Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6281 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FEDERICO Guido – Presidente –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27585/2018 proposto da:

U.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Minacapilli Lia, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

07/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/12/2019 dal Consigliere Dott. VELLA Paola.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino pakistano U.S. diretto ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, o della protezione sussidiaria o umanitaria.

2. Il ricorrente ha impugnato detta decisione con tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, poichè, “diversamente da quanto argomentato dal Tribunale”, il ricorrente avrebbe “fornito un racconto del tutto verosimile”, soffermandosi “sul fenomeno dei matrimoni combinati, molto diffuso in Pakistan, prova di una tragica violazione di un diritto personalissimo quale quello della scelta matrimoniale, manifestazione della libertà di un individuo”.

3.1. Con il secondo mezzo si deduce la violazione applicazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto non potrebbe “non riconoscersi il danno grave ai sensi dell’art. 14, avuto riguardo al contesto socio-politico che caratterizza il Paese e, segnatamente, la zona del Punjab di provenienza dell’istante, caratterizzato da livelli di violenza tali da concretare un elevato rischio per la sua incolumità personale”.

3.2. Il terzo motivo prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, avendo il tribunale erroneamente affermato che il ricorrente non aveva “lamentato alcuna condizione personale di effettiva deprivazione dei diritti umani”, quando invece “la valutazione comparata delle forme di tutela tra il Paese di origine e quello di accoglienza fa propendere per la migliore assistenza al diritto alla libertà personale che si estrinseca, tra l’altro, nella scelta della persona con cui contrarre matrimonio, nel Paese di accoglienza”.

4. I motivi sono affetti da profili di inammissibilità o infondatezza.

5. In primo luogo, la valutazione della credibilità del racconto del richiedente integra un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – chiamato segnatamente a valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) – come tale censurabile in cassazione solo ai sensi e nei limiti del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), applicabile ratione temporis, ovvero per assoluta mancanza di motivazione, con esclusione sia di una pretesa insufficienza, sia di una diversa lettura delle dichiarazioni del richiedente (Cass. 3340/2019, 27502/2018).

5.1. Nel caso in esame, il Tribunale ha evidenziato plurimi aspetti di non plausibilità del narrato, peraltro non corredato dal ricorrente con “alcun documento utile a provare l’avvenuto matrimonio e comunque il fidanzamento con la sua attuale moglie e ciò nonostante la presenza dei genitori e dei suoi familiari che hanno continuato a vivere nella sua città di origine in Pakistan”; il tribunale ha altresì sottolineato che il ricorrente “non è comparso in udienza e non ha inteso rendere alcuna dichiarazione volta a integrare o meglio chiarire i fatti narrati”, ed anche che le specifiche contestazioni sulla credibilità mosse dalla Commissione territoriale “non sono state oggetto di una puntuale contestazione da parte del ricorrente con il proprio ricorso”.

6. Anche l’accertamento che “nella regione del Punjab da cui proviene il ricorrente e in cui continuano a vivere i suoi familiari non ricorre alcuna ipotesi di conflitto armato interno”, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, a fronte di una motivazione congrua, fondata su fonti qualificate (rapporto EASO agosto 2017), cui il ricorrente si limita a contrapporre una propria diversa valutazione, per cui la regione del Punjab non sarebbe “sicura ed idonea a garantire i diritti umani essenziali al ricorrente”, senza però seguire i canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), i quali postulano l’indicazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, onerando il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf. Cass. 27415/2018).

7. Le superiori osservazioni ridondano anche sulla terza censura, dal momento che la protezione umanitaria viene invocata proprio in forza dei due aspetti (libertà di matrimonio e sussistenza del grave pericolo D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c)) la cui valenza nel caso di specie il tribunale ha motivatamente escluso.

8. Nulla sulle spese, in assenza di difese della parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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