Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6283 del 24/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 24/02/2022), n.6283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29438/2015 R.G. proposto da:

MAUSER ITALIA SPA (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. SEMERIA

ALBERTO e dall’Avv. FLORENZANO FRANCESCO in virtù di procura

speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso lo

Studio Professionale associato a Baker & McKenzie in Roma, Viale

di Villa Massimo, 57;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 2124/49/15, depositata in data 19 maggio 2015.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale CARDINO ALBERTO, che ha concluso per

l’accoglimento del primo motivo con assorbimento degli altri.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio

2022 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale II di Milano ha emesso, a seguito di PVC, quattro avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta dal 2004 al 2007 (il primo dei quali poi annullato in autotutela). Con tali avvisi veniva contestata, in relazione a tutti i periodi di imposta, la finalità elusiva di un’operazione di finanziamento della società contribuente da parte della società controllante non residente, in quanto volta ad aggirare la disposizione dell’indeducibilità degli interessi passivi D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 98 (TUIR) pro tempore in tema di thin capitalization. Il finanziamento, avviato nel 2004, aveva comportato l’iscrizione in bilancio per Euro 25.599.000,00 tra le altre riserve, indicata a titolo di versamento in conto futuro aumento di capitale, nonché per Euro 55.040.474,29 a titolo di finanziamento soci fruttifero, quest’ultimo in parte successivamente rinunciato e girato anch’esso a riserva. Il finanziamento aveva, inoltre, contribuito a generare perdite negli esercizi in oggetto, le quali erano state coperte mediante l’utilizzo della suddetta riserva (in quanto riserva), i cui interessi corrisposti alla controllante erano, poi, stati portati in deduzione del reddito imponibile. L’Ufficio aveva ritenuto che il versamento in conto di futuro aumento di capitale costituisse debito finanziario verso il socio unico e non (come indicato dalla contribuente) apporto di capitale, che pertanto non avrebbe concorso alla determinazione del patrimonio netto rilevante ai sensi dell’art. 98 TUIR; per l’effetto, si sarebbe configurato lo squilibrio patrimoniale tra finanziamenti e patrimonio netto rettificato di cui all’art. 98 TUIR, commi 1 e 2, lett. a), pro tempore (patrimonio netto aumentato degli apporti di capitale effettuati dal socio). Conseguentemente, l’Ufficio aveva concluso per la natura elusiva dell’operazione di finanziamento nel suo complesso, in quanto avente matrice finanziaria e finalizzata ad aggirare il divieto della remunerazione del finanziamento soci in costanza dei presupposti della thin capitalization.

2. Con l’avviso relativo al periodo di imposta 2006 era, inoltre, stato contestato alla società contribuente un secondo rilievo, attinente alla violazione delle disposizioni in materia di prezzi di trasferimento a termini del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 7, in relazione a operazioni di cessioni di beni infragruppo. L’Ufficio, pur prendendo atto che la società contribuente avesse utilizzato il metodo del computo del costo maggiorato ai fini della corretta applicazione delle regole OCSE in materia di transfer pricing, aveva osservato che a seguito dell’incorporazione di Gruppo Maschio SPA – alla cui acquisizione era destinato il menzionato finanziamento – era risultato un disavanzo di fusione, imputato in parte ad avviamento della società target. L’Ufficio ha ritenuto che la quota di avviamento ammortizzabile per l’esercizio 2006 dovesse essere ricompresa nel costo maggiorato, a incremento della percentuale di incidenza dei costi generali sui costi di produzione, contribuendo ad incrementare il costo complessivo ai fini della determinazione del valore normale.

3. La società contribuente ha dedotto, quanto al primo rilievo, questioni preliminari relative alla violazione del contraddittorio preventivo e alla decadenza dal potere di accertamento, ritenendo inapplicabile la disposizione di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, al caso di specie, nonché ritenendo sussistere valide ragioni economiche consistenti nella finalità di acquisizione della società, poi effettivamente incorporata. Ha, poi, dedotto l’erroneità della modalità di calcolo dei prezzi di trasferimento, nella parte in cui l’Ufficio aveva ricompreso la quota di ammortamento dell’avviamento imputato a disavanzo di fusione.

4. La C.T.P. di Milano ha accolto nel merito i ricorsi riuniti.

5. La C.T.R. della Lombardia, con sentenza in data 19 maggio 2015, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che i finanziamenti “non sono stati impiegati secondo le regole previste in questi casi, ma sono stati invece utilizzati per ripianare perdite della società”, ritenendo poi corretta anche la ripresa in tema di prezzi di trasferimento, sul presupposto che sia legittima la contabilizzazione dell’ammortamento dell’avviamento.

6. Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a sei motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui resiste l’Ufficio con controricorso.

7. La ricorrente ha formulato istanza di trattazione orale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per carenza di motivazione in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, nn. 2, 3, 4 e art. 61, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., comma 6, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2. Evidenzia parte ricorrente come la motivazione della sentenza non contenga una adeguata evidenza del percorso logico seguito, anche in considerazione della mancata trascrizione della sentenza di primo grado e delle argomentazioni delle parti, oltre che dell’esposizione dei fatti di causa. Osserva parte ricorrente che la conferma del rilievo quanto alla natura elusiva dell’operazione di finanziamento mostra mera adesione alla posizione di una delle parti processuali senza alcuna motivazione, né considera quali sarebbero le disposizioni normative oggetto di valutazione in relazione ad entrambi i profili. Osserva, inoltre, come la motivazione relativa alla conferma del rilievo in tema di prezzi di trasferimento faccia riferimento a fatti diversi da quelli dedotti dall’Ufficio. In memoria il ricorrente rileva come le conclusioni del Pubblico Ministero adesive al motivo in oggetto riguardino anche la seconda ripresa dell’Ufficio.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto controverso e decisivo oggetto di discussione tra le parti, consistente nella volontà della società controllante (Mauser Holding International GMBH) di finanziare la società controllata al fine di consentire l’acquisizione della società target Gruppo Maschio SPA. Evidenzia la decisività di tale circostanza, quale circostanza fondante le valide ragioni economiche sottostanti l’operazione di finanziamento, laddove l’Ufficio avrebbe incentrato i propri assunti sull’intenzione della controllante di effettuare un’operazione puramente finanziaria, finalizzata alla concessione del finanziamento e alla conseguente deduzione degli interessi passivi.

1.3. Con il terzo motivo si deduce, in via ulteriormente gradata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione dell’art. 98 TUIR pro tempore, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto legittima la ripresa, presupponendo fondata l’elusività dell’operazione di finanziamento volta ad aggirare la disciplina della thin capitalization. Osserva parte ricorrente come la voce iscritta in bilancio dei versamenti in conto futuro aumento di capitale tra le altre riserve costituisce una componente di patrimonio netto contabile, con ciò richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, anche più recente (come viene ulteriormente illustrato con la richiamata memoria), non anche una posta di debito verso il socio unico, con conseguente deducibilità degli interessi corrisposti, in quanto versati in vista di un preciso e programmato aumento di capitale.

1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità parziale della sentenza in violazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui ha fondato il giudizio sulla seconda ripresa in materia di prezzi di trasferimento su fatti non posti a fondamento dell’atto impugnato. Osserva, in particolare, parte ricorrente, come l’Ufficio avesse incrementato i costi generali di un ulteriore 6% (portandoli dal 18% al 24% in virtù dell’inclusione tra gli stessi della quota di avviamento su cui era andato a gravare il disavanzo di fusione), laddove la sentenza impugnata avrebbe preso in esame percentuali di ricarico estranee all’atto impugnato.

1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione dell’art. 110 TUIR, comma 7, nella parte in cui la CTR ha ritenuto corretta la ripresa in materia di prezzi di trasferimento, incrementando il costo maggiorato dedotto dalla contribuente della quota di avviamento ammortizzata per l’esercizio 2006. Osserva parte ricorrente che l’Ufficio non ha modificato il criterio adottato dalla contribuente per il calcolo dei prezzi di vendita alle imprese del gruppo (costo maggiorato), procedendo unicamente a computare tra i costi operativi anche la quota di avviamento ammortizzata. Deduce parte ricorrente come per la determinazione del valore normale di cui all’art. 9 TUIR, comma 3, si fare riferimento alle Linee Guida OCSE, più volte aggiornate, che prevedono, in caso di applicazione del metodo del costo maggiorato, l’incremento di un utile lordo, tra i quali non può essere ricompresa la voce della quota di ammortamento dell’avviamento derivante da disavanzo di fusione. Tale conclusione deriverebbe, peraltro, dal fatto che tale voce non sarebbe ricompresa tra quelle di cui alle Linee Guida OCSE né nelle linee di prassi ministeriale; circostanza ulteriormente avvalorata dal fatto che i principi contabili internazionali, seguiti dalla società ricorrente, sono improntati al calcolo del fair vacue dell’avviamento risultante in ragione di ciascun esercizio (IAS 36).

1.6. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per omessa pronuncia sui motivi nn. 4.1, 4.2, 4.3, 4.4 e 4.5 proposti in ricorso e riproposti in appello, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, aventi ad oggetto questioni preliminari relative alla prima ripresa dell’Ufficio, quali l’inapplicabilità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 3, lett. f) ai finanziamenti soci e alle riserve in conto futuro aumento di capitale, l’omessa motivazione in relazione alle giustificazioni offerte dal contribuente, l’illegittima applicazione della disciplina antielusiva alla disciplina della thin capitalization, la decadenza dai termini di accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, per effetto del consolidamento dell’iscrizione della riserva nel bilancio dell’esercizio 2004, il cui avviso era stato annullato in autotutela, nonché in relazione all’inapplicabilità delle sanzioni in materia di disciplina antielusiva.

1.7. In memoria la ricorrente solleva, in via gradata e con specifico riferimento alla tematica delle sanzioni, anche la questione dell’applicazione dello ius superveniens in forza delle modifiche medio tempore intervenute nella disciplina sanzionatoria di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 1, comma 2, per effetto del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

2. Il primo motivo è fondato, condividendosi le conclusioni del Pubblico Ministero. Le due riprese operate dall’Ufficio presuppongono la prima – la qualificazione (ai fini dello squilibrio finanziario di cui all’art. 98 TUIR pro tempore) della posta di versamento in conto futuro di capitale effettuata dal socio unico della società contribuente quale posta di debito e non quale posta di riserva di capitale (iscritta tra le altre riserve), circostanza fondamentale al fine di ritenere che la stessa concorra o meno alla quota di patrimonio netto rettificato “aumentato degli apporti di capitale effettuati dallo stesso socio”, idonea a integrare lo squilibrio finanziario di cui all’art. 98 TUIR cit. Parimenti (considerato che l’Ufficio si è mosso nella direzione di una attività complessivamente elusiva), occorre la prova della finalità finanziaria dell’operazione di finanziamento (anziché finalizzata all’operazione di acquisizione, successivamente effettuata), in relazione alla quale va, poi, valutata la prova del comportamento alternativo lecito offerta dalla società contribuente. Tutto ciò, a tacere delle preliminari questioni dedotte dalla società contribuente. La seconda ripresa, invece, presuppone che, fermo l’utilizzo del metodo del costo maggiorato ai fini della ripresa del valore normale delle vendite alle imprese infragruppo (come risulta dagli atti di causa), tale metodo preveda anche l’utilizzo della quota di ammortamento del (maggiore) avviamento post fusione tra gli oneri della gestione caratteristica idonei a determinare il costo maggiorato. La sentenza impugnata non dà alcuna contezza di tali circostanze, limitandosi alla generica considerazione che il finanziamento non è stato impiegato “secondo le regole previste in questi casi” ed è stato utilizzato per ripianare perdite, senza spiegare se trattasi di riserva o di altra posta di bilancio. Del tutto apodittica, poi, risulta l’affermazione secondo cui gli interessi passivi sarebbero stati illegittimamente detratti (“in realtà i finanziamenti in questione non sono stati utilizzati per ripianare le perdite della società, così come ad un tempo i rilevanti interessi passivi a carico della società sono stati illegittimamente detratti, pur essendo in realtà costi detraibili”), laddove la conclusione dell’illiceità della deduzione degli interessi presuppone, oltre alla ricostruzione dell’operazione complessiva di finanziamento e la riqualificazione del versamento in conto futuro aumento di capitale quale posta di debito nei confronti del socio unico (o quanto meno la sua sterilizzazione a tali fini), anche la rilettura dell’operazione complessiva, almeno prevalentemente, in chiave finanziaria e non anche finalizzata all’operazione straordinaria di fusione per incorporazione, come in effetti avvenuto.

3. Ugualmente apodittica si rivela l’ulteriore affermazione anch’essa oggetto di rilievo da parte del Pubblico Ministero – secondo cui la contabilizzazione dell’ammortamento dell’avviamento “risulta anch’essa legittima in quanto, oltre tutto tale ammortamento era stato inserito in bilancio ex art. 2426 c.c., così come peraltro dichiarato nella relativa nota integrativa”, dovendosi, invero, rendere esplicito il percorso argomentativo relativo alla circostanza in punto di diritto per la quale una quota di ammortamento dell’avviamento possa rientrare nel metodo del costo maggiorato ai fini del calcolo dei prezzi di trasferimento secondo le Linee Guida OCSE (cfr. punti 2.45 – 2.61 delle Linee Guida del 2017 quanto al metodo del costo maggiorato), le quali costituiscono regole di soft law ai fini della corretta individuazione del valore normale di cui all’art. 9 TUIR, comma 3, art. 110 TUIR, comma 7, pro tempore (Cass., Sez. U., 25 marzo 2021, n. 8500; Cass., Sez. V, 10 agosto 2021, n. 22539; Cass., Sez. V, 1 dicembre 2021, n. 37834). Deve, pertanto, ritenersi che la motivazione della sentenza impugnata sia meramente apparente.

4. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo, dichiarandosi assorbiti gli ulteriori motivi, nonché assorbita anche la richiesta di trattazione orale, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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