Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6277 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 05/03/2021), n.6277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21846/2019 R.G. proposto da:

E.H.I.B.H., rappresentato e difeso dall’avv.

Carmela Grillo, con domicilio in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 203/2019,

depositata in data 4.4.2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22.9.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E.H.I.B.H., ha chiesto il riconoscimento della protezione internazionale, esponendo di provenire dal (OMISSIS), ove, a partire dal (OMISSIS), aveva convissuto con la seconda moglie del padre, orami deceduto, subendo reiterati maltrattamenti dai fratellastri; di aver, per tali ragioni, deciso di lasciare il paese e di recarsi in Libia, da dove era poi giunto in Italia.

La domanda è stata respinta dalla Commissione territoriale, con provvedimento confermato dal tribunale.

Con sentenza n. 203/2019, la Corte distrettuale di Perugia, dopo aver dato atto che l’interessato non aveva impugnato la pronuncia di rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, ha confermato la prima decisione, sostenendo che fosse stata prospettata una vicenda del tutto personale e familiare, ma non anche il rischio di persecuzione o di un danno grave alla vita o all’incolumità personale, collegata ad un clima di violenza indiscriminata (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14), e che non sussistessero neppure i presupposti della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La cassazione della sentenza è chiesta da E.H.I.B.H. con ricorso in due motivi.

Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte distrettuale, incorrendo in un evidente vizio di motivazione, abbia fatto riferimento a vicende estranee al giudizio, come proverebbe il fatto che, a pag. 3 della sentenza, è menzionato, quale richiedente asilo, un soggetto diverso dal ricorrente.

Il secondo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la Corte di merito non abbia adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria ed abbia svolto gli accertamenti istruttori in modo incompleto ed inadeguato, avendo respinto la domanda di protezione sussidiaria, affermando laconicamente che non sussistevano i relativi presupposti giustificativi.

2. Il ricorso è inammissibile.

La sentenza è stata depositata in data 4.4.2019 ed è stata notificata ad istanza dell’Avvocatura distrettuale in data 11.4.2019, come è specificamente dato atto in ricorso.

In data 8.5.2019 è stata proposta istanza di correzione relativamente alla menzione, nel corpo della motivazione, del nominativo di un soggetto diverso dal ricorrente.

Il Collegio ha emendato la pronuncia con ordinanza del 3.6.2019. L’intervenuta correzione della sentenza con provvedimento del giugno 2019 non poteva, tuttavia, cagionare alcun differimento della decorrenza del termine breve di impugnazione.

Detto termine decorre nuovamente dalla notificazione della relativa ordinanza, ai sensi dell’art. 288 c.p.p., u.c. solo se la correzione sveli “errores in iudicando” o “in procedendo” evidenziati solo dal procedimento correttivo, se l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato, ovvero quando, con la correzione, sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato.

In caso contrario, non è ammesso alcun differimento della decorrenza dei termini di impugnazione (Cass. 6969/2006; Cass. 22185/2014; Cass. 8863/2018).

Si è detto che il giudice distrettuale ha emendato la pronuncia su un profilo del tutto marginale della motivazione (cfr. ordinanza di correzione, pag. 1).

Il nome del ricorrente era – difatti – correttamente indicato nell’epigrafe, nel dispositivo e nella stessa motivazione, senza alcun pregiudizio per la possibilità di individuare compiutamente il contenuto della decisione, benchè nella pronuncia fosse erroneamente menzionato anche un terzo estraneo al giudizio.

Di conseguenza, l’impugnazione doveva esser proposta entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento di primo grado (11.4.2019), mentre, essendo stata inoltrata solo in data 12.7.2019, il ricorso è tardivo e va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, stante la mera resistenza del Ministero.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

 

 

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