Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6278 del 15/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/03/2010, (ud. 05/02/2010, dep. 15/03/2010), n.6278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3895-2009 proposto da:

M. GROUP SRL già Piemme Srl in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 114,

presso lo studio dell’avvocato MARRAPESE GIOVANNI, che la rappresenta

e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO

LUIGI, PIERDOMINICI ITALO, CORETTI ANTONIETTA, MARITATO LELIO, giusta

mandato speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

SARI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 207/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

18.1.08, depositata il 07/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Giovanni Marrapese che si riporta

agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza depositata il 7.2.2008, accogliendo l’appello dell’Inps, ha riformato la sentenza del Tribunale di Benevento, ha accertato l’esistenza di un mero appalto di manodopera vietato dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1 intercorso tra la Piemme s.r.l. (appaltante) e la Manitex s.r.l. (appaltatrice) nel periodo dal (OMISSIS) ed ha respinto l’opposizione proposta dalla Piemme s.r.l. alla cartella esattoriale con la quale l’esattore aveva intimato a detta società il pagamento all’Inps della complessiva somma di L. 740.937.337 per contributi non corrisposti, somme aggiuntive e sanzioni.

Per la cassazione di tale sentenza la M. Group s.r.l. (già Piemme s.r.l.) ha proposto ricorso per cassazione con un motivo con il quale, denunciando violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 e vizi di motivazione, addebita al giudice di appello di aver erroneamente valutato le prove raccolte ritenendole idonee a provare l’illecito appalto di manodopera. L’Inps ha resistito con controricorso. Il ricorso è manifestamente infondato.

Si osserva in primo luogo che il ricorso per cassazione risulta privo della formulazione dei quesiti di diritto, richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., e applicabile ratione temporis al ricorso in esame.

Quanto poi ai lamentati errori di valutazione delle prove si ricorda che per costante giurisprudenza di questa Corte la valutazione delle prove testimoniali e documentali spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo se detta valutazione non è sorretta da motivazione congrua ovvero se la motivazione presenti vizi logici e giuridici; con il ricorso per cassazione, infatti, non è possibile chiedere al giudice di legittimità una diversa valutazione delle prove, rispetto a quella ritenuta dal giudice di merito, ma soltanto indicare i vizi logici, le contraddizioni e le lacune della motivazione che non consentono di ricostruire l’iter logico che sorregge la decisione (cfr. tra le tante Cass. 6064/2008, n. 17076/2007); la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito al giudice di legittimità di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione degli atti di causa (cfr. tra le tante Cass. n. 18214/2006, n. 3436/2006).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico- argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione; per contro, le censure mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese di questo giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro tremila per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010

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