesso esame risulta correlato alla medesima questione dianzi esaminata in ordine alla valutazione della prova senza che in effetti la F. indichi uno specifico fatto storico non esaminato dal Collegio dorico.

Al rigetto del ricorso segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della Dott.ssa F. alla rifusione verso ciascuno dei Collegi notarili costituiti delle spese di patrocinio e difesa afferenti questo giudizio di legittimità tassate in Euro 4.300,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo tariffa forense.

Sussistono le condizioni di legge perchè la ricorrente versi l’ulteriore contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la F. a rifondere ai Collegi notarili costituiti le spese di questo giudizio di legittimità, tassate in favore di ciascun Collegio in Euro 4.300,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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