Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6295 del 25/02/2022
Cassazione civile sez. lav., 25/02/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 25/02/2022), n.6295
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANCINO Rossana – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21170-2016 proposto da:
GAIA LAVORI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA FERRO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIOVANNI PRAVISANI;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S., – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ESTER ADA
SCIPLINO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO,
ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 227/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 10/03/2016 R.G.N. 324/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/01/2022 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO RITA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato CARLA D’ALOISIO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa città, che nell’accogliere parzialmente il ricorso dell’impresa edile Gaia s.r.l., avverso il verbale con cui l’Inps aveva contestato alla stessa una serie di violazioni contributive, ha condannato la società al pagamento di somme dovute alla corresponsione d’indennità di trasferta per un certo numero di ore e per una certa parte dei lavoratori.
La Corte territoriale ha ricostruito i passaggi argomentativi seguiti dal primo giudice, basati per un verso sul richiamo testuale della norma contrattuale (art. 21) in materia di trattamento retributivo dovuto in caso di trasferta del lavoratore e, per altro verso/sull’accertamento svolto dall’organo ispettivo, il quale aveva rilevato come, in almeno quattro ben specificate circostanze, non si fosse trattato di trasferta, bensì di assenze a vario titolo (ferie, malattia, festività, o altri eventi inconciliabili con la trasferta), per poi concludere che soltanto limitatamente ad alcuni giorni e ad alcune posizioni (indicate in dispositivo) doveva ritenersi raggiunto l’onere probatorio, gravante sulla società che invocava l’esenzione contributiva pur a fronte dell’erogazione della retribuzione.
La Corte di merito ha quindi rigettato l’appello, non mancando peraltro di stigmatizzare la condotta difensiva dell’appellante, la quale, in aderenza all’effetto devolutivo del mezzo di gravame, avrebbe dovuto farsi carico di prospettare una diversa ricostruzione del fatto, in luogo di limitarsi ad appuntare le proprie critiche soltanto sulla parte valutativa del decisum, e di contrastare le conclusioni raggiunte nel primo giudizio per mezzo di prove contrarie e critiche basate su fatti, mentre non si era minimamente confrontata con nemmeno uno dei punti richiamati dalla sentenza d’appello.
La cassazione della sentenza è domandata dalla Gaia s.r.l. sulla base di tre motivi, illustrati con successiva memoria.
L’Inps ha opposto difese.
Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, parte ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 342 e 434 c.p.c., all’art. 121 c.p.c. ed al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 5”.
Riportando stralci dell’atto introduttivo in appello intende dimostrare di aver prospettato il fatto oggetto di gravame nei termini richiesti dal codice di procedura civile, segnatamente all’art. 434, comma 1, nel testo introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. c) bis convertito nella L. n. 134, il quale non vincola l’appellante al rispetto di una specifica forma, e di aver in tal modo argomentato il proprio dissenso.
Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, contesta “Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c., agli artt. 342 e 434 c.p.c. ed al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 5. Erroneità e carenza di motivazione. Carenza di istruttoria. Illogicità manifesta”.
Il giudizio d’appello avrebbe disatteso la propria funzione di revisio prioris istantiae non avendo considerato le specifiche argomentazioni della ricorrente dirette a confutare quanto sostenuto nel verbale dell’Inps a proposito dell’addebito della contribuzione sulle somme erogate dall’azienda a titolo d’indennità di trasferta ai propri dipendenti. La ricorrente afferma che il giudice dell’appello “…avrebbe dovuto compiere un esame più approfondito…” (p. 14 ric.).
Col terzo motivo, subordinato, ancora formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, contesta “Illegittimità derivata sotto il profilo della illegittimità ed illogicità della sentenza di appello nella parte in cui ha ritenuto non provata l’esistenza e la legittimità delle trasferte”. La società avrebbe concordato con i lavoratori, i quali ogni mattina si recano alla sede di Greve in Chianti per prendere le consegne e formare le squadre secondo le esigenze dei cantieri, il pagamento di un’indennità di trasferta forfetaria, concordata di volta in volta, non superiore a Euro 46 giornaliere.
Il primo motivo è inammissibile. La censura avrebbe dovuto essere dedotta quale error in procedendo e non come violazione di legge. Tuttavia, pur volendo riqualificare in questa sede il motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il vizio de quo rimane inammissibilmente prospettato.
Invero, secondo le Sez. Un. 20181 del 2019, “La Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in “error in procedendo”, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l’emenda dell’errore denunciato”.
Ora, nel caso di specie, dalla trascrizione dello stralcio dell’atto introduttivo in appello, che la ricorrente asserisce come attribuito alla propria ricostruzione del fatto, “alternativa” a quella che si ricava dal provvedimento impugnato, risulta che la società avrebbe sostenuto di non dovere i contributi sulle indennità di trasferta poiché, atteso che oggetto sociale della società è la movimentazione di materiali e, normalmente, la stessa ha diversi cantieri aperti contemporaneamente, ovunque l’azienda lavora lì è la sua sede: tale difesa è effettivamente apodittica e totalmente non argomentata e provata, nel senso indicato dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.
Anche il secondo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili, perché essi, solo apparentemente deducono una violazione di legge, mentre in realtà chiedono una rivalutazione del merito, inibita in questa sede.
Va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.” (Cass. n. 18721 del 2018; Cass. n. 8758 del 2017).
Quanto alla denuncia d’illogicità della motivazione, essa è egualmente inammissibile in costanza di una doppia conforme.
E’ opportuno ricordare quanto afferma il pacifico orientamento di questa Corte, secondo il quale, “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.”(Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 19001 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014).
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
In considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inps, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 10.000,00 a titolo di compensi professionali oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Udienza Pubblica, il 12 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022