Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6275 del 05/03/2021

Cassazione civile sez. II, 05/03/2021, (ud. 23/07/2020, dep. 05/03/2021), n.6275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23265-2019 proposto da:

R.S.A., rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA REPUBBLICA CATANZARO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 103/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.S.A., nato in (OMISSIS) (nella provincia del (OMISSIS)) il (OMISSIS), ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 103/2019, pubblicata il 22 gennaio 2019, che ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro in data 1 dicembre 2016, con la quale è stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria.

2. La Corte d’appello, previa conferma del giudizio di non credibilità del racconto del richiedente, ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, tenuto conto a anche delle informazioni relative alla situazione politico-sociale dell’area di provenienza, e, quanto alla protezione umanitaria, ha ritenuto che non vi fossero elementi dai quali desumere l’avvenuta integrazione del richiedente nel territorio italiano, nè elementi comprovanti la condizione di vulnerabilità del predetto.

3. Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 8, comma 1, lett. e), e si contesta D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8 e si contesta il giudizio di non credibilità del racconto fornito dal richiedente circa le ragioni dell’espatrio, nonchè la mancata cooperazione istruttoria da parte del giudice di merito, il quale avrebbe dovuto acquisire informazione precise ed aggiornate riguardo alla situazione generale esistente nel Paese d’origine.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, art. 14, comma 1, lett. b) e si contesta il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione al rischio connesso alla situazione del richiedente, in caso di rientro in patria, di essere perseguitato dai rivali politici – appartenenti al partito PPP del Primo Ministro – che già avevano tentato di ucciderlo dopo avere ucciso suo padre e ferito sua moglie.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e si censura il diniego della protezione umanitaria, alla luce sia della documentazione prodotta, comprovante lo svolgimento di attività lavorativa, sia del pericolo per l’incolumità del richiedente in caso di rimpatrio.

4. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono privi di fondamento ove non inammissibili.

4.1. Il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente è argomentato plausibilmente, e si sottrae pertanto alle censure prospettate.

Ne segue che risultano privi di supporto tutti i motivi di ricorso, che sono incentrati esclusivamente o prevalentemente sul paventato rischio per l’incolumità del richiedente in caso di reimpatrio, rischio legato alla vicenda personale e non alla situazione generale della provincia (OMISSIS) di provenienza.

4.2. Anche con riferimento alla protezione umanitaria, che impone al giudice la verifica della situazione di vita attuale del richiedente anche in comparazione con la situazione del Paese d’origine, la sentenza impugnata resiste alle censure prospettate nel ricorso.

La Corte d’appello ha rilevato l’assenza di elementi comprovanti l’avvenuta integrazione (pag. 12-13), ritenendo correttamente insufficiente a tal fine l’attività lavorativa svolta per alcuni periodi nel Paese di accoglienza, ed ha poi escluso, nell’ambito del giudizio di comparazione, che il rientro in patria esponesse il richiedente al rischio di grave compromissione dei diritti fondamentali (ex plurimis, Cass. 23/02/2018, n. 4455).

Tale ultima valutazione, supportata dal richiamo a fonti ufficiali seppure non recentissime relative alla situazione generale del (OMISSIS), provincia (OMISSIS) di provenienza del richiedente, non risulta neppure seriamente censurata, essendo l’intero ricorso orientato a contestare essenzialmente la valutazione del racconto del richiedente, nel quale il rischio connesso al rientro in patria è collegato alla vicenda personale, ritenuta non credibile.

5. Al rigetto del ricorso non segue pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’Amministrazione intimata. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2021

 

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