Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6298 del 08/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 08/03/2021, (ud. 08/09/2020, dep. 08/03/2021), n.6299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1326/2015 proposto da:

D.R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI 96, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRA ABBATE, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA

GRIPPA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO, ANTONIETTA CORETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1418/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/07/2014 R.G.N. 1696/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 9-29 luglio 2014, la Corte di Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado che, in accoglimento dell’opposizione svolta dall’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, aveva revocato il decreto ingiuntivo per il pagamento, in favore dell’attuale ricorrente, del TFR dovuto dal Fondo di garanzia a seguito dell’ammissione al passivo del fallimento del datore di lavoro, (OMISSIS) s.r.l., per il rapporto cessato nel (OMISSIS);

2. per la Corte di merito, pacificamente qualificato il rapporto di lavoro come lavoro agricolo a tempo determinato ed escluso l’obbligo contributivo del datore di lavoro nei confronti del Fondo di garanzia per gli operai agricoli a tempo determinato, in considerazione della peculiare struttura, ratione temporis, della retribuzione, tale da includere una quota a titolo di TFR e definita terzo elemento al cui pagamento il lavoratore ha diritto di giorno in giorno, doveva escludersi il diritto, per detti lavoratori, ad ottenere il TFR dal Fondo di garanzia;

3. avverso tale sentenza D.R.F. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese l’INPS, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. deducendo violazione degli artt. 2697,2909 c.c., L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nullità della sentenza per omessa pronuncia su un capo del gravame, in violazione dell’art. 112 c.p.c., la parte ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto la dichiarazione di fallimento del datore di lavoro e la conseguente ammissione al passivo fallimentare del credito per TFR elementi idonei a dimostrare che il rapporto di lavoro intercorso con la società fallita non potesse avere avuto ad oggetto prestazioni di lavoro agricolo a tempo determinato (primo motivo); per avere pretermesso il motivo di gravame in ordine alla vincolatività del provvedimento del tribunale fallimentare di ammissione del TFR nello stato passivo della procedura concorsuale (secondo mezzo); per non avere tenuto conto dell’accertamento del TFR in sede fallimentare e della circostanza che, per la tutela offerta dal Fondo di garanzia, la citata L. n. 287 prevede solo l’accertamento dell’entità del credito per TFR in sede fallimentare e non esclude, dalla relativa tutela, i lavoratori agricoli e tantomeno esclude dall’obbligo del pagamento dei contributi, ex comma 8, art. 2, i datori di lavoro agricolo che assumano lavoratori a tempo determinato (terzo motivo);

5. il ricorso va rigettato;

6. i motivi di censura, fondati sull’assunto che la prova di non aver mai svolto lavoro agricolo a tempo determinato si sarebbe dovuta evincere dall’intervenuto fallimento del datore di lavoro e dalla conseguente ammissione del credito per TFR, al passivo del fallimento, non scalfiscono la sentenza impugnata perchè la natura commerciale dell’impresa, agli effetti della pretesa azionata, non è incompatibile con la qualifica di lavoratore a tempo determinato di alcuni dipendenti dell’impresa medesima, che ben possono essere assunti dall’impresa commerciale per destinarli ad attività agricole versando la relativa contribuzione;

7. neanche risulta adeguatamente censurata l’acclarata tipologia del rapporto di lavoro, a tempo determinato, atteso che pur pretendendo di rimettere in discussione la natura del rapporto di dipendenza il ricorrente non si preoccupa, invero, di svolgere alcuna critica e censura avverso i passaggi argomentativi della Corte Territoriale con i quali il rapporto lavorativo intercorso con la società è stato ritenuto “pacificamente” qualificato come lavoro agricolo a tempo determinato e, dunque, irretrattabilmente definito in assenza di idonea censura volta a smentire l’incontroversa qualificazione del rapporto lavorativo;

8. quanto alla disciplina applicabile, ratione temporis – trattandosi di rapporto di lavoro cessato nel (OMISSIS) – vale richiamare, per tutte, la sentenza di questa Corte, n. 10546 del 2007, con la quale, dipanando il processo di armonizzazione della disciplina della retribuzione prevista per i lavoratori agricoli a tempo determinato, si è già chiarito come debbano essere individuate le voci componenti la retribuzione medesima, con particolare riferimento al TFR, ponendo il distinguo tra salario convenzionale, vigente fino al 1 gennaio 1998, e salario reale in riferimento al periodo successivo, stabilito dai contratti collettivi per le varie categorie di lavoratori agricoli (si rinvia, per la più ampia motivazione, a Cass. 10546 del 2007 cit.);

9. il salario convenzionale dell’attuale ricorrente era, dunque, già comprensivo della quota di TFR e sulla quota di retribuzione relativa al TFR, allora indennità di anzianità, non venivano versati i contributi;

10. conclusivamente, come in più occasioni ribadito da questa Corte di legittimità, va riaffermato che solo in costanza della sussistenza di un rapporto di lavoro assoggettato dal legislatore ad una specifica tutela assicurativa previdenziale obbligatoria sussiste, per il datore di lavoro, l’obbligo di corrispondere all’INPS la correlata obbligazione e, per l’INPS, l’obbligo di riconoscere la connessa prestazione previdenziale (v., fra le più recenti, Cass. nn. 10335 e 10475 del 2019), con la conseguenza che nessuna prestazione può essere richiesta per periodi non assicurabili;

11. segue, coerente, la condanna alle spese del giudizio;

12. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.300,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2021

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