Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6291 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 05/03/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 05/03/2020), n.6291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22661-2014 proposto da:

D.P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO

DA CARPI N. 6, presso lo studio dell’avvocato ANDREA PIETROPAOLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato AGNESE VERGARI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CHERUBINA CIRIELLO, ELISABETTA LANZETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 26/03/2014 R.G.N. 172/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. D.P.R., già dipendente del Consorzio agrario interprovinciale di Terni-Rieti, poi ricollocato presso l’I.N.P.S. in applicazione della L. n. 410 del 1999, ha agito affinchè fosse riconosciuto in suo favore il diritto al mantenimento anche presso l’ente previdenziale di alcuni trattamenti già goduti nel rapporto con il Consorzio (anzianità, ex fondo previdenza; quattordicesima mensilità); la domanda è stata respinta in primo e secondo grado; la Corte d’Appello di Perugia ha in particolare ritenuto che, avendo il Consorzio natura di società di diritto privato, non valessero le regole riguardanti la mobilità tra enti ed in particolare il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30; il ricollocamento, secondo la Corte territoriale, aveva natura di nuova assunzione in forza di una norma di diritto speciale, caratterizzata da una prova selettiva riservata di idoneità, non potendosi dunque parlare di mobilità disciplinata secondo le regole generali del pubblico impiego; era dunque infondata la pretesa di mantenimento di trattamenti maturati presso i Consorzi, che l’ente di destinazione non aveva l’obbligo di assicurare; il D.P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due articolati motivi, resistiti con controricorso dall’ente di previdenza.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo il ricorrente afferma, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 12-14 preleggi, nonchè della L. n. 410 del 1999 e delle altre norme, anche regolamentari ed attuative richiamate nel ricorso in appello, nonchè degli art. 1406 c.c. e ss.;

secondo il ricorrente, proprio la specialità della disciplina valorizzata dalla corte di merito avrebbe imposto di concludere che, dalla deroga alle norme sulla mobilità del personale pubblico, derivasse la continuità del rapporto presso l’Amministrazione di destinazione, mentre irrilevante era da ritenere la previsione di un percorso di selezione, concretizzatosi non in un concorso vero e proprio ma in una manifestazione di interesse da parte dei lavoratori;

da altro punto di vista, nel medesimo motivo, si sosteneva che la sentenza avesse fatto erronea applicazione dell’istituto del “passaggio diretto” e che comunque, secondo il principio iura novit curia, nel sostenere l’inapplicabilità al caso di specie della disciplina del D.Lgs. n. 165 del 2001, la Corte distrettuale avrebbe dovuto prescegliere altre soluzioni normative tra cui in particolare quella della cessione ex lege del contratto di lavoro, ai sensi degli artt. 1406 c.c. e ss.;

con il secondo motivo il ricorrente denuncia, richiamando l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, l’omesso esame, da parte della Corte, degli atti, anche negoziali intercorsi tra l’I.N.P.S. ed il lavoratore, nonchè la violazione (art. 360 c.p.c., n. 3) dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss..

i motivi, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente;

la natura privatistica dei Consorzi Agrari è indiscutibile, atteso che essi sono definiti come società cooperative a responsabilità limitata fin dal D.Lgs. n. 1235 del 1948, art. 1 e poi dalla L. n. 410 del 1999, art. 1 e quindi dal D.L. n. 181 del 2006, art. 1, comma 9-bis, come introdotto dalla Legge di conversione n. 233 del 2006; ne deriva che non trova per essi applicazione il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 inerente il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, per tali intendendosi, ex art. 1 dello stesso D.Lgs., le amministrazioni pubbliche; consequenzialmente è del tutto corretto l’assunto della Corte territoriale secondo cui la L. n. 410 del 199, art. 5, comma 6, vigente ed applicabile ratione temporis, fosse da intendere come norma speciale, finalizzata alla salvaguardia dei dipendenti dei Consorzi Agrari destinati a non rientrare nei piani di riorganizzazione aziendale conseguenti alla crisi delle corrispondenti società, attraverso la loro “ricollocazione… presso enti pubblici e privati” del settore agricolo, sulla base di modalità stabilite dal Comitato per il coordinamento dell’occupazione di cui al D.P.C.M. 15 settembre 1992;

apodittica è poi l’affermazione che, in concreto, il concorso previsto per l’accesso all’I.N.P.S. si sia tradotto in una mera presa d’atto dell’interesse dei lavoratori, in quanto ciò non toglie che un vaglio di idoneità fosse previsto, come anche la necessità di domanda, elementi palesemente contrari rispetto alla ricorrenza di un trasferimento ex lege;

va parimenti esclusa l’ipotesi, prospettata nel ricorso per cassazione, di una cessione ex lege del contratto, proprio perchè si trattava di una “ricollocazione” (così art. 5, comma 6 cit.) e dunque di una nuova assunzione, come del resto è coerente con la tipologia del fenomeno regolato, consistente come detto nell’acquisizione, da parte di enti pubblici, di personale proveniente da enti di diritto privato, palesemente ispirata dall’interesse primario del personale stesso a mantenere l’occupazione;

privo di rilievo è infine, su tale base, il fatto che l’I.N.P.S., nei propri atti, abbia menzionato il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 o abbia fatto riferimento ad un “trasferimento” o abbia indicato nella documentazione di servizio una data di assunzione risalente all’epoca dell’inizio del rapporto con il Consorzio, trattandosi di (affermati ed ipotetici) riconoscimenti del tutto ininfluenti, non avendo di certo l’ente pubblico alcuna disponibilità rispetto ad un regime normativo caratterizzato da connotati e portata giuridicamente diversi rispetto a quelli di un reale trasferimento di rapporti di lavoro; al rigetto del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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