Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6288 del 10/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.10/03/2017),  n. 6288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13455/2015 proposto da:

TELECOM ITALIA SPA, (C.F. e P.I. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO ROMEI,

FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ENZO MORRICO;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE

MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato MARCO GUSTAVO PETROCELLI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8973/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. il Tribunale di Roma dichiarava improcedibile l’opposizione proposta da Telecom Italia S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato il pagamento di somme, in favore dell’attuale parte intimata, a titolo di retribuzioni maturate e non corrisposte, in conseguenza dell’illegittima cessione del contratto di lavoro, tra l’appellante e EMSA Servizi s.p.a. e della condanna di Telecom Italia S.p.A. a ripristinare il rapporto di lavoro;

2. la Corte di Appello di Roma, respingendo il gravame svolto dalla società, ha ritenuto corretta la declaratoria di improcedibilità, per essere mancata la notificazione degli atti per la prima udienza, la cui fissazione era evidentemente nota alla società opponente che, comparsa all’udienza fissata, nulla aveva dedotto in ordine alla mancata comunicazione del decreto di fissazione nè aveva chiesto termine per provvedere alla notificazione ma, al contrario, aveva chiesto termine per produrre atti già notificati, salvo poi provvedere, di sua iniziativa, ad una successiva notificazione, non richiesta e non autorizzata;

3. i Giudici del gravame hanno rimarcato che nello stesso atto di appello si leggeva “dopo la prima udienza (la cui notizia di fissazione era stata acquisita aliunde)” e che l’omessa notificazione non poteva trovare giustificazione nella mancata comunicazione, all’opponente, dell’avvenuto deposito del decreto, del tribunale, di fissazione dell’udienza da parte della cancelleria, perchè l’opponente, venuta comunque a conoscenza dell’adozione del provvedimento, avrebbe dovuto provvedere alla notificazione degli atti introduttivi per l’udienza come fissata, non rilevando la mancata comunicazione stante il raggiungimento dello scopo cui essa era preordinata;

4. il ricorso di Telecom Italia S.p.A., ulteriormente illustrato con memoria, è affidato ad un unico motivo con il quale, deducendo violazione di legge – artt. 159, 162, 291, 414 e 641 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – si contesta la ritenuta improcedibilità in conseguenza dell’inesistenza della notificazione;

5. la parte intimata ha resistito con controricorso;

6. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. la configurazione formale della rubrica del motivo di gravame non ha contenuto vincolante per la qualificazione del vizio denunciato e solo l’esposizione delle ragioni di diritto dell’impugnazione chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (v., ec multis, Cass. 4178/2007 e successive conformi);

8. nel ricorso all’esame il mezzo d’impugnazione introdotto nel giudizio di legittimità concerne, nella sostanza, un vizio da ricomprendersi nella previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e la prospettazione della violazione di legge anzichè dell’error in procedendo non comporta l’inammissibilità purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione (v., in tal senso, Cass., SU n. 17931/2013), univoco riferimento che, nella specie, non vi è stato;

9. ulteriore e non secondario motivo di inammissibilità è che il mezzo d’impugnazione non è incentrato sulle ragioni del decidere come emergenti dalla sentenza impugnata;

10. la Corte territoriale prende le mosse dalla sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 20604 del 2008 e, a monte della rinnovabilità o meno della notifica, rimarca la conoscibilità del vizio procedurale, in ipotesi sanabile da parte del giudice, nella specie occultato al giudice dell’opposizione (al quale veniva richiesto solo un termine per “produrre la notifica alla convenuta”) e sottolinea il conseguente venir meno del presupposto logico per l’azione correttiva e la concessione di un termine, mai richiesto;

11. per i Giudici del gravame, la società ricorrente non poteva imputare ad error in procedendo la conseguenza di un comportamento processuale risoltosi nel non segnalare il vizio inficiante la procedura, non avendo giustificato l’omessa notifica o chiesto nuovo termine per effettuarla, così impedendo l’eventuale sanatoria ad opera del giudice;

12. tale capo della sentenza, diffusamente argomentato dalla Corte romana, non è stato oggetto di impugnazione e assorbe, pertanto, la doglianza incentrata esclusivamente sul diverso profilo dell’applicabilità dell’art. 291 c.p.c., dell’assegnazione di un nuovo termine per la notificazione del ricorso;

13. all’inammissibilità del ricorso segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

14. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Su. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017

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