Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 63 del 04/01/2018

Cassazione civile, sez. II, 04/01/2018, (ud. 13/10/2017, dep.04/01/2018),  n. 63

Fatto

IN FATTO

Con ricorso in riassunzione del 21.6.2011 gli odierni ricorrenti adivano la Corte d’appello di Perugia per ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento d’un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, per la durata irragionevole di un processo amministrativo introdotto innanzi al TAR Lazio il 23.12.1996 e dichiarato perento con decreto del 19.2.2010.

Resistendo il Ministero, la Corte adita con decreto del 19.2.2015 rigettava la domanda per difetto di qualsivoglia patema d’animo, atteso che dopo la pressochè contestuale presentazione delle istanze di fissazione dell’udienza e di prelievo, i ricorrenti non avevano più svolto alcuna attività processuale, manifestando così il loro disinteresse per la definizione del giudizio, tanto da provocarne la perenzione.

La cassazione di tale decreto è chiesta dai medesimi ricorrenti sulla base di un motivo.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo di ricorso deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e ss., e art. 6, par. 1, CEDU, nonchè il vizio di omessa, insufficiente ed illogica motivazione, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostengono i ricorrenti, richiamando Cass. S.U. n. 28507/05, che la previsione di strumenti sollecitatori non sospende nè differisce il dovere dello Stato di pronunciarsi sulla domanda, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità del superamento del termine di durata ragionevole del processo; che solo a seguito del D.L. n. 112 del 2008, la presentazione dell’istanza di prelievo è divenuta condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione; e che l’istituto della perenzione del giudizio amministrativo non si traduce in un’automatica presunzione di disinteresse per la decisione di merito.

2. – Il motivo è fondato.

In materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, la dichiarazione di perenzione del giudizio da parte del giudice amministrativo non consente di ritenere insussistente il danno per disinteresse delle parte a coltivare il processo, in quanto, altrimenti, verrebbe a darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta – la dichiarazione di estinzione del giudizio – successiva rispetto al superamento del limite di durata ragionevole del processo. Tale principio trova applicazione anche nell’ipotesi in cui l’istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in epoca risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale impongono la reiterazione dell’istanza di prelievo ad intervalli più o meno regolari (Cass. n. 14386/15).

La Corte di merito si è discostata da tale indirizzo, peraltro già ricavabile dai precedenti di Cass. nn. 28507/05, 6619/10 e 3932/13), per cui il decreto impugnato va cassato con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d’appello di Perugia, che provvederà ad un rinnovato esame di merito applicando il principio di diritto sopra richiamato, regolando altresì le spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2018

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