Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6284 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 05/03/2021), n.6284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19609-2019 proposto da:

I.J.O., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DEI CONSOLI n. 62, presso lo studio dell’avvocato ENRICA

INGHILLERI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIA PAOLINELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3028/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso avverso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale aveva respinto la domanda di I.J.O. volta al riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria.

Interponeva appello lo I. e la Corte di Appello di Ancona, con la sentenza oggi impugnata, n. 3028 del 2018, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione I.J.O. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,11 e 32 nonchè il vizio di motivazione, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente apprezzato la storia personale del richiedente, ritenendola non credibile.

La censura è inammissibile.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato la (OMISSIS), suo Paese di origine, perchè era entrato a far parte del (OMISSIS) ed era stato per questo motivo ricercato dalla polizia. La Corte anconetana ha considerato il racconto non idoneo ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, sul presupposto che la predetta formazione, in base alle C.O.I. consultate (cfr. pag. 3 della sentenza) sia un sodalizio criminale ed ha quindi concluso che lo I. sia “… non un perseguitato ma un soggetto in fuga dalla giustizia del suo paese per l’appartenenza ad una pericolosa organizzazione criminale”. Questa motivazione, che evidentemente esprime un giudizio di non idoneità della storia, non risulta in alcun modo attinta dalla censura in esame, che si limita a contestare la valutazione di non credibilità del racconto, senza -quindi- cogliere la vera ratio del rigetto della domanda di protezione internazionale.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, art. 3 della Convenzione E.D.U., art. 10 Cost. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 perchè la Corte di Appello avrebbe denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria senza tener conto del grave contesto di violenza generalizzata e violazione dei diritti umani esistente in (OMISSIS).

La censura è parzialmente fondata.

Il giudice di merito esclude infatti l’esistenza, in (OMISSIS), di un contesto di violenza generalizzata, senza tuttavia citare alcuna fonte internazionale a sostegno di tale conclusione, al di fuori del sito “viaggiare sicuri” (cfr. pag. 4 della sentenza).

Sul punto, va ribadita la non idoneità delle risultanze del sito “viaggiare sicuri”, essendo le medesime destinate all’informazione turistica e rivolte all’utenza di coloro che intendono recarsi nel Paese oggetto di indagine, e quindi non idonee a descrivere l’effettiva condizione di vita dei cittadini del predetto Paese (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 16202 del 24/09/2012, Rv.623728).

Va del pari ribadito che il giudice di merito, nel fare riferimento alle cd. fonti privilegiate di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 deve indicare la fonte in concreto utilizzata nonchè il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass., Sez. 1, Ordinanze n. 13449/2019, n. 13450/2019, n. 13451/2019 e n. 13452/2019 del 17/05/2019, la prima delle quali massimata, Rv. 653887; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11312 del 26.4.2019, non massimata).

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 28990 del 12/11/2018, Rv. 651579; Cass. Sez.6-1 Ordinanza n. 17075 del 28/06/2018, Rv. 649790; Cass. Sez. 6-1 Ordinanza n. 17069 del 28/06/2018, Rv. 649647; Cass. Sez. 6-1 Ordinanza n. 9427 del 17/04/2018, Rv. 648961; Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 14998 del 16/07/2015, Rv. 636559; Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 7333 del 10/04/2015, Rv. 634949; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 16202 del 24/09/2012, Rv. 623728; Cass. Sez. U, Sentenza n. 27310 del 17/11/2008, Rv. 605498).

Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e quindi “… alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

Peraltro va ribadito che, fermo il dovere di cooperazione del richiedente consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la normativa in tema di protezione umanitaria “… pone a carco dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del Paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti. In particolare, deve ritenersi necessario l’approfondimento istruttorio officioso allorquando il richiedente descriva una situazione di rischio per la vita o l’incolumità fisica che derivi da sistemi di regole non scritte sub statua li, imposte con la violenza e la sopraffazione verso un genere, un gruppo sociale o religioso o semplicemente verso un soggetto o un gruppo familiare nemico, in presenza di tolleranza, tacita approvazione o incapacità a contenere o fronteggiare il fenomeno da parte delle autorità statuali: ciò proprio al fine di verificare il grado di diffusione ed impunità dei comportamenti violenti descritti e la risposta delle autorità statuali”(Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 7333 del 10/04/2015, Rv. 634949). E’ quindi onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti ufficiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le fonti utilizzate e il loro grado di aggiornamento.

Le Country of Origin Information (cosiddette “C.O.I.”) di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, assumono dunque un ruolo centrale nell’istruzione e nella decisione delle domande di protezione internazionale, poichè la relativa decisione deve essere assunta, per precisa disposizione normativa, sulla base delle notizie sul Paese di origine, o di transito, del richiedente che siano tratte da fonti informative idonee, specifiche ed aggiornate. Il giudice di merito, pertanto, non può esimersi dal dar conto, in motivazione, della C.O.I. in concreto consultata e dell’informazione specifica da essa tratta, poichè l’omissione, o la menzione di C.O.I. non idonee, non consente di verificare l’attendibilità e la pertinenza dell’informazione utilizzata per la decisione e si riflette, pertanto, in una valutazione di scienza privata, in aperta violazione dell’obbligo di collaborazione istruttoria previsto e declinato dal già richiamato D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Merita, al riguardo, di essere affermato il seguente principio, che costituisce la specificazione ulteriore di un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte: “Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130). A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o ente dalla quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè dell’idoneità delle C.O.I. in concreto consultate a quanto prescritto dalla norma da ultimo richiamata”.

Nell’affermazione di tale principio il Collegio si pone in consapevole contrasto con il minoritario orientamento (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22774 del 20/10/2020, non massimata) secondo cui la violazione del dovere di cooperazione istruttoria in sede di legittimità non potrebbe limitarsi alla mera contestazione del mancato rispetto dell’art. 8, comma 3, ma postulerebbe sempre l’indicazione delle C.O.I. che, nella prospettazione del ricorrente, il giudice di merito avrebbe dovuto considerare ai fini della decisione. Tale più restrittivo orientamento, invero, non considera il decisivo aspetto che, ove le C.O.I. non siano indicate nella sentenza impugnata, o non siano idonee, quest’ultima finisce per risolversi in una decisione fondata su scienza privata, con conseguente sovrapposizione di un profilo di apparenza della motivazione ad una conclamata violazione di norma di legge, costituita dalla non equivoca disposizione di cui al già richiamato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 3.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ma poi si duole, nel corpo del motivo, del fatto che la Corte di Appello abbia disposto la revoca della sua ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato e lo abbia condannato al pagamento del doppio del contributo unificato previsto per l’impugnazione.

La censura è inammissibile sotto entrambi i profili.

Quanto al primo, va data continuità al principio per cui “L’adozione del provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato con la pronuncia che definisce il giudizio di merito, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non ne comporta mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R. n., dovendosi escludere che quel provvedimento sia impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10487 del 03/06/2020, Rv. 657893; cfr. anche Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 3028 del 08/02/2018, Rv. 647941 e Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 32028 del 11/12/2018, Rv. 651900).

Quanto al secondo, va osservato che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, prevede come conseguenza automatica della dichiarazione di inammissibilità, o di improcedibilità, o di rigetto, dell’impugnazione, la dichiarazione, da parte del giudice investito della sua cognizione, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione stessa, se dovuto.

La censura relativa alla violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., contenuta soltanto nell’epigrafe del motivo in esame, è invece a sua volta inammissibile perchè essa non è sviluppata in alcun modo nel corso della doglianza. In ogni caso, la regolamentazione delle spese di lite, che il giudice di merito ha operato in applicazione del criterio generale della soccombenza, dovrà essere necessariamente oggetto di nuova valutazione da parte del giudice del rinvio, anche con riferimento alle spese del presente giudizio di legittimità.

In definitiva, vanno dichiarati inammissibili il primo e il terzo motivo, mentre va accolto il secondo, nei termini di cui in motivazione. La sentenza impugnata va quindi cassata, in riferimento alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte di Appello di Ancona, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

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