Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6274 del 10/03/2017
Cassazione civile, sez. II, 10/03/2017, (ud. 31/01/2017, dep.10/03/2017), n. 6274
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliera –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13307/2013 proposto da:
P.R., (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO
MARIA GALLO;
– ricorrente –
e contro
G.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 263/2012 depositata il 22/03/2012, nonchè
avverso la sentenza n. 643/2009 depositata il 28/08/2009 della CORTE
D’APPELLO di CATANZARO causa R.G.A.C. n. 473/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
31/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
P.R. ha proposto, con atto fondato su due ordini di motivi, ricorso per la cassazione delle sentenze n. 643/2009 e n. 263/2012 della Corte di Appello di Catanzaro.
Questa Corte, in riforma della sentenza n. 4/2003 del Tribunale di Paola ed in parziale accoglimento dell’appello interposto da G.A., rispettivamente:
– con la prima citata, non definitiva, decisione accertava e dichiarava che le opere realizzate dalla P. sul suo terreno avevano causato il venir meno del deflusso dell’acqua nella apposita vasca di raccolta di cui in atti così ledendo il diritto di servitù di derivazione di acqua a favore del fondo di proprietà del G.;
con la seconda, definitiva, sentenza oggi impugnata condannava la P. alla realizzazione delle opere necessarie per il ripristino della detta servitù.
Non ha svolto attività difensiva G.G. intimato quale “erede di G.A.”.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “omesso o insufficiente esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, nonchè errata e falsa interpretazione delle risultanze istruttorie emerse, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Parte ricorrente prospetta, quindi, vizi motivazionali relativi alle dette risultanze e tali da indurre “ad un giustificata rinnovazione della svolta consulenza tecnica di ufficio”, nonchè inerenti l’insufficiente valutazione della prova testimoniale.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “omesso o- insufficiente esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti sotto il profilo di avere, la Corte di Appello, recepito supinamente la CTU espletata disattendendo i rilievi tecnici offerti dalla parte in relazione, nonchè omesso o insufficiente esame delle controdeduzioni alla CTU in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5” ed anche dell’istanza di riconvocazione del C.T.U..
3.- Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente.
Gli stessi sono del tutto inammissibili.
Con i medesimi si svolgono, in buona sostanza, censure attinenti tutte ad aspetti fattuali già correttamente valutati dalla Corte del merito.
Al riguardi va ribadito che “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione…altrimenti risolvendosi il relativo motivo di ricorso in una inammissibile istanza di revisione delle valutazione e del convincimento del Giudice del merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione ” (Cass. civ., S.U. 25 ottobre 2013, n. 24148).
Per cui “è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e,in particolare, prospetti un preteso, migliore e più appagante coordinamento dei fatti acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata.
In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione” (Cass. civ., 26 marzo 2010, n. 7394).
3.- Il ricorso deve, dunque, essere rigettato.
4.- Sussistono, nella fattispecie, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 31 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017