Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6286 del 10/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.10/03/2017), n. 6286
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10542/2014 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dell’avvocato MAURO
RICCI, unitamente agli avvocati CLEMINT1NA PULLI, EMANUELA
CAPANNOLO;
– ricorrente –
e contro
C.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 7440/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 19/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1. la Corte di appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame dell’ assistita, ha dichiarato il diritto dell’attuale intimata all’assegno mensile di assistenza di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13, a decorrere dal 1 gennaio 2008 e, per l’effetto, ha condannato l’INPS al pagamento del beneficio con la stessa decorrenza, oltre accessori di legge;
2 la Corte territoriale ha ritenuto, sulla scorta di documentazione prodotta in sede di gravame dall’attuale intimata – certificazione in data 26.1.2012 attestante il ricovero presso una casa di Cura a decorrere dal 2004 – presuntivamente provato il requisito dell’inoccupazione;
3. per la cassazione di tale sentenza l’Inps propone ricorso e, deducendo violazione di legge (L. n. 118 del 1971, art. 13, come sostituito dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 31 e art. 26097 c.c. e artt. 345, 414 e 421 c.p.c.), assume che l’assistita avrebbe dovuto tempestivamente provare il requisito dello stato di inoccupazione e che il giudice avrebbe dovuto rilevarne d’ufficio la carenza, negando il diritto alla prestazione, trattandosi di requisito costitutivo;
4. l’assistita non ha resistito;
5. il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato;
6. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
7. per costante giurisprudenza di questa Corte, il requisito del limite reddituale e quello dello stato di incollocazione al lavoro (requisiti socio-economici) rappresentano elementi costitutivi del diritto alla prestazione assistenziale, la cui allegazione e prova è a carico del soggetto richiedente, non potendo qualificarsi gli stessi, quindi, come mere condizioni di erogazione del beneficio, accettabili in sede extragiudiziale (cfr., Cass., nn. 4067/2002; 13967/2002; 14035/2002; 13046/2003; 13279/03; 13966/2003; 14696/2007; 22899/2011);
8. le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 8202 del 2005, hanno affermato che, nel rito del lavoro, in base al combinato disposto dell’art. 416 c.p.c., comma 3 e art. 437 c.p.c., comma 2, l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti e l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi (salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione) e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di reviviscenza in grado di appello;
9. era onere dell’assistita, la cui domanda amministrativa risale al 12 maggio 1984, dimostrare adeguatamente la sussistenza del requisito extra-sanitario e alla mancata rituale tempestiva dimostrazione non può porsi riparo con successiva produzione documentale, stante il divieto di nuovi mezzi di prova (Cass. SU, 8202/2005);
10. all’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa con il rigetto dell’originaria domanda;
11. l’esito alterno dei gradi merito giustifica la compensazione delle spese del giudizio di merito;
12. il comportamento processuale della parte intimata, che nulla ha opposto ai rilievi dell’I.N.P.S. consiglia di compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017