Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6276 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. I, 05/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34381/2018 proposto da:

S.E., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. M. Gilardoni, per procura speciale rilasciata con atto

separato;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), Procura Generale Corte Cassazione;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 05/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso proposto da S.E. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di una vicenda privata, avente ad oggetto una controversia sulla proprietà di un terreno della famiglia del ricorrente che i vicini volevano a tutti i costi acquistare per costruirci una fabbrica. Verso la fine del 2015 ne nacque una lite, nella quale la famiglia del ricorrente fu aggredita fisicamente ed il fratello del ricorrente rimase prima gravemente ferito e, quindi, morì. La polizia e il sindaco non si intromisero in quanto fu interessato un potente politico locale. A seguito delle minacce di morte il ricorrente si convinse a lasciare il paese in aereo fino in Libia e successivamente in Italia. Il richiedente teme, in caso di rimpatrio, di essere ucciso dai proprietari del terreno confinante con il suo.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di una questioni di legittimità costituzionale e un motivo di ricorso.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente propone questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7., nella parte in cui esclude la reclamabilità in appello del decreto che definisce il giudizio di primo grado.

Per quanto riguarda i motivi di ricorso, il ricorrente censura la decisione del Tribunale, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con particolare riferimento al mancato riconoscimento dell’autonoma rilevanza giuridica, ai fini del rilascio del permesso umanitario, della condizione di estrema povertà dello straniero nel paese d’origine, poichè tale condizione compromette in modo radicale il raggiungimento dello standard minimo per un’esistenza dignitosa. L’eccezione d’illegittimità costituzionale della normativa richiamata, oltre che infondata (Cass. n. 27700/18) è, comunque, non rilevante nella presente vicenda, per la peculiarità del caso concreto, infatti, l’unico motivo di ricorso è inammissibile, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione (v. pp. 8 – in fondo – e 9). Il Tribunale ha, inoltre, rilevato come il ricorrente abbia lasciato il proprio paese con un volo aereo fino alla Libia, circostanza che contraddice il dedotto stato di assoluta povertà, mentre, la sua esperienza lavorativa nel campo dell’agricoltura e dell’edilizia e la presenza della famiglia costituiscono fattori che agevolano un reinserimento sociale e lavorativo nel paese d’origine.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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